Se il talento è consapevole di esserlo.
“Quando parlo di magia e gioia vuol dire non fare scelte normali in campo ma assumersi dei rischi. Per me tutti i giocatori possono fare le cose semplici, io cerco di fare cose diverse perché è il mio gioco, il mio calcio e mi diverto così”.
Queste sono state le parole di Leao al termine di Slavia Praga-Milan. Il portoghese, dopo un periodo poco prolifico sui tabellini, si è voluto togliere qualche sassolino dalla scarpa. Lo ha fatto a modo suo, stilando in poche battute un manifesto del suo calcio: un calcio che sta scomparendo. Con il suo sorriso beffardo perennemente stampato in faccia Leao è l’ultimo erede di Ronaldinho e di quel futbol bailado inventato dai brasiliani. Sempre alla ricerca della giocata, di un motivo per far alzare il pubblico dal seggiolino. Spesso accusato di essere lezioso, barocco e poco concreto, Leao è però la più grande risorsa della nostra Serie A. Mai banale, mai noioso, uno dei pochi giocatori per cui vale la pena pagare il biglietto.
Qualche mese fa proprio Leao era stato aspramente criticato per il colpo di tacco tentato contro il Newcastle. Ma se quel colpo di tacco fosse entrato? Gli stessi che hanno criticato il portoghese non avrebbero forse gridato al fenomeno?
Il genio è solo un pazzo che è riuscito a farsi comprendere, e la genialità nel calcio è ormai merce rara. In uno sport sempre più omologato, ingabbiato dai tatticismi di allenatori fanatici, il genio è un animale in via d’estinzione. Si sta andando sempre di più verso un’estremizzazione del calcio olandese e catalano: tutti fanno tutto. Ma questo sebbene sia utile tatticamente porta ad un appiattimento delle singole qualità e particolarità dei giocatori.
Siamo sicuri di volere un calcio così? Un calcio di robot, di cavalli da corsa, di pedine su una scacchiera. I mediocri seguono gli schemi, si piegano a diventare ingranaggi di un sistema. Il genio ha invece il dovere di uscire da quegli schemi, di osare in uno slancio di eroismo, di mettere in pratica quei gesti che per un giocatore normale sarebbero controintuitivi.
John McEnroe parlando della differenza fra lui e Ivan Lendl disse: “He works tennis, I play tennis”. È questa la linea che divide i campioni dai geni, giocare a più non posso, proprio come fa Rafa Leao. Poco dopo il famoso colpo di tacco la Gazzetta titolava: “Leao, sei Mbappé o Balotelli?”. Qualche mese dopo forse Rafa ci ha dato la sua risposta.