Ripercorrendo il caso Donnarumma dalle sue origini fino all’amara conclusione, risulta chiaro come il punto di vista dei suoi protagonisti non coincida l’uno con l’altro. Il caso Donnarumma è un giallo in cui figura più di un indiziato come ipotetico carnefice ed appare sfumato anche il contorno della vittima. Già dal mese di maggio, la società Milan aveva posto un ultimatum al suo portiere: rinnovo del contratto in scadenza il 30 giugno 2018 oppure un anno fuori squadra, con conseguente tribuna, costretto a subire impotente gioie e dolori dei suoi compagni. Giornata fondamentale è stata quella di giovedì 15 giugno quando, a Casa Milan, è andato in scena il definitivo incontro tra Mino Raiola, procuratore e rappresentate del portiere rossonero impegnato con l’Italia Under-21, Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli, i due dirigenti del nuovo corso milanista. Sul piatto un rinnovo del contratto di cinque anni, fino al 2023, a 4,5 milioni di euro a stagione più bonus, che gli permetterebbero di arrivare facilmente ai 5 milioni annui. Alle 17:30 una conferenza stampa voluta e condotta da Fassone conclude finalmente l’intera vicenda:
“Io e Mirabelli speravamo di poter costruire su Donnarumma il nuovo Milan, ora siamo comunque confidenti di fare il meglio. Questa decisione ci amareggia ma il Milan va avanti”.
Prendendo in considerazione le parole del suo dirigente, proviamo ad analizzare il punto di vista del Milan e come ne esce la società. Il Milan si trova in un momento storico in cui sta cercando di condurre un mercato importante dopo il passaggio di consegne da Silvio Berlusconi a Li Yonghong, per cercare di costruire le fondamenta di un progetto serio che lo riporti ai fasti di un tempo. Dopo gli acquisti, già ufficiali, di Musacchio, Rodriguez, Kessié ed André Silva, il nodo cruciale era il rinnovo di Donnarumma con conseguente sua nomina a capitano del Milan che verrà. Un pilastro fondamentale da cui far partire l’intero corso, la spina dorsale del nuovo Diavolo. Non cedendo alle richieste ed ai ricatti di Mino Raiola e del suo assistito, il Milan si è dimostrato una società forte con una dirigenza che sa perfettamente quello che vuole. Eppure la sensazione è che Donnarumma avrebbe rifiutato anche un contratto più corposo, spinto dalla tentazione di abbandonare la sua casa per approdare in uno di quei club che ad oggi possano permettergli di vincere più trofei, e di vincerne di importanti. Gigio non sarebbe più stato un giocatore rossonero anche se avesse infine accettato il rinnovo, ormai si era rotto quel rapporto di fiducia fondamentale per proseguire insieme un cammino già avviato; avrebbe proseguito da separato in casa l’avventura in rossonero. Il Milan, in questo gioco, è senz’altro una papabile vittima.
Il punto di vista del giocatore Gianluigi “Gigio” Donnarumma è ambiguo, diviso in due diverse correnti di pensiero portate avanti in primis dai tifosi del Diavolo, e successivamente da chiunque segua costantemente il mondo del calcio. Da un lato, chi non riesce a capacitarsi di questa sua scelta di non rinnovare il contratto in scadenza (tra i nomi più illustri, Paolo Condò, che lo aveva intervistato a Maggio). Avere diciotto anni ed essere il portiere titolare della propria squadra del cuore (almeno in teoria) sono già due particolari – non da poco – che basterebbero a giustificare questa corrente di pensiero. Oltre a ciò, ti viene offerto un rinnovo per cinque anni a cifre che un ragazzo della tua età non riesce neanche ad immaginare, con la promessa della fascia di capitano al braccio e la certezza di essere il punto di riferimento su cui costruire il Milan che verrà, di cui hai anche baciato lo stemma. Con una carriera così lunga e splendente davanti a sé, avrebbe avuto altre occasioni in futuro per cambiare casacca e giocare tra i pali di una big del calcio europeo. Oppure no. Dall’altro lato c’è chi, più cinicamente, sostiene la scelta di Donnarumma (le ragioni sono le più diverse, tra i sostenitori di questa tesi c’è anche l’ex Milan Costacurta). Sono gli stessi che non credono più alle bandiere nel mondo del calcio e che ti sputano in faccia la cruda realtà secondo la quale chiunque, trovandosi al suo posto, avrebbe agito esattamente alla stessa maniera. Eppure noi vogliamo credere che esistano ancora ragazzi capaci di sognare, perché i sogni sono la radice dell’esistenza. Vogliamo credere che non tutti avrebbero agito così. Inciso: non è inutile, in questo senso, ripensare alle lacrime diTotti e per Totti. Donnarumma potrebbe sembrare la vittima di un sistema corrotto o di uno dei più avidi procuratori. Donnarumma è invece il primo carnefice.
Infine, il punto di vista del procuratore Mino Raiola. Raiola è uno squalo in un mare pieno di pesci piccoli. Mino Raiola è una persona molto intelligente (di sicuro molto furba), che sa fare il suo mestiere come pochi altri nel suo campo, se escludiamo Jorge Mendes. Si dice che lo stesso Mino diede cento mila euro alla famiglia di Donnarumma per prenderlo come suo assistito, garanzia di un futuro guadagno e tornaconto personale. Sono leggende, vere o meno, che rafforzano la figura di Raiola nell’immaginario popolare. I procuratori sportivi incassano più o meno il 3% annuo dallo stipendio dei loro assistiti, oltre alle commissioni in caso di trasferimenti. Da qui l’ovvia volontà di Mino Raiola di far cambiar casacca al portiere del Milan ed accordarsi con un club straniero su di un ingaggio ancora superiore. Ma nell’intera vicenda sembra che sia stata realmente la volontà di Donnarumma a non avergli fatto rinnovare il contratto e che il procuratore si sia trovato in una situazione a lui particolarmente favorevole. Questo fa di lui il secondo carnefice. Ma analizzando meglio la situazione, verso chi i due avrebbero svolto il ruolo di carnefici? Sicuramente verso la società Milan a cui Gigio deve tutto, ed in quel tutto c’è veramente tutta la sua vita. Rinnovando il contratto e lasciando il Milan soltanto in futuro, Donnarumma avrebbe permesso alla società milanese di poter intascare una cifra enorme dal suo cartellino. In seconda analisi, i due hanno agito da carnefici verso tutti quei tifosi che dietro ad una parata riuscita respingono ansie, tristezze, malumori, litigi. Verso tutte quelle persone che come noi vivono il calcio al massimo e che lo vivono in ogni sua sfumatura. Forse la colpa è solo nostra, noi che ci abbandoniamo ad ogni sentimento che quel pallone riesce a sviscerarci, noi che crocifiggiamo un ragazzo di diciotto anni. Forse i carnefici siamo noi quando non scindiamo lo sportivo dall’essere umano, credendo che le scelte del calciatore siano da ricondurre alla mancanza di valori dell’uomo. Forse abbiamo torno noi. O molto più probabilmente
abbiamo ragione, essendo ormai la figura del calciatore il simbolo perfetto di una società di plastica; il sacrificio è rimasto, ma è mutato nel tempo. Si sparge sangue sull’altare del Dio denaro.
Gli ipotetici scenari sul futuro a breve termine di Donnarumma sono molto nebulosi. Il Milan, dalle prime dichiarazioni, sembra intenzionato a non voler cedere il giocatore, seguendo quella cultura tutta italiana (e lotitiana) di mettere fuori rosa un calciatore non intento a rinnovare il contratto in scadenza. Diciamo cultura tutta italiana perché, ad esempio, il Borussia Dortmund fece giocare a Lewandowski l’intera stagione quando questo aveva già un accordo col Bayern Monaco. Nel frattempo, il Diavolo ha già cominciato a guardarsi intorno alla (disperata) ricerca di un sostituto tra i pali. Da quell’Alessandro Plizzari classe 2000 di cui si parla già molto bene, ai vari Neto – con cui la Juventus conta di guadagnare almeno dieci milioni di euro – e Reina – anch’esso in contrasto con la società di De Laurentiis – fino alla tentazione Perin, certezza e scommessa allo stesso tempo, dopo la seconda rottura del crociato. La cosa che sembra scontata è che Donnarumma e Raiola abbiano un piano per riuscire a strappare il portiere del Milan già da questa estate, o un accordo sottobanco. Se davvero il Milan dovesse tenere il suo pupillo e relegarlo ad un anno di tribuna, sarebbe una mossa deleteria per entrambi. La società si ritroverebbe un giocatore che la prossima estate partirà a parametro zero e con cui potrebbe guadagnare una grande plusvalenza già da ora; Donnarumma invece rischierebbe di saltare i Mondiali 2018 in Russia e di ritrovarsi la prossima estate con molte meno pretendenti sul suo cartellino. Sicuramente i due puntano a convincere il Milan a lasciar partire il giocatore, probabilmente verso la metà di agosto dopo due mesi passati a far calmare le acque, riuscendo a far entrare nelle tasche della società di Milano almeno quaranta milioni, cifra sicuramente enorme ma che si è sgonfiata a seguito di due fattori: il primo è l’ormai ammessa volontà del giocatore di cambiare aria, il secondo è il solo anno di contratto rimasto prima di svincolarsi a parametro zero. Pare, così, che il matrimonio più probabile sia quello col Real Madrid, garante di successi nazionali ed europei a fronte invece di un Milan che è sì una delle squadre più titolate al mondo ed uno dei più importanti progetti calcistici italiani, ma che ha ancora un futuro non così limpido come invece sarà sicuramente quello dei blancos (tra l’altro difficilmente superabile da un presente miracoloso). Nota a margine: occhio a quella Vecchia Signora che schiera in campo altri calciatori che come Donnarumma hanno baciato lo scudetto della loro vecchia squadra… Nel 1974 Fabrizio De André scrive, in collaborazione con Francesco De Gregori, una canzone dal titolo “La cattiva strada”, brano che sarà poi inserito nell’album Volume 8 uscito un anno più tardi, nel 1975. La canzone sembra sia stata scritta dal cantautore genovese pensando al rapporto tra Mino Raiola e Gianluigi Donnarumma:
a un diciottenne alcolizzato/versò da bere ancora un poco/e mentre quello lo guardava/lui disse “Amico ci scommetto stai per dirmi/adesso è ora che io vada”/l’alcolizzato lo capì/non disse niente e lo seguì/sulla sua cattiva strada.