Non fatevi ingannare dal titolo: quella che racconteremo oggi non è la storia del ricco commerciante triestino Zeno Cosini, bensì del noto sciatore toscano Zeno Colò.
Nato a Cutigliano il 30 giugno del 1920 da una umile famiglia e cresciuto sulle piste dell’Abetone, salì alla ribalta della scena sportiva quando nel 1941 ai mondiali di Cortina scendendo come apripista fece un tempo migliore dell’oro tedesco Jennevein. Se Italo Svevo di Zeno Cosini ne ha fatto un uomo sprovveduto che affida la sua vita al caso compiendo scelte sbagliate e accumulando insuccessi, Zeno Colò invece è stato alla prova dei fatti un uomo semplice e dal cuore grande che ha condotto la sua esistenza impegnandosi sempre al massimo per raggiungere i propri obiettivi. Il compagno di allenamento Doris Zucchetti lo sottolinea: “Zeno controllava ogni particolare dei percorsi e osservava con attenzione estrema le discese degli avversari per comprenderne lo stile e impararne i segreti, se ne avevano”.
Fin dagli esordi con la nazionale dimostrò di che pasta era fatto, nonostante la prigionia durante la seconda guerra mondiale gli negò la chance di imporsi in maniera ancora più rilevante. Vincitore della scommessa sul chilometro lanciato contro l’austriaco Gasperl, battendolo di tre centesimi e sfiorando i 160 km/h, fu detentore di quel record per vent’anni. Capace di scendere ad un’elevata velocità senza casco e con un paio di sci di legno ai piedi, in un’epoca dove i campioni si lanciavano sulle piste rigidi come dei tronchi, Zeno trovò la chiave che rivoluzionò la sciata. Piegando le gambe e portando il baricentro leggermente indietro sulle code degli sci, fu il precursore della cosiddetta “posizione a uovo” che caratterizza la sciata moderna. La differenza tecnica rispetto agli altri atleti fu subito evidente ed esemplare fu la sua vittoria più celebre ad Aspen, in Colorado, quando nel 1950 mise al collo la medaglia d’oro staccando di 2 secondi il francese Couttet.
Fu una vittoria di tale prestigio che la federazione sciistica degli Stati Uniti gli chiese di restare sulle piste americane ad insegnare la sua arte in cambio di un lauto compenso. Zeno rifiutò perchè non resisteva al richiamo della sua terra. Vincitore nella capitale norvegese nel 1952 della prima medaglia d’oro per l’Italia nello sci alpino ai giochi olimpici invernali, tuttora l’unica di uno sciatore italiano nella discesa libera, fu ribattezzato dalla stampa italiana “il falco di Oslo”. A fine carriera nel 1954 ai mondiali di Helsinki accadde un avvenimento alquanto singolare: fu pregato dai dirigenti della FISI di non partecipare alla competizione in quanto poco tempo prima aveva dato il proprio nome a una marca di scarponi. Roba da far impallidire il mondo dello sport moderno. Scendendo come apripista, vinse nuovamente la medaglia d’oro dimostrando ancora una volta di essere il migliore. A differenza di Zeno Cosini, di schiaffi Zenò Colò non ne ha ricevuti. I suoi avversari infatti non potevano fare altro che stargli dietro, osservando impotenti la scia della neve spazzata dai suoi sci. Zeno Colò è ricordato come uno dei più grandi campioni della storia dello sci, dall’alto dei suoi 4 titoli internazionali: 1 oro alle olimpiadi (discesa libera, Oslo 1952) e al mondiale di Aspen nel 1950 ottenne 2 ori (discesa libera e slalom gigante) e 1 argento (slalom speciale).
In Italia fu il numero uno indiscusso negli anni ‘40 e ‘50 vincendo 29 medaglie in tutte le specialità: 19 ori, 4 argenti e 6 bronzi. Zeno divenne talmente importante per il suo territorio che un asteroide scoperto nel 1998 dall’osservatorio astronomico di San Marcello Pistoiese, fu intitolato a lui. Se per Zeno Cosini U.S. significa l’Ultima Sigaretta, per Zeno Colò rappresenta l’Ultimo Slalom effettuato in campo nazionale nel 1956. Si spense nel maggio del 1993 all’età di 72 anni con la paglia in bocca, da fumatore accanito quale era. Questa sì una somiglianza con il protagonista del romanzo psicologico di Svevo. Ancora oggi, quando osserviamo gli sciatori eseguire una perfetta posizione a uovo, ricordiamoci del precursore di queste tecnica che, impavido, si lanciava privo di protezioni sulla neve cristallina eseguendo la sua inconfondibile sciata.