Critica
14 Luglio 2023

Mbappé è Mbappé, e voi non siete un ...

Rispetto per il Marchese del Gallo.

Buongiorno a tutt*, cari amici. Perdonate l’assenza ma ormai mi sentivo come una vacca all’ingrasso nel pallone: una cavia umana gonfiata di cibo e partite da almeno un anno, senza pause tra le varie abbuffate, con Ceferin e Infantino che mi apparivano in sogno vagheggiando nuove competizioni e mondiali per club allargati – come dite, era tutto vero?. Sono quindi dovuto fuggire tra le montagne austriache, a godermi i meravigliosi panorami dell’appagante Villach e impormi una dieta detox, una disintossicazione da quell’allevamento intensivo su grande scala chiamato calcio.

Viva Dimarco, per inciso, inutilmente attaccato sui sempremarroni social per aver confessato, candidamente, ai microfoni: “ora però voglio solo andare in vacanza, è stata una stagione lunga”.

Immancabili i soliti miserabili: “sapessi per chi va in fabbrica 10 ore al giorno quanto è stato lungo l’anno! Vergognati!” (scritto chiaramente con una sintassi ben più approssimativa). Sempre e solo dei poveri comunisti, avrebbe detto l’ex presidente del Monza – che riposi in pace tra l’altro, in attesa che faccia del paradiso una società per azioni e renda Dio il suo vicepresidente.

Ciò detto, a spezzare la monotonia estiva ci ha pensato lui, il più forte giocatore del mondo: Kylian Mbappé Lottin. «Non importa con chi gioco, non importa la maglia, non importa dove: io voglio vincere. In questi anni ho sempre fatto meglio di tutti. Giocare al Psg non aiuta molto». Quindi, interpellato sul perché il Paris non abbia agguantato la Champions, e abbia invece dovuto accontentarsi di desolanti Ligue 1 dal valore di briscole di mezza estate, ha tagliato corto: «Non dovete chiederlo a me, ma a chi costruisce la squadra. Io parlo per me, sono stato cinque volte capocannoniere e ora miglior giocatore».



Come spesso ti capita Kylian, soprattutto ultimamente, li hai mandati tutti ai pazzi: il presidente Al-Khelaifi, gran parte di quelle mezze seghe con cui condividi lo spogliatoio al PSG, i romantici di tutto il mondo uniti; sei piombato come un fulmine sui raduni nostalgici di vecchie glorie e sulla retorica stantìa della maglia, riciclata e a dir poco stonata per contesti come quello del Qatar Saint-Germain. E lo hai fatto ghignando beffardo, forte della tua superiorità. Kylian, lunga vita a te.

Finalmente un calciatore che non ci ammorba con la retorica a buon mercato, o con l’ipocrisia finto-modesta dei Guardiola – che bello se un giorno Pep arrivasse davanti ai microfoni e dicesse: voi non capite nulla, io sono il migliore!, anche perché avrebbe pure ragione, e invece no, continua a fare sempre il solito catalano dicendo di dover imparare da De Zerbi, Klopp, Bielsa, Luis Enrique, Arteta etc.. Finalmente un calciatore, dicevo, che scoppia a ridere come un bambino alle domande ambientaliste, ai rigori sbagliati dagli avversari, alla possibilità di trasferirsi in club non alla sua altezza, e risponde all’indignazione degli intellò scrollando le spalle.

Mbappé ride e segna, dribbla e ghigna, provoca e può permetterselo. Io sono io, e voi non siete un cazzo.

Il marchese del Grillo, anzi il marchese del Gallo (di Francia). Venuto dalle banlieu e che lì ritorna per iniziative benefiche, ma senza farsi immortalare dalle telecamere; in prima fila nella lotta al razzismo, ma senza trasformarlo in un marchio e anzi dichiarando di sentirsi “francese al 100”; egoista al limite della maleducazione, ma sincero: perché tanto, in questo mondo, “tutti ti adulano e nessuno ti dice le cose in faccia”. A parte Ibrahimovic, aggiunge Kylian, confessando di amarlo (anche) per questo.

E allora tanto vale ridergli in faccia ai buoni e ai giusti, agli editorialisti e agli intellettuali nel pallone, ai saccentini e ai moralisti sui social network. Tanto vale divertirsi, guardarli dall’alto in basso, farli indignare. Un antagonista magari, Mbappé, per come noi vediamo il calcio: un giocatore azienda che vale più del suo club, che umilia i compagni e tratta da solo il suo futuro, che se ne fotte dei tifosi e della maglia.

Ma un antagonista sincero, di quelli che non puoi far altro che rispettare. Intanto perché troppo forte, e i più forti si rispettano per una legge di natura da che mondo è mondo, che ci piaccia o meno. E poi perché non mischia le carte, non intorbidisce le acque, non sposa tutte le cause più nobili fingendosi un politico ma si comporta direttamente da capo di stato, non eletto dal popolo ma eletto dal Dio (del calcio). Un po’ re, un po’ rockstar.



Tic-tac, ripetono ogni giorno al Chiringuito aspettando che si sblocchi la trattativa per Mbappé. Pare che Florentino gli abbia detto di trattare lui stesso il prezzo con il PSG, e solo dopo il Real si sarebbe presentato con l’offerta giusta. Vederlo ai Blancos, vi confesso, sarebbe il mio sogno, e anche il compimento naturale della carriera di Mbappé: troppo forte, troppo più forte del vostro risentimento piccolo-borghese e nostalgico; finalmente anche nobile, con il blasone reale e immacolato del più grande club al mondo – se il Calcio per le Nazionali è il Brasile, per i club è il Real Madrid.

Fatto sta che lui per svincolarsi dal PSG sta facendo un casino. Ma mentre tutti perdono le staffe, a cominciare dal presidentissimo – del PSG, dell’ECA, del fondo sovrano di investimento qatariota, di beIN Media Group, della federazione qatariota di tennis etc. etc., comunque calcisticamente insignificante rispetto a Mbappé –, Kylian se la ride. L’avete mai visto arrabbiato? Si accompagna a belle donne (ora a Kim Kardashan), prima a bei trans, e se ne strafotte di quello che scrivono su di lui. Per questo, Kylian, lascia che ti ringrazi a nome di tutti gli insofferenti del mondo.

Non avrei mai creduto di lanciarmi in un elogio di un calciatore-azienda, ma di questi tempi meglio l’azienda dal volto feroce della multinazionale dal volto gentile (e dal logo arcobaleno) che vuole salvare il pianeta e difendere i diritti delle minoranze mentre sospende i suoi dipendenti se stanno per più di 10 minuti al cesso. Perché se viviamo in un mondo al contrario, o semplicemente nella società dell’immagine, e dell’etica trasformata in etichetta, almeno Mbappé ha il merito di ripristinare (a suo modo) le gerarchie. Di risparmiarci il contentino e le pacche sulle spalle.

Di farci capire che il tifoso, oggi, è solo un povero Gasperino il Carbonaro che ogni tanto invitano a corte per farsi quattro risate. E che quella maglia che per noi vale tutto spesso, per chi la indossa, è poco più di una t-shirt comprata da H&M: due stagioni e poi la butti.

Grazie quindi per risparmiarci la morale, Kylian, e per dircelo senza giri di parole: io sono io, e il resto già lo sapete. Continua a farti beffe di Papi, Re, Presidenti. E a smarcare quelli che ti vorrebbero inglobare, strumentalizzare come un’icona instagrammabile e impeccabile per le loro buone cause, di posizionamento commerciale e politico. «In Francia le persone vogliono solo vederti giocare a calcio, e sorridere», dicevi oltre un paio di anni fa, quando già eri Mbappé eppure non lo eri ancora. Per questo i francesi ti amavano.

Adesso invece un sondaggio evidenzia un netto calo di consensi perché, pure tu, ti sei accodato alle ultime proteste buttandola in politica – per il 67% dei francesi non è roba tua parlare della morte di Nahel, e il 64% è in disaccordo con il messaggio. Ma chissenefrega dei sondaggi e degli indici di gradimento. Il punto non è che i francesi ti stimano di meno, bensì che ti reputano ‘meno simpatico’. Kylian, non cascarci pure tu. Di Lukaku, Goretzka e Thorsby (quello che ha cambiato il numero di maglia adottando il 2, ovvero i gradi che il riscaldamento globale non deve superare affinché il pianeta non imploda) ne abbiamo fin troppi. Ma la verità, nel fondo inconfessabile delle nostre anime meschine, nel segreto dell’urna in cui votavamo B., è che noi vogliamo solo e semplicemente un marchese del Gallo.

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