Maurizio Mosca, ancora oggi, rappresenta una figura alquanto controversa del giornalismo e dell’intrattenimento sportivo italiani. Spesso diviso tra il suo passato “serio” di giornalista alla Gazzetta dello Sport e quello “faceto” come opinionista e presentatore di diversi programmi sportivi.
Questa doppia interpretazione rende complesso raggiungere il centro della sua persona rischiando di lasciarla intrappolata in questo insanabile dualismo, soprattutto se tale dualismo si struttura su più piani. Un primo piano che potremmo definire intenzionale, giocato ed esasperato dallo stesso Mosca, ed un secondo che potremmo invece chiamare preterintenzionale (uso termini giuridici in ossequio al Mosca conduttore de L’Appello del Martedì) che va oltre lo stesso Mosca ed in certi casi è stato stressato da una stampa tutt’altro che accomodante nei suoi confronti. Tuttavia proprio questa ambiguità, mai completamente sciolta o smentita dallo stesso Mosca, ci ha consegnato un personaggio enigmatico le cui urla e gestualità scoordinate sembrano essere diventate il principale carattere distintivo.
Pertanto parlare di Maurizio Mosca, nell’anniversario della sua dipartita (3 aprile 2010), richiede una sorta di esercizio di discernimento tra il reale ed il teatrale, il performativo ed il rituale, l’oggettivo e il sentimentale. Ma se l’unità, l’unicità di Mosca, fosse proprio in questo groviglio, in questo coacervo indissolubile? La nostra volontà di semplificazione ha fatto sì che parlare di/su Maurizio Mosca diventasse un parlare doppio tra persona e personaggio.
Questa divisione deriva proprio dall’analisi delle fonti documentarie primarie (i suoi articoli e i suoi programmi) e secondarie (ciò che è stato scritto su di lui). Una lettura alla quale ci siamo sempre attenuti, una lettura secondo la quale c’è un Maurizio e c’è un Mosca. Proprio questa sua doppiezza, a mio parere, ne fa invece un personaggio estremamente interessante. Del resto, è un dato che lo stesso Mosca non abbia mai voluto risolvere la sua volontà di apparire come un soggetto complesso altamente performativo e rituale in un continuo rapporto di costruzione/distruzione dal suo essere giornalista e uomo di spettacolo. Pertanto potremmo provare a leggere Mosca non come il Visconte Dimezzato di Italo Calvino bensì come un calderone umanissimo fatto di ribollenti contraddizioni.
Provare a farlo non è semplice. Per questo, ho deciso di partire da quella che sembra essere la tessera principale di un puzzle complessissimo: la teatralità di Maurizio Mosca.
Quello che cercherò di articolare in queste righe è il ritratto di Maurizio Mosca come performer nel senso ampio di attore teatrale e specifico di figura performativa irrisolta, figura che non si realizza attraverso una definizione, che non ne viene intrappolata. Per fare questo, non tratterò l’interezza di Mosca ma alcuni suoi momenti specifici. Per facilitare la lettura di questo articolo e aiutare nella comprensione della costruzione che propongo, ho deciso di dividere il discorso per punti di modo che ogni passaggio venga chiarito e soprattutto affinché l’uso di una modalità di ricerca, tipica dei cosiddetti studi culturali, non sembri eccessiva o fuori luogo applicata ad un personaggio che esce fuori dai canoni della “cultura alta”.
Su queste colonne è stato pubblicato un bell’articolo sulla distinzione tra il Maurizio Mosca pre e post Zicoaffaire del 1983, quello che ha segnato la sua fine giornalistica propriamente detta e ha dato l’avvio alla sua carriera di attore, giullare, istrionico commentatore di calcio. Su questo molto si è scritto, anche perché al netto degli eventi la seconda fase della carriera di Mosca è molto più cospicua e presente nelle menti dello spettatore.
In brevissima, Mosca inventò un’intervista all’arcigno e imperscrutabile Zico il quale poi, invitato da Biscardi al suo famoso Processo del Lunedì, svelò la finzione con un laconico “questo signore io non lo conosco”. E difatti poi quel “signore”, inteso nella sua professione giornalistica, non lo ha più (ri)conosciuto nessuno. Anche se, in fin dei conti, questa potrebbe rappresentare un’altra mitologia incrostata nel tempo. Il disconoscimento di Mosca, a dirla tutta, è stato articolato soprattutto attraverso il “fuoco amico” della stampa che nel corso del tempo ha portato ad una sorta di antimoschismo.
Dall’edizione del 18-24 marzo 1992 del Guerin Sportivo: diversi giornalisti (tra cui Sconcerti) vanno all’attacco di Mosca, emblema di ‘giornalismo spazzatura’. Nei suoi ‘voti’ (foto 3) Agroppi mette Mosca fanalino di coda
Proprio un caso di antimoschismo o comunque di aperta e polemica è quello relativo a L’Appello del Martedì, programma di intrattenimento sportivo andato in onda dal 1990 al 1995 su Italia 1 le cui prime edizioni (1990-1992) sono state condotte proprio da Maurizio Mosca. La trasmissione, fin dal suo titolo, voleva essere la risposta al Processo del Lunedì condotto da Aldo Biscardi su Rai 3. In termini giuridici infatti “appello” sta ad indicare il “mezzo di impugnazione ordinario con il quale si possono far valere sia contestazioni di merito che di legittimità della sentenza appellata”. L’Appello pertanto rappresentava quel “mezzo di impugnazione” con il quale Silvio Berlusconi si opponeva e rispondeva alla Rai preparando […]
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Firma nobile del giornalismo italiano (e non solo sportivo), Roberto Beccantini è il giornalista-tifoso più imparziale che conosciamo. Tifoso dai tempi di Sivori, per via dei calzettoni abbassati e del genio fumantino; imparziale, perché – sue parole – sincero col lettore.