La Red Bull e il calcio, un rapporto complicato (almeno per noi tifosi).
Immaginate di aprire gli occhi una mattina qualsiasi con il pensiero già rivolto alla vostra squadra del cuore, venendo poi a sapere di una multinazionale in trattativa per il suo acquisto. Quando il passaggio di società si concretizza, nel vostro ingenuo, ma allo stesso tempo ineguagliabile per fede, animo di tifoso, si accendono sogni di gloria, di trofei e notti europee, suggestionate dai capitali disposti dalla ventura proprietà. A questo punto però, immaginate che la multinazionale decida di cambiare nome, stemma, colori sociali e magari perfino sede del club, club che è stato e sarà, tra gioie e dolori, una delle poche certezze della vostra esistenza. Ecco, l’esercizio di immaginazione è concluso, almeno per voi. Nel 2005 infatti, questo distopico scenario ha rappresentato l’incubo vissuto dai tifosi dell’Austria Salisburgo, depredati della loro storia dalla Red Bull, e costretti a ripartire dall’ottava serie. Senza una lira o quasi, ma con orgoglio e dignità, impagabili come i sentimenti autentici.
Nel 2009, in Sassonia, i sostenitori della Dynamo Dresda e del Sachsen sono riusciti a scongiurare la medesima minaccia, ma nulla ha impedito al Toro Rosso di acquisire l’SSV Markranstadt, compagine di un paesino di 15000 anime alle porte di Lipsia, trasferendolo poi in città dove è diventato “RB Leipzig”, alla faccia degli originali appassionati bianco-azzurri. Sulle nostre colonne digitali avevamo già sviscerato il marciume del “Modello Red Bull” un anno e mezzo fa, ma il cammino in Europa League dei “gemellini” ci ha fatto tornare il voltastomaco. Dall’oratorio alla squadra di quartiere, fino al club cittadino e alla selezione nazionale, il pallone ha l’onore e l’onere di rappresentare storie, tradizioni e culture di ogni comunità che si stringe attorno ai suoi undici giocatori. Non sventoleremo mai la bandiera di abomini senza radici e principi. La patetica connivenza della Uefa, ormai emblema di rara ipocrisia, ha permesso alle compagini “RB” di partecipare allo stesso torneo, con la possibilità perfino di incontrarsi, in una partita che sarebbe priva di qualsiasi ragion d’essere. Dal canto nostro, ci auguriamo che questo rischio venga scongiurato e che BVB e Zenit facciano il loro dovere senza pietà. Scheiss RB!