Papelitos
10 Giugno 2021

La banalità ha (sopran)nomi e cognomi

Dal Gallo a Supermario, da Ivan il Terribile a Lorenzo il Magnifico.

Non se ne può più di tante cose, e tra le più facete, ossia fra le meno importanti nella vita, spicca la telecronaca delle partite di calcio. Sembra esserci una febbre che impoverisce la fantasia e la proprietà lessicale dei giornalisti, manifesta in tutto il suo disturbo nell’uso anzi nell’abuso del chiamare i calciatori con i loro nomignoli. Spessissimo. L’apice di questo è nella rappresentazione di Andrea Belotti, ormai incatenato a una specie di allegoria a cui il giocatore stesso diede inizio, facendo a ogni sua marcatura il gesto della cresta di un gallinaceo. Da allora, e siamo ai tempi del Palermo, quindi a momenti un decennio fa, il centravanti della Nazionale è per tutti, forse pure per sua madre, Ilgallo Belotti. Tutto attaccato. Tutto insopportabilmente attaccato.

Non c’è telecronaca o commento tecnico che smetta di ricordarci che Belotti è Ilgallo, a volte Ilgallo e basta.

Esempi sparsi: «Passaggio filtrante a cercare Ilgallo» o «Va sul dischetto Ilgallo» e basta così, perché altrimenti ci prende l’aviaria. I peggiori (o i migliori, se siete ghiotti frequentatori di KFC) abbiamo notato che sono due, equamente uno per rete televisiva: Alberto Rimedio di RAI Sport e Antonio Nucera di Sky. Quest’ultimo, non una delle primissime voci e per questo messo a descrivere le azioni del Torino, sfiora il 100% nel rapporto appellativo-cronaca, e appunto perché avvezzo a seguire i granata gli si potrebbe concedere la confidenzialità del soprannome se ogni tanto lo chiamasse Andrea, o semplicemente Belotti. Macché.


Per Rimedio il discorso è diverso. Lui è stato eletto – aspettiamo un’epifania per capire il perché – voce di accompagno degli azzurri, e ha preso talmente in lettera il compito che riesce a produrre un flusso di parole senza soluzione di continuità, dall’ingresso delle squadre in campo al passaggio definitivo della linea allo studio (dove finalmente noi sospiriamo) ovvero sta sempre a parlare, una logorrea che neppure un’allegra comare di Windsor. È capace di fare la telecronaca di sé stesso che fa la telecronaca: il metatelecronista. Così “Ilgallo Belotti” finisce in un torrente di sillabe, si riduce a una sequenza ripetuta nel DNA, insomma scegliete voi l’immagine che più aderisce a questo assillo.

Ma a monte della questione sta l’assoluto impoverimento formale e lessicale del racconto del calcio in televisione.

Vogliamo giusto accennare altri aspetti pure venuti a noia come il tifo sguaiato sulla base del numero di appassionati di una squadra o dell’altra in potenziale collegamento (si ascolti l’urlo alla rete di Rrahmani e il quasi sussurro a quella di Faraoni nell’ultimo Napoli-Verona, su Sky) e il bisogno di dire che qualsiasi cosa si veda sia eccezionale e straordinaria: entrambe code della riduzione del calcio a merce che quella rete ci fa la meraviglia di vendere – un prodotto eccezionale e straordinario, continuate ad abbonarvi! – sicché, per un Sandro Viola o un Gianni Brera di una volta, maestro di spiritosaggine il primo e di mitopoiesi adattata al pallone il secondo, si è arrivati al Maurizio Compagnoni de «Il San Paolo è una bolgia!» durante una rimessa laterale di Hysaj e al Daniele Adani della “garra charrua” spolmonata per una inzuccata di Vecino, effimera a classifica finale fatta.

Niente più “Abatino” (Gianni Rivera) o “Rombo di tuono” (Gigi Riva). E se oggi un De Laurentiis diviene ADL, almeno una volta Berlusconi era “Il Cavaliere” – soprannome sempre coniato da Gianni Brera.


Della povertà nell’immaginazione, dicevamo. Nessuno che in quindici anni sia riuscito a trovare un appellativo degno ad Antonio Cassano, che al massimo è stato Fantantonio, quindi praticamente un personaggio della Melevisione. Poi la sfilza di soprannomi prestati dalla storiografia: sei Insigne e ti chiami Lorenzo? Allora sei “il Magnifico”. Perisic di nome come fa, Ivan? È anche slavo, quindi sarà certamente “il Terribile”, e ancora Adriano “l’Imperatore”, ed El Shaarawy che, essendo nato a Savona, è “il Faraone”. Quindi un evergreen dall’immaginario ludico: Balotelli Mario? “Supermario”, come già Mario Monti e Mario Draghi. Da strozzarsi.

Resta poi insoluta la ragione della familiarità con cui si rivolgono a Gianluigi Donnarumma usando il nomignolo di Gigio.

Il portiere pare a volte e giustamente non gradire, non essendo lui un topo antropomorfo. Eppure quelle due sillabe, gi-gio, sembrano dare al parlante una bella compiacenza. Ci ricordano quelli che ti incontrano per strada e salutano offrendoti il gomito, e li vedi sorridere al gesto ma dagli occhi, perché la bocca è nascosta da due mascherine. Su questa arrogata confidenza Alberico Evani ci fece il titolo della sua autobiografia: “Non chiamatemi Bubu”. Evidentemente, invano.

A bene sentire, soltanto la radio (RAI) riesce a salvare la dignità del racconto calcistico: qualche licenza e poche parzialità se non di patria, soprannomi q.b. e zero protagonismi. Che sia per la mancanza di immagini o perché il radiocronista tende all’umiltà più di un collega della televisione (questione di messa in piega) chissà, fatto è che Tutto il calcio minuto per minuto è a nostro avviso la sola riserva di piacere in questa disciplina sempre più offesa, depressa da Superleghe e procure varie.


E si veda infatti come il cosiddetto “spezzatino”, ultimo piatto nel menù dello scempio, ci vada a togliere questo residuo piacere. Alfredo Provenzali, classe 1934, dieci anni fa aprì interrogandosi sul futuro della trasmissione con due versi di Trenet: «Que reste-t-il de nos amours, que reste-t-il des ces beaux jours». Bando alla nostalgia, d’accordo, ma anche alle menzogne. Pizzul, ci manchi.

Ti potrebbe interessare

Bidon, o un sorso di buon ciclismo
Altri Sport
Davide Bernardini
27 Aprile 2018

Bidon, o un sorso di buon ciclismo

Intervista alla redazione di ciclismo con poche news e nessuna classifica, senza ricerca del virale né richiamo dell’hype. "Un posto per storie e visioni, per raccontare di biciclette senza scadenze fisse, ma soltanto quando vien voglia di un sorso fresco. Per la sete, o anche solo per il gusto".
Corso di formazione in giornalismo sportivo
Altro
La Redazione
10 Gennaio 2022

Corso di formazione in giornalismo sportivo

Insegui i tuoi sogni, unisciti a noi!
La mosca rituale
Ultra
Emanuele Meschini
03 Aprile 2024

La mosca rituale

Maurizio Mosca performer del calcio.
Mamma Italia
Podcast
La Redazione
15 Ottobre 2023

Mamma Italia

Un podcast con Bruno Pizzul.
Manlio Cancogni, il romanziere che scelse Zeman
Cultura
Gabriele Fredianelli
01 Settembre 2022

Manlio Cancogni, il romanziere che scelse Zeman

Amare lo sport, quando culturalmente non pagava.