Cultura
15 Ottobre 2021

Un pallanuotista con la cinepresa

Nanni Moretti: regista, pallanuotista e calciofilo.

Il cinema di Nanni Moretti (di recente in sala con l’ultima fatica, Tre Piani) è sempre stato attraversato e segnato da continui mutamenti, che hanno metaforicamente rappresentato e accompagnato le varie fasi della scena politica del Belpaese (in particolar modo della sinistra storica nostrana, di cui Moretti ha sempre fatto parte).

Dagli esordi negli anni Settanta con Io sono un autarchico ed Ecce Bombo, che offrivano ritratti ironici e malinconici di una generazione post-sessantotto incapace di comprendere realmente i cambiamenti sociali del tempo, sino alla grottesca rivisitazione del cinema di genere con Bianca (azzeccata fusione tra giallo, commedia e romance), per poi cambiare totalmente registro negli anni Novanta, con Caro Diario ed Aprile, pellicole semi-autobiografiche, narrate sotto forma di diario-confessionale con stile documentaristico, in cui il nostro mette a nudo i propri turbamenti (il tumore raccontato nel terzo episodio di “Caro Diario”, la nascita del figlio in “Aprile”), accompagnati dagli sconvolgimenti politici del periodo (la discesa in campo di Berlusconi sempre in “Aprile”).

Nell’ultimo decennio il cinema morettiano si è concentrato sulla messa in scena di drammi familiari, intimi e sofferti (La stanza del figlio, Mia Madre), senza rinunciare ad affrontare la spinosa situazione politica italiana (Il Caimano, dove ancora una volta il regista romano si confronta con l’ingombrante figura di Berlusconi).

Caimano Moretti film Orlando
Una scena da “Il Caimano”, con il grande Silvio Orlando

Ma se il suo cinema si è sempre reinventato, ci sono invece due costanti che nella sfera artistica e personale del nostro non potranno mai cambiare, ovvero il rapporto speciale e sentito con due sport come la pallanuoto e il calcio. Due discipline amate così tanto dal regista di Brunico da essere sinceramente omaggiate in molte delle sue pellicole. La pallanuoto tra i due è quella che più ha segnato la vita di Nanni, tanto che da giovane era nettamente più propenso ad intraprendere una carriera in vasca piuttosto che su un set cinematografico, riuscendo ad esordire in Serie A con la sezione pallanuoto della Lazio a soli 17 anni, nel 1970, e strappando, sempre nello stesso anno, una convocazione con la Nazionale giovanile per il Torneo Sei Nazioni tenutosi a Belgrado:

«in vasca mostrava una grande intelligenza e sarebbe diventato un campione vero se solo lo avesse voluto», racconta Pierluigi Formiconi, all’epoca compagno di squadra di Nanni in quella giovane Nazionale e futuro allenatore.

Gazzetta dello Sport, 22 maggio 2001

Moretti, ironia della sorte, giocava come regista, e pur dotato di un fisico non eccelso riusciva comunque a cavarsela egregiamente con la sua grande intelligenza tattica. Pur optando alla fine per la via che portava alla Settima Arte, Moretti non dimenticherà mai quella passione giovanile che poteva avviarlo ad un grande futuro agonistico. Oltre a seguire spesso vari match importanti dalla tribuna dei palazzetti (come le due finali-scudetto tra Roma e Posillipo del 1995 e del 1999), metterà la pallanuoto al centro della scena in uno dei suoi film più celebri, Palombella Rossa (1989), in cui, nei panni del consolidato alter-ego Michele Apicella (qui alla sua ultima simbolica apparizione, dopo essere comparso praticamente in ogni sua pellicola) torna dopo quasi vent’anni dentro una piscina.

Per l’occasione Moretti/Apicella si cala nei panni di un deputato del Partito Comunista Italiano che gioca come pallanuotista (la passione politica e quella sportiva che si intrecciano), vittima di un incidente stradale il giorno prima del match scudetto decisivo tra il suo Monteverde e l’Acireale, che si giocherà in trasferta dai siciliani.

Al di là delle chiare metafore sulla perdita di memoria di Michele che, ovviamente, si intreccia con la fase di disorientamento e confusione della sinistra italiana del tempo (pochi mesi dopo l’uscita del film sarebbe crollato il muro di Berlino, e solo due anni dopo il PCI si sarebbe sciolto), è il ruolo del tanto amato sport acquatico ad essere fondamentale: Michele, infatti, riuscirà piano piano a ricomporre gli instabili pezzi della sua mente nella piscina, parlando continuamente con i compagni di squadra nel tentativo di completare il puzzle della sua vita passata e presente, mentre nello stesso momento si impegna a trascinare il Monteverde alla vittoria dell’agognato titolo.

Dopo aver chiuso i tre tempi sul 9 a 2, nell’ultimo quarto i ragazzi del Monteverde riusciranno a segnare ben 6 gol, con Moretti/Apicella protagonista di un rigore all’ultimo minuto, sbagliato, che consegnerà il titolo ai siciliani. La direzione del tiro è un’efficace metafora politica: all’ultimo momento Apicella sceglie la sinistra anziché la destra, in una sorta di profetico segno di resa dei comunisti italiani che si sarebbe consumato di lì a poco.

Mai lo sport era stato trattato nel cinema italiano in un modo così “elevato” (in una commedia per giunta), facendolo assurgere a brillante metafora di un’epoca destinata a cambiare l’intera storia politica nazionale ed internazionale: tutto questo fa di “Palombella Rossa” un capolavoro.

Le parole sono importanti

Pur avendo avuto un ruolo secondario nella sua vita privata, a differenza dello sport acquatico, anche il calcio è una grande passione del regista, che non ha mai perso l’occasione per omaggiarlo in molte pellicole: in “Io sono un autarchico” (1976), suo debutto al cinema, Moretti/Apicella durante una camminata in montagna con la sua compagnia teatrale incontra un tifoso della Roma con tanto di bandiera giallorossa e, realizzando che quel giorno c’è il derby, impazzisce e tenta di scappare per andare a vedere la partita.

Nel successivo “Ecce Bombo” (1978) viene citata la Grande Inter degli anni 60, in un’esilarante scena in cui i nomi dei calciatori nerazzurri vengono citati dalla compagnia di amici di Michele Apicella/Nanni, che si preparano all’esame di maturità, al posto dei presidenti della Repubblica. In “Bianca” (1984) addirittura la foto del leggendario Dino Zoff viene sostituita, nella classe di una scuola surreale denominata “Marylin Monroe” (!), a quella dell’allora capo dello Stato in carica Sandro Pertini (!).

Molto più significativa però, come vero e proprio atto d’amore alla bellezza del gioco del pallone, è la scena del “palleggio solitario” nel fango in “Caro Diario” (1993): qui Nanni, nei panni di se stesso, mentre passeggia lungo la costa dell’isola di Salina, si ritrova per caso in un campo da gioco completamente infangato, con le porte senza reti, ed un pallone abbandonato. Senza neppure pensarci due volte, quasi seguendo un istinto infantile risvegliatosi di colpo, si mette a palleggiare, con la regia del film che nel frattempo si allontana dal personaggio e va sempre più in alto, fino ad inquadrare l’intero campo da gioco. Il calcio, nella sua forma più pura di gioco, come momentanea salvezza dai problemi esterni, gioia assolutamente irrinunciabile quando si (ri)presenta in qualsiasi forma e ci fa tornare improvvisamente nella gioventù che si credeva persa.

Il calcio come salvezza momentanea

Nonostante ai tempi da pallanuotista giocasse per la Polisportiva Lazio, Moretti, anche qui ironia della sorte, è sempre stato tifosissimo della Roma, presenziando molto spesso alle partite e portando vari dolci (altra grande passione del nostro) da lui personalmente preparati: «Una volta per una gara di Coppa Uefa portai un vassoio di pasticcini mignon e li offrii ai miei vicini di gradinata», dichiara intervistato da “Il Romanista” di quattro anni fa (novembre 2017). Nella stessa intervista una breve ma netta considerazione sul calcio moderno:

«Ora il mondo del calcio mi piace molto meno. Mi piace la partita, tutto il resto no».

E come dargli torto. Meglio pensare al puro piacere dato dall’atto del gioco, evitando di concentrarsi sulla cornice che lo avvolge tra debiti, corruzione, procuratori. Al Festival di Cannes, durante la presentazione di “Tre Piani”, si è lasciato anche andare ad una battuta sulla Nazionale italiana di Mancini, che esattamente lo stesso giorno (era infatti l’11 luglio) avrebbe poi vinto gli Europei: «È una squadra senza divi […]. Io sono per il divismo intendiamoci, ma una squadra senza divi penso sia una cosa sana». Chissà magari i ragazzi di Mancini, visto che piacciono così tanto a Nanni, potrebbero presto essere omaggiati nel suo prossimo film.

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