L'automobilismo siciliano perde il suo simbolo.
L’automobilismo mondiale ha perso un illustre interprete e l’automobilismo siciliano il suo simbolo, il suo profeta. Pensare a Nino Vaccarella è vedere una fotografia di un mondo ruggente che semplicemente non esiste più, un tassello di quel puzzle che sta diventando storia. Nino Vaccarella è stato un uomo che ha vissuto un’epopea, quella della sua vita legata a doppio filo con quella del motorsport.
“Sono contento perché ho vissuto gli anni più belli dell’automobilismo ed ho avuto la fortuna di sopravvivere ad un’epoca tragica e pericolosa, nella quale ho visto morire, in maniera atroce, tanti compagni ed amici, come ad esempio Lorenzo Bandini e Ludovico Scarfiotti. Ecco, la mia più bella vittoria è questa: essere sopravvissuto e poter oggi raccontare quei tempi.”
Riguardando i filmati di quelle corse, di quando negli anni ’60 si percorrevano i 72 km della Targa Florio in mezzo a centinaia di migliaia di tifosi assiepati dentro la strada e in mezzo alle case, distribuiti nei borghi tra le tribune di Cerda e Collesano, i murales con le scritte “W la Ferrari”, vengono i brividi. Gli annunci per le piazze, le famiglie invitate a legare i cani e a tenere per mano i bambini perchè “arrivavano le corse”.
“Chi muore, muore per colpa sua!” – recitavano i manifesti, quanta epica si è perduta nel tempo?
In quel tempo Nino, suo nome proprio non un soprannome, è stato protagonista assoluto: lui, laureato in Giurisprudenza che dopo il lutto per la scomparsa prematura del padre divenne capo dell’Istituto Tecnico Commerciale Oriani privato, di proprietà della sua famiglia, un avvocato divenuto preside scolastico – ambienti molto distante dai box che puzzano di benzina bruciata – non perse mai la passione nata in via Libertà a Palermo, dove Ascari e le auto del Giro di Sicilia lo ispirarono fin da bambino. La Targa è già un mito quando nel 1958 il giovane “Ninni” debutta quasi per gioco. E due anni dopo, quando di fronte a gente del calibro di Graham Hill, rischiò di vincerla, inizia l’amore straordinario con il popolo siciliano. Vaccarella diventa un idolo:
“Tra i miei numerosi ricordi riguardanti la Targa Florio, uno dei più significativi è quello relativo ad una mia visita a Collesano, paese Madonita attraversato dalla famosa corsa, che dopo la mia vittoria del 1965 mi aveva conferito la cittadinanza ordinaria. Giunto in paese venni accolto da una folla impressionante che volle tributarmi applausi ed ovazioni e, con mia sorpresa, alzato sulle spalle dei più appassionati sostenitori e portato in trionfo lungo il percorso che conduceva in Comune. Sulla stessa strada era in corso la processione della Madonna, molto venerata dai Collesanesi, che per consentire il passaggio del corteo festante venne temporaneamente interrotta. Naturalmente anche se commosso di fronte a tanta affettuosa accoglienza restavo molto imbarazzato per la sospensione della Processione e nonostante i miei inviti a rimettermi a terra i Collesanesi continuarono ancora, per un buon tratto di strada, a tenermi sulle loro spalle tra gli applausi della folla.”
‘A Cursa è tutto in quella terra, essere il pilota più veloce significa essere un eroe. Ma Nino non voleva essere definito il pilota della Targa Florio, troppo riduttivo: 24 ore di Le Mans nel ’64, 12 ore di Sebring, 1000 km del Nurburgring, e poi Spa, Monza, Mugello, Imola, la Formula 1 con Ferrari a Monza e Daytona, vinse a suo modo tutte le sfide. E poi Maserati, Alfa Romeo, Ferrari, Matra, Ford GT40, De Tomaso, Lotus, Climax, Porsche, dalla Fiat 1100 di famiglia preparata in casa all’Alfa Romeo 33T12, una epopea straordinaria di corse e di capolavori automobilistici.
Con il Conte Giovanni Volpi, proprietario della Scuderia Serenissima, disquisiva spesso sul suo essere pilota e professore, e soprattutto sul rapporto tra talento e insegnamento:
“Credo che piloti, o chirurghi, o pittori di un certo livello si nasce. La scuola non ha niente a che vedere con queste cose.”
A tutto gas verso le Madonie del Cielo, Preside volante.