Il neo-maccartismo continua spedito.
La caccia alle streghe, anzi all’orso (russo), prosegue senza sosta. L’ultimo colpo lo ha sparato il team di Formula 1 statunitense Haas che, oltre ad aver risolto la partnership con lo sponsor Uralkali (azienda russa di potassio quotata alla borsa di Londra e Mosca), ha licenziato “con effetto immediato” il pilota russo Nikita Mazepin. Questa la nota ufficiale della scuderia: «La Haas ha deciso di terminare con effetto immediato il rapporto con Uralkali e il contratto di Nikita Mazepin. Come il resto della comunità di Formula 1 siamo colpiti e rattristati dall’invasione dell’Ucraina e speriamo in una veloce e pacifica conclusione del conflitto».
Adesso però anche basta. Specifichiamo per completezza di informazioni che l’azienda/sponsor Uralkali è di proprietà del padre di Nikita, Dimitry Mazepin (oligarca russo ex membro di Russia Unita, il partito di Putin). L’interruzione dell’accordo è quindi giustificata, sia per le sanzioni economiche che l’Occidente ha deciso di impugnare contro la Russia sia per la vicinanza, o comunque affinità, dell’uomo con il capo del Cremlino. Ma cosa c’entra il licenziamento di Nikita Mazepin con la guerra in Ucraina? C’è chi dice che paga i rapporti della famiglia con Putin, ma credevamo di aver superato la logica tribale di far ricadere le “colpe” dei padri sui figli. E non regge neanche la giustificazione per cui Mazepin sarebbe un pilota non di livello: probabile, fatto sta che è stato rimosso con la giustificazione del conflitto ucraino. Che sia un pretesto o meno, è questa la versione ufficiale data dalla scuderia.
Il tutto dopo l’indicazione della FIA (Federazione internazionale dell’Automobile), la cui posizione era stata molto chiara chiara: consentire ai piloti russi e bielorussi di partecipare alle competizioni internazionali, senza però inno, bandiera e richiami alla Madre Patria. Mazepin, come si dice in questi casi, ha affidato ai social la propria reazione e il – comprensibile – disappunto: «Sono molto deluso per la fine del mio contratto in Formula 1. Anche se comprendo le difficoltà, le regole della FIA e la mia ripetuta volontà di accettare le condizioni imposte per continuare sono state completamente ignorate, in una decisione presa unilateralmente». E ancora:
«Avrò altro da dire. Ho fatto tesoro del tempo trascorso in F1 e spero sinceramente che potremo tornare tutti insieme in tempi migliori. A coloro che hanno cercato di comprendere, va il mio eterno ringraziamento».
Nikita Mazepin
Un commento fin troppo elegante per una decisione che ci lascia preoccupati, in questo clima di crescente maccartismo che sta dando luogo a un’indiscriminata caccia alle streghe. Caccia ai russi solo perché russi. E pensare che pochi mesi fa Mazepin, interpellato dai giornalisti sugli europei di calcio, parlava così: «Chi tifo ora che la Russia è fuori dai giochi? L’Ucraina. So che ora sono due Paesi diversi tra loro, ma sono stati nostri gemelli e lì ho molti amici. Sarebbe bellissimo per i tifosi se vincesse il torneo». La guerra però non guarda in faccia nessuno, così si dice, e provoca da sempre rappresaglie. Vero, sarebbe ipocrita negarlo. Ma quindi anche noi siamo in guerra? Basta saperlo…