Sir Mohamed Muktar Jama Farah detto “Mo”, è l’atleta britannico più decorato della storia dei Giochi Olimpici dell’era moderna: tra i 5000 e i 10000m, nessuno come lui. Il suo palmares è sconfinato: 4 ori olimpici, 5 mondiali, 5 europei; detiene i record europei dei 1500m, 10000m e della mezza maratona, i record nazionali di 3000 e 5000m sia outdoor che indoor.
La sua storia inizia il 23 marzo 1983, quando nasce a Gebilay (Somalia) da un parto gemellare insieme al fratello Hassan. Mo non è un bambino particolare, non dimostra in età precoce le doti del corridore che sarà, né è particolarmente dotato a scuola, anche perché essendo affetto da dislessia molti dei compiti più banali gli risultano difficoltosi; ha però un rapporto molto stretto col fratello, al suo contrario più versato negli studi, e con lui vive intensamente i primi anni di crescita.
A otto anni la famiglia si trasferisce in Inghilterra, ma per un malessere fisico Hassan non poté affrontare il viaggio e rimase ospite di una famiglia a loro vicina. Quando il padre di Mohamed e Hassan tornò a Gibuti, dove i Farah si erano trasferiti prima di partire per il Regno Unito, la famiglia del temporaneo affidamento non c’era più e non aveva lasciato recapiti: passeranno dodici anni prima che i due fratelli si possano ritrovare.
Il trasferimento nel quartiere londinese di Shepherd’s Bush è sconvolgente: da un lato Mo è ignaro della portata del distacco del fratello, dall’altro si trova in un mondo completamente diverso da quello cui era abituato. Stupito del fatto che l’Olanda – dove avrebbe voluto ritrovare la nonna – non si trovasse in Inghilterra e che non bastasse prendere un treno per raggiungerla, Mo Farah ha sempre raccontato con passione piccole ma grandi scoperte come il gusto della cioccolata, o il dormire in stanze separate, o la possibilità di avere un gioco che non fosse una ruota sformata da spingere lungo una strada di terra battuta. Per lui, il ritorno del fratello avrebbe lenito ogni pena e amplificato il piacere di ogni novità, ma la ricerca infruttuosa del suo amatissimo gemello da parte del padre lo portò a imputare a questo la colpa di quella situazione. Di lì a poco i genitori avrebbero divorziato, e Mo dunque decide di stare con la madre e con la zia.
La vita va avanti, e il piccolo Farah viene notato nelle corse a scuola e gradualmente si approccia alle corse campestri: all’epoca il suo sogno sportivo era di giocare come ala destra nell’Arsenal. Deus ex machina della situazione è Sir Eddie Kulukundis, noto filantropo del teatro e dell’atletica, che si fa carico della pratica per la cittadinanza britannica del giovane corridore, per permettergli di gareggiare a livello internazionale senza problemi di visto.
Il 2001 è l’anno della prima svolta: vince i 5000m a Grosseto agli Europei Juniores, e inizia il suo percorso di atleta-studente al St Mary’s University College di Twickenham. Dopo qualche tempo, diventa un professionista a tempo pieno, e i progressi lo portano nel 2006 a segnare il secondo tempo nazionale di sempre nei 5000m e sulla stessa distanza vince l’argento ai Campionati Europei di Goteborg, per poi guadagnare l’oro negli Europei di Cross a San Giorgio su Legnano. Ai Giochi di Pechino 2008 non riesce ad entrare in finale.
Tra il 2008 e il 2011 avviene la sua progressiva crescita prima dell’esplosione definitiva. Inizia siglando record e vittorie indoor e outdoor, culminando la serie con la doppia prestazione agli Europei su pista di Barcellona 2010: oro nei 10000 (primo britannico di sempre) e nei 5000, uno dei soli cinque atleti europei ad esserci riusciti, tra cui nomi del calibro di Emil Zatopek nel 1958 e Salvatore Antibo nel 1990, e scende per primo sotto i 13 minuti, togliendo il record nazionale a Dave Moorcroft, ultimo non africano a detenere un record del mondo sulla distanza, che durava dal 1982.
Nel 2011 invece record nazionale e continentale dei 10000, record nazionale dei 5000 in Diamond League a Montecarlo, sull’americano Bernard Lagat. Ai mondiali di Daegu, in Corea del Sud, Farah inizia la scalata verso la Storia: argento nei 10000 e oro nei 5000.
I Giochi Olimpici di Londra 2012 sono il trionfo di Mo Farah: doppio campione olimpico per 5000 e 10000, nessun britannico prima di lui era riuscito in un’impresa di simile portata. Poi con la vittoria agli Europei di Helsinki arriva la nomina a Commander of the Order of the British Empire (Commendatore dell’Impero Britannico). Questa sarà da molti criticata poiché lo si voleva già Cavaliere, come sostenuto dal Ministro dello Sport dell’epoca Gerry Sutcliff.
Dal 2013 al 2016 è un susseguirsi di record e medaglie mondiali, ma il vero capolavoro il corridore anglo-somalo lo compie tra il 13 e il 20 agosto 2016, ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro: altro doppio oro su 10000 e 5000m, ma stavolta la vittoria dei 10000 è pura epica. L’amico e compagno di allenamento Galen Rupp accidentalmente lo fa cadere ai 4000m, ma Farah non cede e recupera arrivando a vincere staccando il keniota Paul Tanui dopo averlo superato a meno di 100 metri. Il rettilineo finale è una cavalcata perfetta in stile Mo Farah e l’arrivo con la coreografia suo marchio di fabbrica, il “Mobot”, è la coronazione di una carriera intera. È uno dei sei con Zatopek, Kuts, Viren, Yifter e Bekele ad aver conseguito il doppio oro olimpico, ma solo lui e il finlandese Viren hanno fatto il double-double. Un anno eccezionale, chiuso da imbattuto nei 3000, 5000 e 10000.
La storia sportiva di Mo Farah sembra scritta per essere perfetta, eppure non è certo stato tutto regalato. Mo, che è un musulmano praticante, ha sempre ricordato le sue origini umili e l’importanza del duro lavoro dietro alle sue vittorie: nessuna gara, nessuna prestazione gli è stata scontata, perché ormai da anni è lui l’uomo da battere, che fa più notizia quando perde che quando vince.
Prega sempre prima delle gare e fa risalire alla sua devozione l’aiuto per mantenersi saldo nella fatica delle dure pratiche di allenamento. Il ruolo di corridore più forte della Storia sulla media distanza è saldamente a suo nome, anche se le questioni di doping che hanno colpito il suo allenatore Alberto Salazar lo hanno scalfito: negli anni alcune gare sono terminate con un suo collasso dopo il traguardo e questo ha rinfocolato i dubbi portati in superficie da diverse indagini. Salazar è sotto osservazione dell’Usada, l’agenzia statunitese per il doping, e una recente inchiesta del Sunday Times ha sostenuto l’utilizzo scorretto di una sostanza comunque legale, la L-carnitina, somministrata però in sovradosaggio, come si legge da report trafugati dalla stessa agenzia ad opera degli hacker russi “Fancy Bears”.
Sono ormai anni che atleta e allenatore respingono ogni accusa, tanto che Mo decise di sostenere un esame del sangue pubblico nel 2015 per provare a chiunque il suo status di atleta pulito, dopo che nello stesso anno si ritirò da una gara in Diamond League poiché si sentiva “emotionally and physically drained”. Tuttavia, sopra a quelle che per ora sono solo insinuazioni Farah ha cercato di passare oltre con la classe, l’eleganza e la perseveranza che contraddistinguono il suo stile di corsa. Descritto come “rimbalzante”, le falcate ampie e cadenzate gli consentono di correre sempre con una magistrale sapienza tattica, sapendo di poter contare sia su un alto ritmo che su uno sprint finale unico nel suo genere. La sua intelligenza è inoltre dimostrata dal fatto che Mo è perfettamente in grado di alterare il suo stile nel correre diverse distanze. Mo Farah è l’uomo da battere.
Di fronte a un'ingiustizia che sa di sconfitta, Nibali ci insegna a perseverare nella pazienza. Invece della burrasca, il mare calmo, prima che il sole sorga.