Le nuove regole IFAB uccidono un ruolo epico.
Il VAR, il tempo effettivo, il fuorigioco semiautomatico, il pallone ricaricabile, infine le nuove regole IFAB [1] che verranno introdotte dalla stagione 2023/24 e che recidono chirurgicamente il ruolo dei portieri sui calci di rigore: sono le nuove regole, per dirla meglio i nuovi termini del regolamento di un gioco fu spontaneo, genuino e istintivo. Che cosa ci dicono queste regole? Tutte, inderogabilmente, raccontano – come direbbe Papa Francesco – «non un un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca», paranoica in quanto calcolatrice.
Di nuovo, anche se siamo stanchi di ripeterci a questo punto del dibattito: il problema non è sulle conseguenze ma sui fondamenti di queste regole. Che cosa rappresentano? L’ansia tutta post-moderna di controllare il caos, di governarlo a priori – in una parola, di rendere non l’umano a misura della tecnologia, ma la tecnologia umana (IA). Dove stiamo andando, a livello calcistico? Ma la domanda è posta male: da dove ce ne stiamo andando, a livello calcistico? Ecco, il calcio è uno sport tra uomini. O meglio, dovrebbe esserlo. E che cos’è l’uomo, se non fallibilità, astuzia, caduta, potenza e vulnerabilità? Non si rischia, forse, con tutti questi cambiamenti, di stravolgere lo sport trasformandolo in qualcosa che non ha niente a che fare con esso?
Nel caso specifico e a proposito delle nuove regole IFAB sui portieri, perché a questo punto non sostituiamo l’estremo difensore, durante i penalty, con un robot di ultima generazione?
«Nuove regole IFAB per i rigori nel 2026: i portieri dovranno essere di spalle al momento del tiro. In caso di parata, verrà fischiato un calcio di punizione indiretto».
Mike Maignan, 26.03.2023 / Twitter
Tra le nuove scintillanti regole – perlopiù chiarificazioni alla Don Abbondio sul regolamento vigente – espresse dall’IFAB, Mike Maignan (numero uno in tutti i sensi) si riferisce evidentemente a quella che recita: «Calcio di rigore: il portiere deve rimanere sulla linea di porta, di fronte al calciatore, tra i pali, senza toccare i pali, la traversa o la porta, fino a quando il pallone non è stato calciato. Il portiere non deve comportarsi in modo da distrarre ingiustamente il calciatore, ad es. ritardare l’esecuzione del tiro o toccare i pali, la traversa o la porta. Il portiere non deve comportarsi in modo da non mostrare rispetto per il gioco e per l’avversario, cioè distraendo ingiustamente il calciatore».
Complimenti, davvero. Era difficile rovinare uno degli ultimi momenti di puro futbol: l’IFAB ci è riuscito. Chissà cosa ne pensa Jorge Valdano, che ne Il sogno di Futbolandia, p. 144, scriveva: «Un rigore ha bisogno di tutti gli ingredienti che compongono il calcio (campo, pallone, porta, giocatori, arbitro), tuttavia le sue leggi non sono quelle del gioco. È un’azione primaria che non esprime ma semmai mutila il calcio e che, ciò malgrado, non riduce ma concentra le emozioni. La lotta fra comunità si trasforma in un combattimento a due. Uno contro uno. Il duello». Povero scemo romanticone di un Valdano, ma chi ti credi di essere?! Tu e la tua poesia del gioco. Il gioco è calcolo, giustizia, studio, praticamente una partita a scacchi.
Ce lo vedete voi Emiliano Dibu Martinez rimanere impassibile sulla linea di porta, eventualmente stando zitto come una mosca nella dolce attesa di subire gol – per un portiere, l’equivalente di una prima morte ripetuta nel tempo. Che fine fa, con queste nuove regole, il dramma (insieme individuale e comunitario) della lotteria – termine che andrà rivisto, evidentemente – dei calci di rigore? Undici metri, insieme nascita e patibolo a seconda dello sguardo di chi li vive, che con queste nuove regole diventano se vogliamo cinque, al massimo sei passi da un esito praticamente certo.
È evidente a chiunque, infatti – o perlomeno a chi ha giocato a pallone –, che tirare un rigore non sia difficile da un punto di vista tecnico, ma unicamente (o quasi) psicologico. Pensate solo ai tre rigori parati da Silvestri a Ibrahimovic, alle frasi pronunciate dal Dibu in semifinale contro la Colombia a Yerry Mina, più in generale ai vecchi e santi trucchi del mestiere di portiere, vittima innocente fino a prova (e soluzione) contraria. Chi fa il portiere è pazzo: criminale e diabolico chi vuole distruggerne l’epica.
[1] L’IFAB è l’organo internazionale preposto a decidere le regole del calcio. Verrebbe quasi da chiedersi: sulla base di cosa? Chi e come interviene sul regolamento?