«Lottare è ciò che sappiamo fare meglio». Così viene definito il popolo asturiano da un tifoso dello Sporting. Oviedo-Gijòn. Lottare e resistere. Il Principato delle Asturie è infatti la regione che, soprattutto grazie al suo inospitale paesaggio montuoso, resistette più di ogni altra all’invasione araba del secolo VIII, divenendo poi la roccaforte cristiana da cui partì il processo di Reconquista della penisola iberica.
Prima ancora, gli abitanti di quelle zone diedero del filo da torcere a Romani e Barbari. Alla capacità di lotta e resistenza delle Asturie va indubbiamente ricondotta una forte unità d’intenti delle popolazioni locali, da sempre decise a impedire l’invasione nemica nel proprio territorio.
Ma quando si tratta di calcio, tutto cambia. Tradizionalmente Gijón è la città della working class, composta in prevalenza da minatori e pescatori. Al contrario, Oviedo è la città della società elegante.
Contrariamente a quanto racconta la storia di questo Principato, comunità autonoma istituita ufficialmente nel 1982, ai giorni nostri l’unione popolare dei suoi abitanti risulta ben più frammentata. L’acrimonia maggiore è quella consolidatasi tra le due città principali: Oviedo, la capitale, e Gijón, la città più popolata (quasi 300 mila abitanti sul totale di poco più di un milione dell’intero territorio). Nonostante le due città distino solamente 30 km, le differenze a livello economico, culturale e paesaggistico sono notevoli.
Entrambe sono fiere di ciò che hanno in comune, come la cultura gastronomica – contraddistinta dalla fabada (stufato di fagioli e salsiccia di maiale) e dalla sidra (la bevanda diffusa in tutta la regione) – e soprattutto tutti sono orgogliosi di essere asturiani. Ma quando si tratta di calcio, tutto cambia. Tradizionalmente Gijón è la città della working class, composta in prevalenza da minatori e pescatori. Al contrario, Oviedo è la città della società elegante. Sede dell’Università, inaugurata nel 1608, del teatro dell’opera e degli eventi culturali in generale. Una divisione sociale che si riassume nei rispettivi appellativi: Capital (Oviedo) e Sucursal (Gijón).
Le due città, così diverse tra loro, hanno però un denominatore comune: il calcio è lo sport per antonomasia e la passione per il proprio club è viscerale. Le due compagini – Real Oviedo, 1926, e Real Sporting de Gijón, 1905 – sono più di un’istituzione nelle rispettive città. Le due squadre costituiscono parte integrante della comunità e rappresentano la massima espressione di appartenenza per i loro abitanti.
«Ganar no es todo», afferma un tifoso del Real Oviedo. Dunque in terra asturiana vincere non è l’unica cosa che conta. Ma la sottintesa consapevolezza che la propria squadra non arriverà mai ai vertici del calcio non è un buon motivo per demordere. Anzi, è una questione del tutto irrilevante.
Uno dei periodi più floridi del Carbayón, nome della squadra e della popolazione di Oviedo, risale infatti a oltre 80 anni fa, negli anni ’30, segnati dal terzo posto raggiunto nelle stagioni ’34/’35 e ’35/’36 grazie soprattutto al giocatore probabilmente più rappresentativo della storia ovetense, Isidro Lángara.
L’attaccante di origini basche assurse immediatamente agli onori della cronaca per via dei moltissimi gol segnati. Fu infatti Pichichi della Liga per ben tre anni di seguito e riuscì nell’impresa di segnare 281 gol in otto stagioni con gli Azules. Ma nel 1936 scoppiò la guerra civile spagnola, e tra le atroci conseguenze vi fu anche la sospensione del campionato per tutto il triennio bellico. Inoltre l’attaccante entrò nelle fila del Frente Popular, coalizione elettorale di sinistra in netta contrapposizione alla fazione nazionalista che attuò il colpo di stato.
Per queste ragioni, nel 1937 Lángara decise di lasciare Oviedo e unirsi alla selezione di calcio basca – Euskadi – organizzata dal primo presidente della comunità autonoma basca, José Antonio Aguirre, con lo scopo di raccogliere fondi utili alla causa e soprattutto propagandare oltre confine la situazione politica in atto, in favore della Repubblica. Fu così che Lángara iniziò un viaggio itinerante tra Francia e Urss, paesi in cui l’Euskadi sfidò varie squadre locali e nazionali tra cui il Racing di Parigi, l’Olympique Marsiglia, Lokomotiv, Dinamo e Spartak Mosca, la Cecoslovacchia, la Norvegia e la Danimarca.
Nel momento in cui la squadra si accingeva a tornare in patria, Bilbao cadde in mani nazionaliste e ciò costrinse i giocatori a protrarre la lontananza da casa. Optarono per l’America Latina e fu in Messico che la selezione basca si iscrisse al campionato locale del ’38/’39 con il nome di Club Deportivo Euzkadi.
Dopo una sola stagione oltreoceano, appreso che la guerra in patria volgeva al termine, molti componenti della squadra decisero di tornare nella terra natia. Molti, ma non Lángara, che pur di stare lontano dalla nuova Spagna franchista prolungò il suo esilio spostandosi in Argentina. Qui venne ingaggiato dal San Lorenzo, la squadra del cuore dell’attuale Papa. Segnò quattro gol all’esordio contro il River Plate il giorno stesso in cui era sbarcato in Argentina e divenne uno dei più prolifici marcatori della storia del Ciclón – con il record assoluto di 7 goal nello stesso match – prima di tornare a Oviedo per concludere la sua carriera calcistica, dieci anni dopo la sua partenza, nel 1946.
Tornando sulla costa asturiana, anche la bacheca della società biancorossa è pressoché sguarnita. L’epoca d’oro dello Sporting risale alle stagioni tra il 1977 e il 1982, periodo in cui la compagine raggiunse l’apice della sua storia con il secondo posto nella Liga ’78/’79 e con il raggiungimento di due finali consecutive in Copa del Rey, una persa 3 a 1 col Barcelona nell’81 e l’altra 2-1 contro il Real Madrid, l’anno successivo.
Il giocatore più iconico fu indubbiamente Enrique Castro Gonzáles, in arte Quini. Paradossalmente nacque ad Oviedo, ma è a Gijón che legò indissolubilmente la sua carriera da calciatore e la sua vita personale tra il 1968 e il 1980, anno in cui si trasferì al Barcellona e con i blaugrana vinse la Copa del Rey, segnando tra l’altro una doppietta in finale proprio contro i suoi ex compagni biancorossi.
Un’altra stella calcistica legata alla storia dello Sporting in tempi più recenti è David Villa, miglior marcatore di sempre della Nazionale spagnola, nato nelle Asturie, cresciuto calcisticamente a Gijón e da subito soprannominato «el Guaje», parola tipica asturiana con la quale si era soliti definire gli apprendisti nelle miniere e che in gergo significa «il bambino».
Domenica 17, per il terzo anno di fila, andrà in scena uno dei derby più calorosi di Spagna, il derby asturiano tra Real Oviedo e Sporting Gijón. Lo scenario è quello della Segunda División, la Serie B spagnola, ma la rivalità e la storia di queste due squadre meriterebbero ben altro palcoscenico. Ancora una volta l’orgoglio asturiano si dividerà in due blocchi contrapposti: quello rojiblanco e quello carbayón.