La differenza tra Napoli e Real è stata nei dettagli.
Leggere Napoli vs Real Madrid di ieri sera è più semplice di quanto il punteggio (2-3) faccia supporre: il Napoli non solo ha giocato una grande partita ma, per larghi tratti della stessa, ha persino dominato gli avversari – pensiamo soprattutto all’inizio e alla fine del secondo tempo. Che cosa significa, però, “dominare” il Real? In realtà non significa nulla, perché è impossibile dominarlo del tutto. Se ‘dominio’ è un termine assoluto, il Real Madrid non può esserne soggetto mai.
Ecco allora che nel momento migliore dei partenopei, dopo la rete di Ostigaard da corner – e la svolazzata tutt’altro che galactica di Kepa su Natan poco prima –, Di Lorenzo pecca di hybris concedendo a Bellingham (uno che «vede il gioco», cit. Capello) un pallone scoperto sulla trequarti, che il centrocampista inglese serve a Vinicius Junior per l’esito già scritto al primo tocco d’esterno destro. Aiutato da un Napoli passivo e leggero (malino Anguissa, male Natan e Ostigard), nei minuti che seguono il Real Madrid mette in campo quella metafisica blanca della quale non ci stancheremo mai di parlare, come ad Eleusi non si sarebbero mai sognati di interrompere il culto misterico se quella stessa civiltà da cui era scaturito non si fosse sgretolata.
È un mistero, in effetti, questo strapotere tecnico del Real Madrid. È indubbio che i suoi calciatori siano forti, ma qui non si parla solo di questo: si parla piuttosto di una serenità inspiegabile nelle giocate e nei momenti più difficili della partita. Anche perché dietro (e parliamo di fase difensiva più che di singoli) il Real quest’anno sembra meno solido del passato.
In uno stadio così, giocare come ha fatto ieri Bellingham (di anni 20) è un mistero. È un mistero quell’interno mancino col quale ha mandato al bar Ostigard per poi segnare il gol del 2-1 (l’ottavo in nove partite, oltre a tre assist). È un mistero il calcio di Valverde, che al posto delle ossa sembra avere due pilastri di gomma, come Rufy di One Piece. È un mistero, infine, come in una partita giocata ottimamente dal Napoli, al Real Madrid siano bastati pochi minuti per indirizzare la partita dalla sua parte.
Davvero c’era l’impressione, in più fasi della stessa, che il Napoli potesse far male ai galacticos. Rigore – molto generoso – permettendo, il Napoli il gol del pari lo avrebbe fatto lo stesso e solo Rudiger, lì dietro, è sembrato un difensore all’altezza della maglia indossata (persino Camavinga ci è parso fragilissimo contro Politano). Al contempo, pure senza lo sfortunato intervento di Meret sulla sassata (109 km/h) di Valverde, siamo altrettanto certi del fatto che il Real il modo per fare il 2-3 lo avrebbe trovato. C’è qualcosa in questa squadra che non muore mai: è come un fuoco che sopravvive all’incedere del tempo. Contro una cosa di questo tipo, che è ben al di là del calcio, non c’è controffensiva che tenga. Onore al Napoli, dunque, per averci illuso che così potesse essere.