Finisce 2-2 la prima delle due partite del secolo.
Nella solennità stanca di Buenos Aires, La Boca riflette l’atmosfera elettrica dei giorni di guerra. La gigante verticalità del Estadio Alberto J. Armando diventa epicentro del terremoto emozionale che travolge il popolo del calcio e lo alimenta alterandone il sismografo. Da queste parti vi diranno che quelle sono semplicemente le pulsazioni del tifo Xeneize, che riverberano sul campo migliaia di cuori battenti all’unisono per una sola passione. Il cemento prende vita nel trionfo di cori e colori che ne restituiscono l’immagine più tipica del calcio argentino. Il giorno dopo il diluvio di proporzioni apocalittiche che ha colpito Baires e fatto posticipare la Superfinal, La Bombonera è pronta.
Non poteva esserci palcoscenico migliore per alzare il sipario sulla partita del secolo, dove per la prima volta le similitudini con l’epica tradizionale non sembrano per nulla iperboliche, perché questa volta sì, si gioca per qualcosa molto più grande della vittoria, è la resa finale per la gloria eterna. È una finale supersonica che non prevede la fase riflessiva dell’attesa iniziale, così dopo soli 5 minuti il sinistro educato del gioiellino Millionarios, Gonzalo ‘El Pity’ Martinez, disegna una parabola destinata a pettinare l’incrocio della porta, ma la risposta di Rossi è puntuale. Nei primi minuti è il River Plate che continua a flirtare con il bersaglio grosso e solo una parata strepitosa del 12 azul y oro nega la prima gioia della finale al colpo di testa ravvicinato di Santos Borré.
I pugni chiusi che picchiano il terreno e la faccia trasfigurata dalla delusione e dalla tristezza sono il punto di svolta del match, quando uno sfortunato e infortunato Pavónè costretto a salutare la finale, lasciando il posto al Pipa Benedetto. Gli attimi che seguono fanno detonare definitivamente la Superfinal: la verticalizzazione di Olaza trova reattivo Wanchope Abila, che prima fa perdere la bussola alla difesa del River e poi calcia con violenza sulla figura di Armani, ma sulla respinta il sinistro del tanque buca il primo palo mal difeso dal portierone della Banda. Sembra la scintilla in grado di spostare l’equilibrio, ma nemmeno il tempo di riprendere fiato che il grido dei 55.000 della Bombonera viene strozzato in gola dal rocambolesco pareggio del River Plate.
Il gioco riprende da centrocampo e in una frazione di secondo la verticalizzazione del Pity trova la profondità dettata da Pratto il quale, marcato in modo approssimativo da Izquierdoz, incrocia il pallone che riporta tutto al punto di partenza. Proprio quando l’altalena di emozioni di una prima frazione spumeggiante sembra andare in archivio, una punizione innocua dalla trequarti di Villa regala al Pipa la possibilità di sfruttare la marcatura inesperta di Santos Borré e spalle alla porta deviare di testa la traiettoria del pallone che muore nell’angolo alto e manda al riposo in vantaggio gli Xeneizes.
Nel secondo tempo la superiorità del Boca si manifesta, ma non si materializza nel gol della sicurezza. Così stavolta è la Banda a colpire da palla inattiva: il sinistro tagliato di Martinez cerca la testa di Pratto, Izquierdoz anticipa El Camello, ma la traiettoria che ne esce dalla sua deviazione diventa illeggibile per Rossi, che può solo guardare la palla gonfiare il sacco. Schelotto le prova davvero tutte per prendersi la finale di andata e l’ingresso dell’Apache quasi lo ripaga. Carlitos scambia bene con Wanchope, si invola in area e serve un pallone splendido a Dario Benedetto. Il Pipa a pochi centimetri dalla gloria si lascia ipnotizzare dalle celebri uscite basse di Armani, che a un soffio dal 90° salva i Millonarios e scrive i titoli di coda sulla partita della Bombonera.
Un pareggio che sta molto stretto agli uomini del Mellizo, incapaci di sfruttare il fattore campo e orientare verso di sé il magnete della finale. Il gol sbagliato da Benedetto nel finale rischia di scalfire l’umore Xeneize consapevole ora di dover sbancare Nuñez per mettere in bacheca la Septima. D’altra parte, la Banda, mai doma, esce da La Boca esattamente con il risultato che sperava di ottenere nel fortino gialloblu: annullare tutto e giocarsi il match point in casa. Sebbene i gol fuori casa siano ininfluenti ai fini dell’assegnazione del trofeo, il River Plate gode ora doverosamente dei favori del pronostico e tra le mura amiche del Monumental potrebbe alzare al cielo la quarta Copa Libertadores della sua storia. Ma il Superclasico è tutto e la negazione di tutto, perciò l’unica vera certezza è che tra due settimane il ritorno al Monumental ci regalerà una notte di passione indimenticabile.