Corpo di mille balene! Neanche il tempo di far girare su tutti gli smartphone d’Italia il viralissimo video della “scazzata” tra mister Zanetti e lo sciagurato Henry che già il primo veniva rintuzzato dalla videopolizia del football, squalificato per una giornata causa bestemmia. Per chi non sapesse nulla di quanto accaduto, molto semplicemente le telecamere a bordo campo hanno ripreso sul finire del match domenicale tra Venezia e Samp uno sfogo istintivo e animalesco dell’allenatore veneto, indispettito dall’espulsione per proteste del suo attaccante arrivata proprio quando c’era bisogno di tutti per provare a rimontare due gol.
Zanetti prende Henry per la maglia e lo strattona intimandogli di stare zitto, il suo sguardo è simile a quello di un padre che ha appena scoperto le innumerevoli note in condotta del figlio, e la bestemmia parte così in una trance agonistica da ciavattata casalinga, del tutto congrua al valore pedagogico della strigliata. Il video, come detto, diviene virale. Come fu per Delio Rossi e Ljajic, come è sempre quando i protagonisti di questo sport che ci ostiniamo a seguire tra una notifica whatsapp e l’altra dimostrano dopotutto di essere ancora umani, di avere ancora la carne attaccata all’osso e non corrispondere totalmente a una narrazione che li vorrebbe sempre costantemente felici, pure quando perdono.
Ma passa qualche giorno e ovviamente il giudice sportivo decide di riportare la giustizia sul pianeta calcio, squalificando Zanetti per un turno e del resto, cari amici, come poteva essere altrimenti.
Chiamateci pure romantici o illusi allora, ma noi, questa volta, non ci stiamo. “Not in my name” come dicono quelli bravi, #GiustiziaPerZanetti, #ZanettiLibero. Perché al di là del fatto che si punisce così un eccesso di zelo considerato fuorilegge solo da un regolamento tarato su una concezione illusoriamente aristocratica del calcio, quando questo invece è e resterà sempre lo sport del popolo (nonostante i milioni con cui continuano a snaturarlo), al di là di questo si diceva, stavolta si è andati veramente oltre, punendo per una strigliata così spontanea addirittura un veneto, che come tutti sanno per cultura e tradizione non è semplicemente capace di trattenere la bestemmia in occasioni del genere.
Paolo Zanetti, nato nel piccolo comune di Valdagno nel vicentino, con le bestemmie si sarà svezzato fin dalla culla. Possiamo immaginarlo bestemmiare già a cinque anni, magari commentando l’incredibile bontà di un cono gelato, e poi, in età adolescenziale, quando si è trattato di stupirsi per le fattezze di una bella ragazza o magari scherzare sulle imprese millantate da amici. Ma scherzi a parte in Veneto la bestemmia, nelle sue infinite sfumature, è addirittura spesso indipendente dal contenuto della frase e dallo stato d’animo di chi parla: può svolgere un ruolo di colorita punteggiatura, del tutto estraneo a qualsiasi nesso col culto.
Che poi già la squalifica per espressioni blasfeme su un campo di calcio lascia il tempo che trova, e definisce la transizione del football da rito popolare a prodotto squisitamente televisivo (esteriormente impeccabile, intimamente corrotto). Ma per i veneti! Servirebbe l’autonomia, uno statuto speciale!
Se la giustizia sportiva fosse veramente giusta, prenderebbe anche in considerazione le differenze culturali che tracciano i nostri meravigliosi campanili. Una giustizia sportiva veramente giusta annullerebbe subito, chiedendo scusa al diretto interessato, questa ridicola squalifica per bestemmia. Di più, se la giustizia sportiva volesse davvero essere giusta dovrebbe prima di tutto modificare il regolamento proprio in materia di bestemmie e squalifiche a riguardo, aggiungendo una piccola ma quanto mai fondamentale postilla: «Se il bestemmiatore è veneto, si valuterà la squalifica tenendo in considerazione le naturali inclinazioni della sua regione». Allora sì che giustizia sarebbe fatta, ma noi si sa, siamo solo degli irredimibili sognatori. Corpo di mille balene!