Nella peggiore stagione degli ultimi 40 anni, la speranza per il futuro.
Qualifiche del Gran Premio di Sakhir, in Bahrain. Si corre su un circuito inedito. Le curve e i drittoni in mezzo al deserto contemplano un layout atipico per la Formula 1 odierna: quattro lunghi rettilinei e un paio di staccate che inghiottiscono gli pneumatici. Definirlo ovale è un azzardo, ma il concetto non è lontano. Pista di motore, cordoli e freni da mordere. La Ferrari SF1000 non ha un gran propulsore ma Charles Leclerc la piazza al quarto posto in griglia, appena dietro le astronavi Mercedes e la Red Bull di Max Verstappen. Un capolavoro. Leclerc ha accarezzato la perfezione: torna ai box e non scenderà più in pista, come a voler custodire intatta quella gemma nello scrigno della memoria.
«Ho un quaderno dove segno tutte le cose, e tutto ciò che ho segnato l’ho messo in quel giro», commenterà dopo la qualifica.
Una partenza dalla seconda fila è oro che luccica per la Ferrari versione 2020. Un’occasione ghiotta vanificata poche curve dopo il semaforo verde. Leclerc è in piena trance, entra in curva 4 come un missile e carambola sulla Racing Point di Sergio Perez, finendo per mandare a muro anche Verstappen. Un disastro. A fine gara confesserà:
«Mi prendo le mie responsabilità, vedendo il video ero vicino a Max e ho provato sorpassarlo, ma mi aspettavo che Perez restasse all’esterno».
Il weekend del Bahrain è una perfetta istantanea dell’annata di Leclerc e della Ferrari. Per la Ferrari quella appena terminata è la stagione peggiore degli ultimi quarant’anni. Numeri alla mano, per trovare una Rossa così indietro nel mondiale costruttori bisogna risalire al 1980. Nessuna vittoria, tre podi e un imbarazzante sesto posto nella classifica iridata.
La Mercedes è di un altro pianeta, Hamilton ha eguagliato i sette titoli di Schumacher e a Maranello fanno i conti con una complessa riorganizzazione aziendale che fa seguito alla morte di Sergio Marchionne e all’addio del suo erede, il numero uno di Philip Morris Louis Camilleri. Poche speranze di riscossa nell’immediato. L’obiettivo è fissato al 2022, quando toccherà ai nuovi regolamenti tecnici rimescolare le carte in tavola. Sarà quello l’anno zero per la Ferrari.
Nel mare di interrogativi in cui naviga la creatura di Enzo Ferrari l’unica certezza si chiama Charles Leclerc. Anche quest’anno, nonostante le grandi difficoltà della vettura, Leclerc ha mostrato lampi di qualità assoluta. Il monegasco è salito due volte sul podio (un secondo e un terzo posto) e ha strappato l’ottava posizione nella classifica mondiale. In più si è imposto con un sonoro 10-5 nel confronto con il compagno di squadra Sebastian Vettel.
Leadership interna confermata dopo l’exploit del 2019. Le prestazioni di Charles hanno spinto Maranello a mettere alla porta Seb per puntare tutto sul giovane rampollo. Nel 2021 sarà Carlos Sainz Jr. ad affiancare il monegasco: pilota non più giovanissimo, veloce ma non tra i più talentuosi. Leclerc sarà quindi il faro, pronto a sobbarcarsi la voglia di riscatto del Cavallino.
Fattore Leclerc
Lampi di talento, dicevamo. In Austria, nella gara d’esordio, Leclerc si è piazzato alle spalle di Bottas dopo la partenza in settima posizione. Corsa regolare, agevolata da una serie di incidenti che hanno tagliato fuori i favoriti per il podio. Da urlo il sorpasso su Perez a cinque giri dalla bandiera a scacchi: il ferrarista succhia la scia della Racing Point e passa con una staccata all’interno degna del miglior Valentino. Poco prima aveva infilato di forza anche la McLaren di Lando Norris. Un secondo posto strabiliante dopo le difficoltà palesate dalla Ferrari in tutto il fine settimana.
Il lato oscuro si materializza appena sette giorni dopo il “miracolo” austriaco: sempre a Spielberg Charles, scattato da centro gruppo, frana addosso a Vettel alla terza curva. Un presagio di quella che sarebbe stata la stagione ferrarista. Anche in quel caso non sono mancate le scuse al quattro volte campione del mondo e alla squadra:
«Mi dispiace ma essere dispiaciuto non è abbastanza. La colpa non è di Sebastian, lui non ha sbagliato niente. La colpa è solo mia che ero troppo desideroso di guadagnare posizioni già nel primo giro».
Tornato sul podio a Silverstone, Leclerc raccoglie zero punti tra Spagna, Belgio e Italia, per poi piazzarsi in top ten nelle sette gare successive. Prestazioni che hanno convinto i vertici della scuderia a consegnare a Charles il ruolo di prima guida. Riconoscimento che sa soprattutto di investitura futura. Nonostante l’anno buio della Ferrari, l’opinione pubblica è rimasta unanime nel considerare il ferrarista tra i tre grandi piloti della Formula 1 odierna, insieme a Hamilton e Verstappen.
Il fattore Leclerc ha prevalso sulla poca competitività della vettura. Una rivalsa del talento umano sul prodigio del mezzo meccanico, nel pieno dell’era Hamilton-Mercedes. Il sette volte campione del mondo è considerato solo una parte dello strapotere della casa di Stoccarda. Per Leclerc è l’esatto contrario: è la Ferrari l’anello debole. La stagione di Leclerc brilla ancora di più se confrontata con quella di Vettel. Il tedesco, all’ultima recita in rosso prima del passaggio in Aston Martin, ha raccolto la miseria di 33 punti. Nemmeno alla prima stagione con Toro Rosso il bottino era stato così esiguo.
Il podio in Turchia è un omaggio di Leclerc, per il resto Seb è riuscito a mettere la sua macchina davanti al compagno di box in altre due occasioni. Ma il vero divario tra i due si è visto in qualifica, dove Leclerc ha fatto meglio del compagno 13 volte su 17. Il quattro volte iridato non ha mancato di lanciare frecciatine rivolte a Maranello. Seb ha puntato l’indice sugli aggiornamenti portati sulla vettura nel corso della stagione. Migliorie che, a detta del tedesco, avrebbero agevolato il monegasco. Ma con un pilota in uscita sarebbe stato sorprendente il contrario.
Il lato oscuro
Leclerc ha regalato momenti che ne hanno sublimato il talento. Come il sorpasso alla Tosa sul circuito di Imola, uno dei templi motoristici riscoperti dalla Formula 1 in era Covid. Dopo aver affiancato la Haas di Magnussen alla Villeneuve, Leclerc azzarda il sorpasso all’esterno della Tosa. Chiude la traiettoria in uscita, resta affiancato al danese per qualche metro e passa in accelerazione alla Piratella. L’unico momento di estasi nel pomeriggio che ha sancito il ritorno del circus sulla pista intitolata a Enzo e Dino Ferrari. Non sarà un sorpasso su una Haas a certificarne il talento, ma quanto mostrato in pista da Leclerc va allineato a quella che si è rivelata la qualità della SF1000.
Leclerc è un pilota straordinario, nel senso di “estraneo all’ordinario”:
«Amo fare le cose in modo diverso – ha detto in una recente intervista a BBC Sport – Cerco sempre di fare cose che le persone non si aspettano, perché questo è ciò che è eccitante nello sport. Bisogna sempre sorprendere le persone in pista altrimenti è troppo facile per loro». Da qui la tendenza a commettere spesso errori: «A volte va come voglio, altre no e imparo da queste».
Nell’annus horribilis della Ferrari, Leclerc ha mostrato quanto alte siano le aspettative che ripone su se stesso. In più di una circostanza non sono mancate plateali autocritiche. Nel gran premio di Turchia, sulla pista di Istanbul resa viscida dalla pioggia, Leclerc parte dalla quattordicesima posizione e risale fino al secondo posto guidando magnificamente. In condizioni di difficoltà si conferma uno dei piloti più talentuosi. Mentre Hamilton conquista la matematica del settimo alloro mondiale, Charles difende il secondo gradino del podio dall’attacco di Perez.
Sbaglia però l’ultima staccata e va lungo in curva: ne approfitta il messicano, seguito da Vettel. Leclerc è quarto, fuori da un podio che aveva strameritato. «Sono un coglione!», urla in radio dopo il traguardo. Autocritica ma anche lucidità di analisi: «Anche se prima avevo fatto un lavoro molto buono», ha spiegato nel dopo gara, «l’errore nel momento sbagliato ci è costato il risultato finale, che è la cosa più importante».
«Leader come Schumacher»
Già nella prima stagione in Ferrari (la sua seconda in Formula 1), Leclerc aveva alternato prodezze ad errori piuttosto banali, dettati per lo più dall’inesperienza: «Alla fine della stagione ero un po’ deluso con me stesso perché avevo fatto degli errori in alcuni momenti molto importanti». E ancora: «Fa parte della curva di apprendimento, quindi quest’anno mi ero posto l’obiettivo di provare a migliorare e a fare meno errori, cosa che penso di aver raggiunto». Leclerc si ritiene comunque «estremamente soddisfatto» del suo 2020, considerate le difficoltà della Ferrari:
«In qualche modo le persone sono riuscite ancora vedere che stavo facendo un lavoro migliore rispetto allo scorso anno anche se i risultati non erano così buoni. Mi ha tenuto molto motivato il fatto che le persone vedessero cosa stavo facendo in macchina».
Dello stesso avviso è anche il team principal del Cavallino Mattia Binotto: «Quest’anno ha guidato ancora meglio dell’anno scorso», ha detto nel podcast Beyond the Grid. «Penso che con una macchina difficile come quella di quest’anno, è stato forte, coerente, ha saputo adattarsi ai vari layout della pista, cercando di estrarre il massimo potenziale dalla vettura».
I miglioramenti intravisti in pista nel 2020, hanno appuntato sul petto di Leclerc i gradi di capitan futuro, un leader designato sull’esempio di Michael Schumacher: «Faccio spesso dei paragoni con il periodo 1995-2000», continua Binotto, «quando la Ferrari stava investendo su persone e tecnologie, come stiamo facendo noi oggi, ingaggiando giovani elementi e giovani ingegneri. All’epoca c’era un pilota come leader, Michael, e oggi abbiamo Charles: anche se non ha l’esperienza né ha vinto dei mondiali come Schumacher, abbiamo un leader chiaro in pista e penso che sia importante».
Per la prima volta dal 2007, la Ferrari si presenterà al via della nuova stagione con due piloti che non hanno mai vinto un mondiale. Inoltre Leclerc, 23 anni, e Sainz, 26, comporranno la coppia di ferraristi più giovane dal 1968. Ripartire da capo, voltando pagina. Con una sola certezza: Charles Leclerc. Il futuro della Rossa è nella sue mani.