Se pensiamo al fenomeno calcio-scommesse abbiamo in mente, nella migliore delle ipotesi, solamente confusione e vaghi ricordi.
Avete presente la pratica della damnatio memoriae? Veniva usata nell’antica Roma per cancellare qualsiasi traccia e riferimento ad una data persona, che letteralmente “si cancellava”. Una cosa simile, ma con presupposti diversi, è avvenuta nella narrazione sportiva con le inchieste sul calcio-scommesse: qui però l’esigenza era quella di neutralizzare una reazione critica (ed una consapevolezza) nel lettore/spettatore circa processi estesi, internazionali, che aggredivano il mondo del calcio. Insomma nel peggiore dei casi si è presto dimenticato tutto perché il sistema voleva preservarsi ed auto-difendersi; nel migliore perché tira più il faccione di Dybala mentre esulta di un report serio su inchieste delicate. Così sono scivolate nel dimenticatoio pagine oscure e recenti, come quelle targate Last bet o Dirty soccer, capaci di destabilizzare solo per qualche giorno l’opinione pubblica ma presto dimenticate dalla critica, e relegate alla mera cronaca legislativa. Tra il 2011 ed il 2015 assistemmo infatti alle due più eclatanti operazioni contro il calcio-scommesse nel nostro Paese. Quello che ne venne fuori ebbe dell’incredibile: centinaia di partite truccate, numerosissimi calciatori e dirigenti indagati, un flusso economico enorme – ed in continuo movimento tra Italia e Paesi esteri -, diverse compagnie di scommesse coinvolte e molte agenzie finanziarie passate al setaccio; un lavoro da parte degli organi investigativi capillare e meticoloso che portò a sospettare di diverse partite di Serie A, ma soprattutto dell’esito di interi campionati, tra Serie B e C.
Ma cos’è rimasto di queste indagini, e quali sono state le misure adottate per evitare che episodi del genere si ripetessero? In entrambi i casi ben poco. Per certi versi la presenza delle holding del bet,invece, sembra essere sempre più radicata all’interno dei campionati – fino alle serie dilettantistiche – e ciò rende inevitabilmente più complesso il lavoro degli organismi creati per combattere il fenomeno delle combine come lo UISS (unità investigativa scommesse sportive) e il GISS (gruppo investigativo specializzato scommesse). Proviamo allora a fare chiarezza su queste mastodontiche inchieste, cercando di sovvertire la “politica della memoria corta’’ che ha contraddistinto il nostro calcio in questi anni, iniziando dalla colossale Operazione Last Bet.
LAST BET
Potremmo definirla l’operazione contro il calcio-scommesse più importante della storia del nostro calcio, con una lunga scia di documentazioni e dati che hanno contribuito alla comprensione ed allo studio di un sistema molto complesso (e poco conosciuto). Il punto di partenza di questa lunga vicenda giudiziaria risale all’incontro tra Cremonese e Paganese del 14 Novembre 2010, quando si verificò un episodio che con il terreno di gioco ebbe poco a che vedere. Ad inizio secondo tempo infatti diversi calciatori della squadra lombarda rientrarono dagli spogliatoi in condizioni precarie: sfiatati, stanchi, quasi stremati. Durante la ripresa tutti si accorsero di questa strana coincidenza che accomunava i grigio-rossi: l’allenatoreLeonardo Acori, i telecronisti e gli addetti ai lavori. Come se non bastasse, dopo l’incontro, un giocatore fu colto da un malore mentre guidava verso casa. Scattò allora il campanello d’allarme.
Il punto di partenza dell’operazione Last Bet
Dalle analisi a cui gli stessi giocatori si sottoposero il quadro che ne uscì fuori ebbe del clamoroso: si trattò di avvelenamentoda Minias, un farmaco sedativo inserito nelle borracce dei calciatori, che dalle indagini sembrerebbe esser stato somministrato dallo stesso portiere della Cremonese, Paoloni, ai suoi compagni di squadra, alterandone quindi le prestazioni al fine di modificare l’esito dell’incontro.
“Paoloni avrebbe versato un farmaco, il Minias, nelle bevande a disposizione dei giocatori durante il pre-partita”. (Guido Lo Presti, dirigente squadra mobile di Cremona)
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Cos’ha a che fare tutto questo con il calcio scommesse?
Da questa partita e dallo stesso Paoloni seguirono le successive indagini sulle altre combine – come quella clamorosa tra Cremonese e Spezia del 2011- ma soprattutto sulla rete clandestina con la quale Paoloni era in contatto. L’oramai ex portiere, nonostante la sua chiara partecipazione agli eventi, è da considerarsi senz’altro uno dei tasselli ultimi e meno importanti di un’organizzazione ramificata in diversi Paesi ma – come emerso dalle indagini – con epicentro aSingapore, laddove molte lobby del gioco hanno base e da dove venivano piazzate la maggior parte delle scommesse. Secondo le indagini a capo della cupola asiatica vi era un certo Eng See Tan detto Dan – il quale comunque sembrerebbe ancora a piede libero, non rintracciabile ed in grado di alterare i risultati di vari campionati – che gestiva i propri affari a livello internazionale, grazie a delle diramazioni del gruppo in tutto il mondo. In Italia l’inchiesta Last Bet ha portato alla luce due gruppi direttamente collegati a Singapore: il primo è quello dei cosiddetti Bolognesi, riconducibile all’ex calciatore Beppe Signori, il secondo quello degli zingari, riconducibile invece a Carlo Gervasoni e Almir Gegic.
Compito dei due gruppi sarebbe stato quello di assicurarsi una rete di “collaboratori” tra i diversi campionati capaci di alterare i risultati delle partite interessate, così da mettere in moto una catena di scommesse da piazzare nei mercati asiatici, meno soggetti a controlli. Stando a quanto si apprende dalle diverse intercettazioni telefoniche, l’affidabilità e la spregiudicatezza dei gruppi era tale da investire rilevanti somme nei tentativi di combine. Nel caso dei cosiddetti zingari, ad esempio, troviamo tra i fondi stanziati 400.000 euro destinati alle partite della massima serie, 120.000 per la Serie B, 50.000 per l’ex Lega Pro. I Bolognesi, invece, preferivano titoli bancari a copertura delle giocate. Tra gli indagati compaiono nomi molto noti, come quello già citato di Giuseppe Signori, Stefano Bettarini, Cristiano Doni, insieme ai tanti calciatori soggetti ad una lunga ondata di provvedimenti restrittivi nell’estate del 2012 come Stefano Mauri, Omar Milanetto, Antonio Conte, Domenico Criscito, Leonardo Bonucci, Andrea Masiello, Giuseppe Sculli e molti altri. Saranno sette i filoni d’indagine per un’inchiesta enorme che, purtroppo, non ha prodotto quel cataclisma sperato.
Raccontare le vicende giudiziarie dei singoli indagati ci allontanerebbe dalla comprensione di un meccanismo concreto e reale, che opera e lucra nei nostri campionati. Tuttavia il caso di Cristiano Doni, recidivo negli anni, apre uno scenario destabilizzante, non da tutti conosciuto, che cercheremo di riassumere brevemente. La Procura di Cremona lo punisce infatti con cinque anni e sei mesi di squalifica, mentre per l’Atalanta semplicemente due punti di penalizzazione per responsabilità oggettiva. Ai magistrati il calciatore nega ogni forma di collaborazione con la società bergamasca, ammettendo di “aver fatto tutto da solo” nel desiderio di giocare nuovamente nella massima serie, e tentando quindi di agevolare il cammino della dea in Serie B.
“Questa organizzazione rischia di avere già falsato alcuni dei risultati dei vari campionati: basti pensare che l’Atalanta e il Siena sono state recentemente promosse in serie A e si tratta di due delle squadre coinvolte”. (Guido Salvini, Gip di Cremona, 2011)
Tuttavia, secondo il GIP Guido Salvini, Doni agiva per conto di alcuni dirigenti della società bergamasca, che curiosamente continuò a pagare l’alto stipendio del calciatore anche dopo la sua confessione e la conseguente condanna; cosa che non fece, però, con il suo altro tesserato Masiello, anch’esso coinvolto nell’operazione. Pagare il silenzio del calciatore di cui ci si è serviti, data la praticità dell’atleta nell’inserirsi in alcune dinamiche, per rendere meno insidioso l’approdo in A? È solo una semplice ipotesi, che finora non ha ottenuto nessun riscontro.
Anche nelle società, quindi, vi era la consapevolezza dell’esistenza di questo scenario. Doni stesso spiega come tutti fossero a conoscenza di alcune pratiche illegali nel campionato cadetto in quegli anni. Una piccola parte degli indagati, infatti, venne accusata principalmente della mancata denuncia nel classico “tentativo di combine”. Del resto non fu sicuramente Last Bet nel 2011 a scoperchiare certi vasi: è risaputo che – soprattutto nelle categorie minori – sono le società stesse a interessarsi, in vista del conseguimento della promozione, alla possibilità di concordare alcuni incontri. Se tutto ciò è stato possibile lo dobbiamo al fatto che episodi isolati in alcune realtà siano velocemente diventati consuetudine.
Dell’esistenza del calcio-scommesse in Italia se ne parla oramai da tantissimi anni – addirittura il primo caso di ”combine” risale alla stagione 1926-27, che costò al Torino la revoca di uno scudetto – ma senz’altro in quest’ultimo decennio si è assistito ad un exploit che, dati alla mano, ha generato molte perplessità. Quindi cosa fare, ridimensionare l’intero sistema calcio? Più facile a dirsi che a farsi, specie quando il problema è ormai diventato mondiale, non più relegato a specifici campionati. Infatti, se dovessimo riformare aspetti del nostro campionato quali per esempio i settori giovanili, la strada sarebbe senz’altro meno tortuosa. Ma considerando la vera piaga del calcio internazionale, ovvero il mondo del betting, modificarne i parametri significherebbe scuotere un sistema multimiliardario, che si regge su basi finanziarie poco chiare e che contribuisce alla spettacolarizzazione mediatica di uno sport che è oramai quasi esclusivamente entertainment.
Il calcio scommesse è una realtà che continua ad essere presente, ma che ha attecchito e raggiunto determinati livelli grazie ad un contesto già predisposto ed allenato, in un sistema che da anni dà prova di imperfezioni e lacune di carattere tecnico, finanziario e soprattutto etico. Considerando il grande lavoro portato avanti dagli inquirenti, qualcuno potrebbe pensare che si sia posto un freno alle esperienze illecite, punendo i colpevoli e “facendo giustizia”: questo è stato fatto solo in parte. Ma restando con i piedi per terra, e tenendo conto della colossale struttura clandestina internazionale, della sua capacità pervasiva, delle numerosissime ramificazioni, dell’enorme capitale a disposizione e della facilità con cui ha portato avanti i suoi interessi, è comprensibilmente difficile credere che questo fenomeno potesse essere definitivamente debellato. Se per giunta consideriamo l’enorme sviluppo della pratica delle scommesse sportive nel nostro Paese – entrate prepotentemente nella sfera virtuale, quindi ancor più difficili da monitorare – oppure i sempre più comuni casi di ‘’flussi anomali di giocate’’ su diverse partite dubbie di domenica in domenica, ma se soprattutto facciamo i conti con la presenza delle organizzazioni criminali che già da tempo hanno fiutato l’affare calcio-scomesse, viene veramente complicato credere che il calcio possa restare lontano da certe zone d’ombra.