Critica
25 Marzo 2023

Tanto va il nerd a largo che ci lascia la panchina

Ce lo vedete Nagelsmann con una Hofbräu in mano?

L’altra sera, mentre stavo vedendo (e compatendo) la nostra Italietta tenera come un grissino, liquidata senza neanche troppa fatica dalla Perfida Albione – finiamola con “la reazione/il dominio del secondo tempo“, che ha portato a numero tiri: uno –, e prima di assistere a quell’imbarazzante siparietto post-partita con il povero Retegui, nuova speranza nazionale, che non riusciva a capire la domanda in italiano dell’intervistatrice costringendola a passare allo spagnolo, ecco che improvvisa e inaspettata mi arriva un’ultima ora calcistica: “Julian Nagelsmann esonerato dal Bayern Monaco, al suo posto Thomas Tuchel”.

La prima cosa che ho fatto, aprire il frigo e stapparmi una bella bionda per festeggiare. La seconda, ripercorrere qualche passaggio che mi ero perso – devo essere onesto – negli ultimi giorni in Baviera, come il recentissimo proto-ammutinamento interno allo spogliatoio. Spulciando ho scoperto che nel Bayern Monaco c’era una talpa, colpevole di aver girato alcune foto alla Bild con le istruzione tattiche in vista della partita col Bochum, e che Nagelsmann – alla vigilia della gara con il Leverkusen – si era presentato davanti alle telecamere a dir poco turbato; accusando pubblicamente la talpa, chiedendosi come facesse quest’ultima “a guardarsi allo specchio” e dichiarando:

«Perché farlo? Non credo dietro ci sia un aspetto economico perché mi sembra difficile che la Bild paghi 500mila euro per queste informazioni. Se chi ha fatto questo gesto pensa di farmi male ok, ma sappia che sta danneggiando anche tutti i giocatori».

Quindi la sconfitta con il Leverkusen e il primato perso in Bundesliga a discapito del Borussia Dortmund, ma in generale un’atmosfera un po’ da idi di marzo (quello era il periodo, d’altronde) nello spogliatoio, in cui forse la congiura non era poi tanto isolata. Beh, che dirvi… alleluja!. A Monaco sono ancora vivi, non ci speravo più ormai. Chiaramente non è questione di risultati: la vetta in Bundes è distante solo un punto e il ruolino di marcia in Champions, con 8 vittorie su 8 partite, 21 gol segnati e solo 2 subiti (con avversari del calibro di PSG, Barcellona e Inter), è oggettivamente impressionante. Si tratta invece di gestione.



Inutile stare tanto a ripeterci: in certi ambienti – Juventus, Bayern, Real su tutti – non basta che un allenatore sia bravo, magari anche il più bravo; deve anzitutto sapersi calare nell’ambiente e gestire la squadra. Altrimenti finisce come tra Sarri e la Juventus (e anzi che ha vinto uno scudetto), con Cristiano Ronaldo che non si presenta alle esercitazioni tattiche e l’ammutinamento dei senatori. Come dire, ce lo vedete un De Zerbi che replica gli splendidi meccanismi del Brighton al Manchester United, o che va al Real e spiega a Benzema chi pressare o come muoversi?

Proprio come Nagelsmann che spiegava a Lewandowski i movimenti offensivi, provocando la reazione piccata del polacco in allenamento: “il record di gol l’ho fatto io, mica tu“. Come dargli torto. In certi ambienti regna la scuola ancelottiana: “lui sa cosa fare”, per citare lo stesso Carletto riferito a Benzema. Gli individui che vengono prima dei compiti, i campioni prima degli schemi. E per fortuna, almeno fino a quando non spariranno gli uomini dagli spogliatoi – manca poco, a occhio e croce – le cose stanno ancora così, e i nerd sono costretti ad attendere per la loro famelica rivincita (nella tattica) sulla vita.



L’esonero sarà stato uno shock per loro, che già da tempo avevano iniziato pratiche autoerotiche sul 3-2-5 di Julian Nagelsmann: il laptop trainer per eccellenza, “l’allenatore nerd” come lo definiva anche Sky Sport – e allora non diteci che siamo solo noi. Nagelsmann è uno di loro, un geniale sfigato che ce l’ha fatta, cresciuto a merendine e Football Manager, che sogna di telecomandare i calciatori in campo con degli auricolari e sveglia la moglie nel sonno urlando i nomi dei calciatori. Con i suoi 1000 schermi e tablet che verrrebbe voglia di lanciarglieli dalla finestra.

Insomma, il miglior rappresentante possibile che i maniaci della tattica (mai stati calciatori, così come Julian che non ha mai giocato una partita tra i professionisti) potessero sognare.

Talmente presuntuoso, per sua stessa ammissione, che si è dovuto rivolgere a un addestratore di cavalli (?) per sembrare più conciliante: «Tantissime volte, le persone mi hanno trovato estremamente arrogante. Per risolvere il problema ho pensato di rivolgermi a un addestratore di cavalli. Perché? Semplice: non sono creature che giudicano, reagiscono alla tua aura. Se entri in una stalla e i cavalli si allontanano da te, vuol dire che c’è qualcosa che devi cambiare nella tua postura, nel tuo atteggiamento. Evidentemente è vero che mi ponevo in maniera dominante, autoritaria, arrogante con chi interagiva con me». Mh, ok. A giudicare dagli sviluppi e dalla congiura, comunque, non sembra aver funzionato.

La verità, cari aspiranti scienziati, secchioni calcistici che durante l’ora di educazione fisica restavate in classe a studiare, è che a Monaco storicamente – anche negli ultimi anni – hanno sempre stravinto i gestori: Jupp Heynckes il cui Bayern, tedeschissimo, era quasi inquietante nel suo dominio, e Hans-Dieter Flick, risorsa interna subentrata al croato Kovac che aveva anch’esso rotto con lo spogliatoio. Pure uno come Guardiola, qui, era stato rigettato come corpo estraneo, raccogliendo sì qualche Bundes ma portando anche a profondi malumori ambientali.



Pep che ora si ritroverà di fronte, tra poco più di una settimana, Thomas Tuchel: lo stesso che lo aveva sconfitto e incartato nella finale di Champions 2021, con il Chelsea del tedesco compattissimo e letale in ripartenza. Forse forse, il professor Pep avrebbe preferito l’allievo Nagelsmann all’indipendente Tuchel, tecnico eclettico e con già alle spalle panchine e vittorie pesanti. Ma questo, naturalmente, lo scopriremo solo vedendo.

Nel frattempo però, nel progressivo sradicamento che sta investendo un po’ tutti e tutti, e che come diceva un grande tifoso del Bayern Monaco, Martin Heidegger, è ormai “destino mondiale”, fino a non far sentire più nessuno a casa, il Bayern ha reagito a suo modo, con le sue logiche insondabili ma ricorrenti. Mangiandosi l’allenatore, quando diventa troppo ingombrante. Così in molti si sono interrogati sulle “vere ragioni” dell’esonero, tra gli strascichi delle rotture con Neuer e Lewandowski, le insofferenze dei senatori per le metodologie d’allenamento e le resistenze etico-ambientali.

Di certo da quelle parti, amava ripeterlo lo stesso Nagelsmann, regna il motto “Mia san mia”: noi siamo noi, da sempre. Ontologicamente differenti. Sarà per questo che non si ricordano rivoluzionari di successo, in quella terra storicamente conservatrice e cattolica che è la Baviera. Una terra di tradizione, che a dei giovani biondi con cento laptop, per quanto geniali, preferirà sempre delle vecchie bionde in un bel boccale. D’altronde, lo avete mai visto Nagelsmann con una Hofbräu in mano?

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