Sheffield è la città del football, e quest'anno lo United vuole tornare dove gli impone la storia.
Micheal Francis Foley, conosciuto con il ring name di Mick Foley, è uno dei wrestler più amati degli ultimi anni. Leggenda hardcore a cavallo fra gli anni ‘90 e primi duemila, divenne celebre grazie ai vari personaggi interpretati ed agli spericolati voli da gabbie di metallo. La sua peculiarità, però, consisteva nella curiosa mossa finale: Mr Socko, un calzino dotato di occhi e bocca che veniva estratto per colpire la mandibola dell’avversario.
Il 12 marzo siederà in tribuna per assistere al match di Championship fra Sheffield United e Brentford. E’ stato gentilmente invitato da Billy Sharp, bomber dei padroni di casa, che lo scorso gennaio ha riprodotto la mossa ai danni del compagno George Baldock, come esultanza per aver siglato il pareggio contro il Norwich. Un amuleto per una squadra storica che si sta rendendo protagonista di un’epica cavalcata verso la promozione a dispetto delle più quotate contendenti.
Il tributo di Billy Sharp a Mick Foley
Ma partiamo dal principio: “Immagino che Sheffield possa giustamente ambire al titolo di città più brutta del Vecchio Mondo..”. Queste le parole che nel 1936 George Orwell riservò al luogo in cui soggiornò per un paio di giorni, essendo stato incaricato dal suo editore di scandagliare la parte nord del paese per analizzare le condizioni dei numerosi disoccupati. Situata sulla punta meridionale dello Yorkshire, la leggenda narra che sia stata costruita su sette colli come la celebre Roma. E’ il risultato più limpido della rapida ascesa inglese durante la rivoluzione industriale, grazie allo Sheffield Plate, un particolare tipo di acciaio inossidabile che all’epoca andava per la maggiore. La quarta città per abitanti del paese, come testimonia il pensiero dello scrittore, incarnava tutti i difetti e gli aspetti negativi che avevano contraddistinto lo sfrenato sviluppoeconomico di quel periodo.
Afflitta però dalla crisi delle acciaierie durante gli anni ‘80, da capitale della working class Sheffield si è trasformata in un centro a trazione artistica ed ambientalista. Un cambio assai radicale, che ha visto le storiche acciaierie e le sedi dell’industria pesante riconvertite in musei, gallerie e teatri. L’anima che pervade la città, le sue strade, i suoi anfratti più nascosti, è però una sola. Si consuma una volta a settimana, all’interno di un rettangolo verde e perdura da più di 150 anni. La tradizione calcistica locale, infatti, è una delle più longeve a livello mondiale, risalendo esattamente al 1857, quando Nathaniel Creswick e William Prest fondarono lo Sheffield Football Club, la squadra che la Fifa ha riconosciuto come più antica del mondo. Entrambi membri della compagine di cricket locale, avevano cominciato a praticare questo sport come pretesto per mantenere la forma fisica fino all’inizio della nuova stagione. Questa novità colpì positivamente l’intera comunità, che si immerse sempre di più nella magia di tale disciplina, finendo per renderla ufficiale.
Di conseguenza, si sentì la necessità di linee guida che riuscissero a delineare i fondamenti di questo nuovo passatempo. Il delicato compito venne affidato agli stessi fondatori, che si riunirono in una serra sperduta per partorire le cosiddette “Sheffield Rules”, il primo abbozzo di regolamentazioni sul gioco del calcio, che fecero da apripista a quelle che la Football Association avrebbe emanato nel 1863. Fu introdotto il fuorigioco, il calcio di punizione, la rimessa laterale e fu applicata la traversa di legno al posto del semplice filo. Tre anni dopo contribuirono a dare il nome anche al “Rules Derby”, il primo derby della storia, giocato contro l’Hallam Fc. Inizialmente le partite partorivano degli schieramenti sulla base di semplici nozioni. Da una parte quelli con il cognome che cominciava per A fino ad M e dall’altra i calciatori dalla N alla Z. In alternativa professionisti contro artigiani, o la classica scapoli contro ammogliati.
Intanto, anche le altre città inglesi cominciarono a mettersi in proprio. La FA, quindi, trovandosi di fronte ad un grande fermento, capì che sarebbe stato saggio rendere questa disciplina un vero e proprio lavoro, dando vita al fenomeno del professionismo. È uno spartiacque anche per la madre di tutte le squadre, che decise di non abbracciare questa nuova impostazione, ma di rimanere, invece, un movimento prettamente dilettantistico. Per risposta concepì una lega ed una competizione, l’Amateur FA Cup, più vicine allo spirito originario di questo sport, e lontana dai ritmi e dalle necessità professionistiche. Ideali mantenuti con fierezza anche ai giorni nostri: con il calcio che è diventato un fenomeno dalla portata planetaria, la compagine più antica della storia, lo Sheffield Football Club, si accontenta del calore primordiale della ottava serie.
Il professionismo, però, si inserì nella smodata passione calcistica che pervade Sheffield. Negli anni successivi, sempre grazie alle società di cricket, minimo comune denominatore della storia sportiva nazionale, videro la luce due nuovi club che battaglieranno nel sentitissimo “Steel Derby”. Nel 1867, il Wednesday Cricket Club, giorno in cui si disputavano gli incontri, fondò lo Sheffield Wednesday. Caratterizzato dalla divisa biancoceleste, è tristemente ricordato per la tragedia di Hillsborough, suo stadio casalingo. Nel 1889, invece, sull’altra sponda del fiume Sheaf, al termine di una semifinale di FA Cup, i gestori dell’impianto ospitante notarono l’afflusso di lauti incassi. Fiutato l’affare, Sir Charles Glegg, presidente della compagine di cricket Sheffield United, pensò di dare vita all’omonimo club, che fra quelle mura avrebbe giocato le partite casalinghe.
Lo stadio incriminato fu il Bramall Lane, edificato nel 1855, il più vecchio ad ospitare ancora incontri a livello professionistico. Dalla capienza di poco più di 30 mila posti, ha subito molti restauri e ritocchi che, però, non ne hanno minimamente intaccato l’aura mistica. Ogni dettaglio trasuda la mole di eventi e primati che si sono consumati in questa città. Come un veterano di guerra o come quei rari esemplari di anziani ultracentenari, è in grado di conservare una nozionistica di proporzioni enciclopediche. Dalla prima finale della storia, nella quale l’Hallam Fc si portò a casa la Youdan Cup (1867), alla prima partita giocata con una vera traversa (1883). Il tratto distintivo dello United, tuttavia, quello che lo rese impresso nell’immaginario collettivo, è stato senza dubbio l’iconico stemma. Venne concepito a fine anni ‘70 da Jimmy Hagan, ex leggenda biancorossa, che lo dotò di un concept basico ma efficace: due grosse lame poste al centro, con sullo sfondo nero la presenza della rosa degli York, famiglia nobile dello Yorkshire. Da qui venne mutuato l’altrettanto storico soprannome The blades, le lame, che lancia un chiaro messaggio su quale sia lo spirito della gente di quella zona.
Durante tutto l’arco del novecento, con rilevanti e costanti apparizioni nella massima serie riuscì a ritagliarsi il proprio spazio nell’infinito universo calcistico inglese. Dalla retrocessione in Championship del 2007, però, l’ambiente è entrato in una preoccupante spirale negativa, un continuo annaspare da una stagione all’altra senza un vero obiettivo. Una lenta discesa culminata con l’umiliante approdo in terza divisione. L’uomo giusto, in questi casi, è uno che a questa squadra tiene in modo particolare. Uno che ha una tale affezione verso questi colori, da tatuarsi lo stemma sulla propria pelle. Il 52enne Chris Wilder, da calciatore ha guidato la difesa delle “lame” per più di 100 volte, stabilendo un legame vero e duraturo con la tifoseria. Un animo combattivo che si è forgiato nella periferia lontana dai riflettori del calcio che conta: quella Stockbridge in cui ebbe inizio l’epopea di Jamie Vardy.
Tre anni fa, dopo le fruttuose esperienze al Nothampton Town ed all’Oxford United, ha coronato il suo sogno tornando fra le mura del Bramall Lane. In un paio di stagioni, avendo fra le mani un gruppo anonimo e privo di grandi individualità, è risalito immediatamente in Championship conquistando ben 199 punti. Oltre ad aver trasmesso un fondamentale senso di appartenenza ad un club narcotizzato dall’incedere del tempo, ha attuato delle intelligenti operazioni di mercato, puntando su 44 volti nuovi, di cui 31 a titolo definitivo e 13 in prestito. Spese che non hanno mai superato il milione di sterline, e che hanno permesso di puntellare una rosa a sua immagine e somiglianza. Adesso, con un anno di ambientamento nella cadetteria, lo United è preceduto dalla capolista Norwich, avanti di appena due lunghezze. Dopo più di trenta partite giocate ad un ritmo forsennato, e con il coltello ben stretto tra i denti, i ragazzi di Wilder stanno riuscendo a tenere dietro corazzate maggiormente attrezzate per la risalita in Premier, come Leeds, West Bromwich e Middlesbrough.
Un undici solido, che ha trovato il proprio equilibrio in una difesa a tre ed un folto centrocampo a supporto di due punte dal rendimento incredibile: David Mcgoldrick, autore di 11 centri e ingaggiato a parametro zero, è il risultato della oculata gestione societaria; il già citato Billy Sharp, invece, meriterebbe un articolo a parte. Giunto al secondo atto della sua vita con questi colori, ha all’attivo 23 gol in campionato, e con la fascia di capitano al braccio sta mostrando una maturità ed una voglia di rivalsa verso tutto e tutti. The fox in the box, era considerato uno dei talenti più cristallini della sua generazione, ma arrivato a 33 anni non ha ancora potuto assaggiare il prestigio di una stagione al vertice. Si è dovuto scontrare con il peso delle aspettative e con tragici episodi: otto anni fa, infatti, il figlio appena nato venne a mancare a poche ore dalla nascita. Momento che provò ad esorcizzare tre giorni dopo, scendendo immediatamente in campo e celebrando un gol con un’esultanza struggente nei suoi confronti.
Partito dalle giovanili dei “blades”, ha fatto a malapena intravedere quel talento che lo avrebbe dovuto rendere protagonista a livello nazionale, ma che, al netto di alcune brusche deviazioni, gli ha comunque concesso grosse soddisfazioni. Lo scorso 1 gennaio, infatti, nel match contro il Wigan, ha raggiunto quota 220 gol, che lo rendono il giocatore inglese ancora in attività più prolifico del 21esimo secolo. Il lungo e tortuoso percorso verso la promozione, quindi, rischia di riservarci delle sorprese: nella prossima Premier ci potremmo trovare di fronte allo scenario dell’ipotetico ritorno di due compagini dense di storia come il Leeds e lo stesso Sheffield United. Un emozionante e straniante ritorno alle origini, per una lega sempre più all’avanguardia e protesa verso il futuro.