Intervista a Massimiliano Martino, autore del libro e responsabile dell'ufficio stampa del Frosinone.
Non solo responsabile dell’ufficio stampa del Frosinone Calcio: Massimiliano Martino è anche un ottimo scrittore. Nel mese di giugno infatti, ha visto la luce “Il talento incontra l’occasione”, pubblicato da Edizioni Efesto. Un libro che racconta le storie di otto campioni dello sport, praticato e raccontato. In un mondo del calcio, ma anche dello sport in generale, sempre più dominato da atleti che infrangono record, ma che ai giovani lasciano pochissimi insegnamenti, l’autore ci ricorda in maniera limpida e senza fronzoli quali siano i veri valori dello sport. Da Fabio Grosso fino a Dino Zoff, passando da Gianluca di Marzio e molti altri.
Hai scritto che “Lo sport ti lascia immagini fisse nella testa, come Tardelli nell’82 o Fabio Grosso nel 2006”: Questa tua citazione si sposa benissimo con una molto simile, di Federico Buffa, che disse “i mondiali scandiscono il tempo delle nostre vite”. Ma è davvero cosi?
Sì, lo penso davvero. Anche a te sarà infatti capitato di associare un certo periodo della tua vita allo sport. Forse noi siamo più influenzati perchè facciamo questo mestiere da sempre, ma io ad esempio ricordo più Grosso che alza la coppa del mondo piuttosto che il battesimo di mio nipote. Questi momenti storici scandiscono “i nostri tempi”.
Hai scelto di raccontare storie di campioni a cui lo sport ha dato molto, anche a livello educativo e caratteriale. Avevi pensato anche a questo aspetto?
Sono partito dalle persone. Prima di scegliere le loro storie infatti, ho avuto la fortuna di apprezzarle più come persone. Ognuno di loro mi aveva lasciato qualcosa nel rapporto umano, e ho scelto le storie che più mi avevano lasciato la pelle d’oca; credo che loro mi abbiano lasciato tantissimo, ma spero di avergli lasciato anch’io qualcosa.
Hai deciso di raccontare non solo storie di “campioni”, ma anche di chi queste storie appunto le racconta: ci sono infatti due giornalisti come Bezzi e Di Marzio. Come mai la decisione di ritagliare spazio anche per loro, magari “lasciando fuori” altri campioni?
Anni fa ho avuto la fortuna di ricevere una benemerenza dal CONI, chiamata “Lo sport uno stile di vita”, dove venivano premiati sì molti campioni, ma anche giornalisti come Bezzi e Di Marzio, che avevano raccontato le geste di questi campioni. Mi piaceva l’idea di inserire nel libro anche loro, che lavorano sempre dietro le quinte, ma anche loro fanno molti sacrifici per raggiungere i propri obiettivi.
Nel libro hai deciso di raccontare otto storie: quali sono quelle che avevi preso in considerazione e che poi hai deciso di scartare?
Logisticamente era difficile raccontarne molte di più, anche se avrei voluto. Ho scelto di raccontare più discipline sportive: la scherma, il nuoto, il calcio, la marcia, poi due giornalisti. Ho cercato di raccogliere a 360 gradi tutti i vari sport, pensando anche di diversificare per interessare i lettori a tutte le discipline che ho raccontato.
La presentazione del libro ha avuto un bel successo, “una festa nella festa”. Mi riferisco ovviamente alla promozione del Frosinone, chiedendoti se c’è stato un momento della stagione in cui hai pensato che se la squadra non avesse raggiunto l’obiettivo, in qualche modo ti avrebbe rovinato i piani?
Anch’io mi sono posto questa domanda! Lavorando come responsabile dell’ufficio stampa, sarebbe stata una beffa per tutti se il Frosinone non avesse centrato la promozione in Serie A, visto che avevo in testa l’idea di presentare il libro allo stadio insieme a Fabio Grosso. L’avrei fatta lo stesso, visto che era tutto già organizzato, visto che data e luogo erano già scelti quando ancora la promozione non era certa. Ma menomale che le cose siano andate cosi, con una bella risposta da parte del pubblico.
Hai deciso di raccontare i successi di alcuni campioni, partendo da quello che c’è dietro e che spesso non vediamo. Scrivendo il libro invece, hai mai pensato agli insuccessi? Anche dietro di essi si celano sacrificio, passione e via dicendo, eppure i fallimenti non sono celebrati come a volte meriterebbero.
Anche i campioni raccontati nel libro mi hanno parlato dei loro insuccessi: sono tutti partiti dalle loro “non gioie” per arrivare alla loro felicità e questa per me è una cosa bellissima. Oltre al sacrificio assaporare il pensiero della sconfitta aiuta a crescere. Questa domanda è la più azzeccata visto che è proprio quello che volevo far capire: anche dagli insuccessi si arriva a qualcosa di fantastico, come ad esempio il caso di Giuliana Salce; ma anche Stefano Pantano o agli stessi giornalisti presenti nel libro.
Zoff ti ha detto “Non ho mai pensato allo sport come un mezzo per diventare qualcuno”. Si tratta della vera essenza del talento che incontra l’occasione, tra tutte le storie che hai raccontato?
La testimonianza di Zoff è stata sicuramente la più particolare di tutte: alla prima domanda la sua voce autoritaria mi mise subito in soggezione; poi si è sciolto ed è andato alla grandissima. Che lui non abbia mai pensato allo sport per diventare qualcuno, ci credo ciecamente: ha fatto sport per un suo benessere, per la voglia di fare. Non esiste testimonianza più bella.
Con il suo contributo, Paolo Sellari (oltre a quello di Francesco Repice) ha toccato un tema attualissimo: lo “sportwashing”. Nell’ultimo anno abbiamo assistito al Qatar, adesso invece è il turno dell’Arabia Saudita. Cosa ne pensi di quello che sta accadendo, con tantissimi campioni che stanno mettendo i soldi arabi davanti al prestigio del calcio europeo?
Il calcio è uno sport molto ciclico: una volta la Serie A era il campionato più bello del mondo, poi è toccato alla Premier League e cosi via. Però guardiamo la Cina: si sono comportati allo stesso modo degli arabi, e sappiamo tutti com’è andata a finire poi. La stessa cosa sono convinto che accadrà con l’Arabia Saudita: lì il dio denaro conta più del talento, ma l’NBA ad esempio con è come il basket europeo. Ogni paese ha il proprio sport, e il loro non è senza dubbio il calcio.