Italia
14 Febbraio 2023

Il piccolo grande Milan di Castagner

Un anno di orgoglio e di calcio spettacolo, in Serie B.

La serie A 1982/83 non vide in lizza il Milan, costretto a “sbadilare” (termine di Gianni Brera) per la seconda volta nella cadetteria italica. Dopo la retrocessione maturata il 16 maggio ’82, il presidente Giuseppe Farina operò il repulisti. Voltare pagina era un imperativo categorico. Fresco di titolo mondiale con l’Italia del Vecio Bearzot, Fulvio Collovati era passato all’Inter in una trattativa lunga e complessa che portò in rossonero, con la formula del prestito, il centrocampista Giancarlo Pasinato, l’attaccante Aldo Serena e il difensore Nazzareno Canuti.

Tanti reduci dell’annata della Stella vennero ceduti: Aldo Maldera fu chiamato a Roma da Nils Liedholm, dove sarebbe diventato un perno fondamentale dei giallorossi scudettati nel 1983 e vicecampioni d’Europa l’anno successivo. Ruben Buriani si spostò a Cesena. Walter Novellino andò all’Ascoli e Roberto Antonelli al Genoa. Il Milan venne affidato alle cure di Ilario Castagner, classe 1940, tecnico del Perugia dei miracoli 1978/79, desideroso di rivincite dopo aver mancato con la Lazio la promozione in A nel giugno ‘81. A suggerire il suo ingaggio era stato Silvano Ramaccioni, direttore sportivo milanista e grande estimatore di Castagner.

“Farina voleva assumere Bersellini, allenatore dell’Inter. Ebbi la possibilità di scegliere l’allenatore e Castagner era ideale per ripartire dalla B. Non mi sbagliai”.

Silvano Ramaccioni

Nel curriculum di Ramaccioni c’era già una grande operazione di mercato: aver soffiato Paolo Rossi alla Juventus qualche anno prima. Intelligente e razionale, il dirigente umbro ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale per giocatori e allenatori nella sua lunga esperienza al Milan, durata trentadue anni, passando dal Piccolo Diavolo al ciclo magniloquente di Silvio Berlusconi, capace di entrare nella storia del calcio mondiale. Vestirono il rossonero anche l’esperto Giuseppe Oscar Damiani (detto Flipper) e il talentuoso Vinicio Verza.

Il secondo campionato in B dei rossoneri ebbe un andamento senza intoppi, a parte qualche piccola titubanza in avvio. Obiettivo duplice in avvio di stagione: tornare subito in A e gettare le basi per il ritorno del Milan ai vertici del calcio italiano in pochi anni. Castagner si presentò subito dicendo di voler ricreare nello spogliatoio “il clima Rocco”. Innanzitutto confermò lo scozzese Joe Jordan dopo averlo visto all’opera al Mondiale spagnolo, e lo Squalo non deluse, disputando un anno molto positivo. A 22 anni appena compiuti, Franco Baresi ebbe invece la fascia di capitano. Un giocatore su cui poter contare sempre, diventato bandiera e quintessenza del perfetto milanista.



Lo stopper Canuti, già nel mirino di Ramaccioni alcuni anni prima, confermò buone attitudini sui palloni alti e rapidità in fase di recupero. A centrocampo agì Pasinato, esploso in B con l’Ascoli, dotato di una cadenza da quattrocentista ed un tiro di destro capace di annichilire spesso i portieri avversari. Pasinato doveva dare incisività e imprevedibilità agli schemi offensivi di Castagner garantendo cross a beneficio delle due torri d’attacco: Aldo Serena e Joe Jordan. Scelta molto simile a quella adottata nel Perugia vicecampione d’Italia ’79.

Tiziano Manfrin, mezzala prelevata dal Genoa, fu tra i primi rincalzi mentre tra i punti fermi della squadra spiccarono Mauro Tassotti, Sergio Battistini, Chicco Evani ed Andrea Icardi. Tra i pali si registrò il dualismo tra Ottorino Piotti e Giulio Nuciari, prelevato dalla Ternana. Non mancò qualche balbettio nella parte iniziale: dal pari interno all’esordio stagionale contro la Sambenedettese al risicato 1-1 di Catania. Subito dopo il Milan cominciò a inanellare vittorie su vittorie, regalando gol e spettacolo. Al Bologna, altra nobile decaduta, i rossoneri rifilarono cinque reti; quattro invece quelle incassate dal Monza in quel 17 ottobre 1982 funestato, in serata, dal malore che a 43 anni si portò via per sempre Beppe Viola.



Per tutta la stagione, la provincia italiana, come già nel campionato 1980/81, dimostrò grande entusiasmo verso i rossoneri. A Campobasso, contro una neopromossa dalla C, l’accoglienza riservata al Milan fu quella dovuta ad una grande squadra pronta a rientrare in massima serie. Per i molisani era il primo confronto di prestigio nel campionato cadetto, e a festeggiare fu soprattutto il cassiere dello stadio che registrò un incasso di 130 milioni di lire (più i 24 milioni della quota abbonati) con quasi quindicimila paganti.

Più di un terzo degli abitanti di Campobasso si era recato quel pomeriggio allo stadio.

Nella ripresa, Jordan e Cuoghi fecero rispettare i pronostici della vigilia. I rossoneri ebbero un andamento da schiacciassi. Damiani, Incocciati, Jordan, Battistini e Serena infierirono sulle difese avversarie mentre Verza dispensò colpi di gran classe, su tutti il bellissimo gol, a San Siro, contro la Reggiana dopo un’azione solitaria iniziata a centrocampo e conclusa con un elegante pallonetto a scavalcare il portiere Eberini. Ma la stagione riservò ai rossoneri anche l’epocale sconfitta casalinga contro la Cavese, impeccabile a San Siro, brava a rimontare l’iniziale svantaggio. Come ha ricordato Gianfranco Giordano, Santin chiese ai suoi di divertire e così fu.

La Gazzetta dello Sport ribattezzò la squadra metelliana “Real Cavese”, per una partita che consentì all’avvocato interista Peppino Prisco di coniare la celebre frase: “Vedere quella sconfitta del Milan, con i cugini in B, è una cosa che fa molto bene a chi è malato”. Era il 7 novembre ’82. Negli spogliatoi, Bitetto e Piangerelli, giocatori della squadra ospite ed entrambi tifosi milanisti, si abbracciarono piangendo,  increduli per il risultato e la sconfitta della loro squadra del cuore.

Dopo un girone d’andata con un ruolino di marcia di 10 vittorie, 7 pareggi e 2 sconfitte, i rossoneri raggiunsero la Lazio in testa alla classifica alla prima di ritorno. Seguì una cavalcata trionfale verso la promozione, conseguita senza intoppi e a suon di gol. Il 15 maggio ‘83, giorno dello scontro diretto contro la Lazio vicecapolista, un Milan spettacolare inflisse ai biancocelesti un severo 5-1 sotto un incessante temporale. Le Brigate Rossonere, parte del tifo organizzato milanista, mostrarono lo striscione dagli spalti di San Siro:

“Milan campione, la Lazio in A è solo un’illusione”.

La squadra di Castagner dominò la partita dall’inizio alla fine, stritolando l’undici guidato da Giancarlo Morrone e Roberto Lovati. Verza dribblò anche i fili d’erba. In meno di mezz’ora, Serena e un’autorete di Miele portarono il diavolo sul doppio vantaggio. L’irrefrenabile Pasinato segnò il 3-0 al quarto d’ora della ripresa. Dopo lo scatto d’orgoglio laziale firmato da Bruno Giordano, altre due reti (Serena e Damiani) fecero uscire la cinquina sulla ruota di San Siro, chiudendo la più bella prestazione stagionale dei rossoneri. La vittoria di goleada venne sottolineata dagli oltre 63 mila presenti sugli spalti della “Scala del Calcio”, esultanti per novanta minuti.


Tra i migliori della seconda stagione in B spiccò il già citato Verza, calciatore dotato di grandi qualità tecniche, funambolico anche se discontinuo. Il mensile Forza Milan lo definì “il brasiliano della squadra rossonera”. La sua scelta di trasferirsi al Milan era stata sofferta, avendo potuto continuare a giocare in Serie A con il Cesena. “Non mi sono mai pentito, – dirà Verza – poiché fu una soddisfazione essere fra i principali artefici della risalita in A del Diavolo”. L’ex cesenate vi contribuì segnando 10 gol. Buona fu anche la stagione di Francesco Romano, autore contro il Foggia, a San Siro, di uno dei più bei gol del Milan nei primi anni 80. Anni dopo, Romano sarà il perno del centrocampo del Napoli scudettato con Diego Maradona in campo e Ottavio Bianchi in panchina.

Quel Milan fu spettacolare, – ha dichiarato Ilario Castagner in un’intervista confluita nel libro ‘Milan 1980-‘87, le stagioni del piccolo diavolo’ – la società mi aveva chiesto di tornare in A producendo bel gioco e gol. Fu quello che riuscimmo a fare. Un gruppo molto giovane e con un giovane, Franco Baresi, che in quel campionato divenne anche capitano. Al mio arrivo avevo trovato un ambiente depresso, fiaccato dalla retrocessione. In sede di mercato operammo gli innesti giusti”.

Tra i meriti di Castagner ci fu poi il rilancio di Jordan.

Alcuni volevano cederlo. Io lo vidi bene al mondiale spagnolo e decisi di tenerlo. Jordan ripagò la mia fiducia segnando parecchi gol e seguendo le mie idee tattiche. Lo incontrai tanti anni dopo, quando commentavo per le reti Mediaset. Ci salutammo con affetto e ricordammo quella stagione. Joe ribadì di essersi trovato molto bene con me in panchina e quella sua considerazione mi fece molto piacere”. Un Milan che, in quella stagione 1982/83, sfruttò molto le fasce. “Per questo avevamo ingaggiato Pasinato, bravo ad aprire gli spazi laterali e garantire i cross in area per le nostri torri”.

Quel Milan sviluppò spesso un’intensità di gioco in fase offensiva talmente elevata da non dare respiro agli avversari. Un livello difficilmente riscontrabile quell’anno persino in A, non tralasciando la prolificità offensiva dei centrocampisti. Tra i migliori di quella stagione Castagner indicò Evani, autore di un campionato molto convincente. Un giocatore chem pochi anni dopo, sarebbe stato protagonista anche nel grande Milan di Sacchi.



Il consuntivo stagionale rossonero certificò la grande stagione del diavolo: 19 vittorie, 16 pareggi e 3 sconfitte. Attacco stratosferico: 77 gol all’attivo, media realizzativa di 2,02 reti a partita, record per la serie cadetta, con Battistini miglior marcatore della squadra in campionato davanti a Jordan, Damiani e Verza. La Lazio, seconda in classifica, accusò un distacco di 8 lunghezze (la vittoria valeva due punti). Il presidente Farina mantenne così la promessa fatta ai tifosi a maggio dell’anno precedente: riportare subito in A la squadra con un gioco convincente e divertente.

Capitan Baresi vinse il Guerin d’Oro come miglior giocatore del campionato di B, e la squadra sfiorò anche la semifinale di Coppa Italia, negatagli in Zona Cesarini da una rete di Domenico Penzo in un Milan-Verona conclusosi 3-3 (all’andata, al Bentegodi, era finita 2-2).

La prestazione più bella di quell’annata secondo Castagner? “Quella contro la Lazio a San Siro. Trasformammo in goleada la partitissima della stagione. Quel Milan è stato capace di lasciare il segno attraverso il bel gioco”. I tifosi rappresentarono il valore aggiunto. Le presenze allo stadio toccarono quota 667 mila spettatori, con 4 miliardi e 835 milioni di lire di incassi totali. La risalita in A del Milan coincise con il rilancio della squadra, clamorosamente mancato due anni prima a cause delle divisioni societarie. Nel giugno 1983, Ilario Castagner ricondusse il diavolo a … riveder le stelle.

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Sergio Taccone

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