In una sfida dominata dal City, a vincere guarda caso sono sempre i blancos.
Può suonare iperbolico, ma l’esito di questo City v Real è persino più assurdo di quello andato in scena due stagioni fa. In quel caso, perlomeno, Guardiola aveva dovuto piegarsi a un finale certo fortunoso ma soprattutto epico di un Real Madrid come rapito dall’atmosfera infuocata del Santiago Bernabèu. Benzema e Rodrigo – e poi di nuovo Benzema, a inizio supplementari – avevano ribaltato l’andata del miglior Manchester City mai visto dalle parti dell’Etihad, anche più forte di quello dello scorso anno. Quella sfida era finita 4-3: di nuovo, in modo fortunoso per i blancos, ma non casuale.
La partita di ieri sera è tutta un’altra pasta, e uscire così per il City fa molto più male. Dopo un inizio a marca galactica, quantomeno per la costruzione del gol dello 0-1 dopo 15’, dall’arpione di Bellingham all’assist di Vinicius al gol di Rodrigo, due volte lesto, il City ha iniziato a pressare a tutto campo con una veemenza che ha pochi precedenti nella storia di questo sport. Sembravano assatanati gli uomini di Guardiola. Non solo composti nel palleggio, quindi. Ma determinati, si direbbe consapevoli di essere all’altezza e – meglio – più forti di un avversario storicamente più forte. Il gol di De Bruyne, a un quarto d’ora dalla fine, non era che il braccio destro di Dike, dea della giustizia.
Eppure, quella è giusta a prescindere dagli stili di gioco adottati. È vero che il City ha avvolto con pazienza, maestria e continuità il Real Madrid, ma diteci anche quale squadra avrebbe resistito a una pressione del genere. La verità è che giocando in questo modo, il City costringe le squadre a chiudersi dietro. Questa ragnatela di passaggi fatti alla velocità di tiri, da destra a sinistra al centro indietro e avanti, è una morsa di ragno che annichilirebbe qualsiasi squadra sul pianeta. Tranne una, l’innominabile, la soggetta a teologia negativa.
Il Real Madrid, infatti, è una squadra altrettanto fantastica. Commovente, in primo luogo, perché chi indossa il suo stemma onorandone la storia mette da parte qualsiasi individualismo. Che ti chiami Vinicius, Modric, Rodrigo o Bellingham, non cambia niente. Il sacrificio, per chi è sotto il potentato del Real, è un onore, una gioia.
Con questo spirito, stanchi e sempre a un passo dal cedere, ma anche in piedi fino all’ultimo respiro, i blancos di Carlo Ancelotti, meno accigliato del solito, hanno raggiunto la lotteria dei rigori. Un terreno sul quale la voce della coscienza, para la gente que sabe de futbol, indicava il vincitore prima che l’evento portasse a compimento la profezia. Quando in campo ci sono due squadre: una formidabile e fortissima, l’altra formidabile, fortissima e che si chiama Real Madrid, vince sempre il Real Madrid.
“Dovevamo rischiare con un giocatore ai calci di rigore e abbiamo scelto Bernardo Silva”.
Andrij Lunin, post-partita di City v Real, 17.04.2024
Dovevamo. Vedete, City v Real, onore a entrambi, è stata anche la partita di due modi di pensare opposti. Da una parte Guardiola, che pure nella sua evoluzione rimane capace di panchinare (all’andata) De Bruyne (ieri il migliore in campo), liberare Akanji sulla trequarti e designare Ederson come quinto rigorista.
Dall’altra Ancelotti, sempre calmo e composto, mai frenetico. Che convince una squadra galattica a difendersi fino al 120′, per poi mandare sul dischetto solo i suoi uomini più fidati, indicando a Lunin – insieme a Kepa – quale giocatore del City scegliere per rimanere fermo. Questo è calcio stregonesco, ed è bellissimo vederlo vivo e vegeto anche nel 2024. E pensare che Modric aveva pure sbagliato, calciando malissimo il primo rigore. Poco importa. La storia era in qualche modo già scritta. Che fosse l’uomo meno tecnico dei 22 in campo, Antonio Rudiger, a decidere la qualificazione dagli undici metri, questo neanche uno stregone avrebbe potuto pronosticarlo. Ma il Real Madrid non gioca a dadi.