In ambito calcistico-finanziario, due temi hanno “cannibalizzato” il dibattito pubblico della stagione appena conclusa. Il primo riguarda la crisi finanziaria causata dalla pandemia. Secondo il Deloitte’s Football Money League, i maggiori 20 club europei hanno perso complessivamente 1,1 miliardi di euro nella stagione 2019-2020, e le perdite risulterebbero più ingenti nella stagione 2020-2021, interamente colpita da lockdown e misure restrittive.
Sempre secondo le stime di Deloitte, assumendo che i tifosi possano tornare a riempire gli stadi a partire dall’inizio della prossima stagione – ipotesi più utopica che remota – le perdite per i quattro maggiori campionati europei si aggirerebbero attorno a 6,5 miliardi di euro.
Il secondo tema iper-mediatizzato per sole 48 ore ma con strascichi destinati a vita eterna è quello della Superlega, da cui sono usciti vincitori gli eroi che non ti aspetti. La UEFA, non proprio un modello di fair play e trasparenza, e Boris Johnson, pronto a supportare la sua Inghilterra in un Wembley gremito di gente (e di delta). A pensar male si fa peccato, ma non ci stupiremmo se la concessione della finale da parte della UEFA fosse stata una ricompensa per BoJo e il suo governo, oppositori della prima ora contro il folle progetto dei potenti del calcio.
Altri eroi elogiati dalla stampa nostrana e non solo riguardavano le big che non hanno mai (pubblicamente) aderito alla Superlega, in particolare il Bayern Monaco e il Paris Saint Germain. I primi, per voce dell’allora CEO Karl-Heinz Rummenigge, si spendevano per un calcio europeo
“più solidale, per garantire che la struttura dei costi, in particolare gli stipendi dei giocatori e gli onorari degli agenti, siano allineati ai ricavi”.
Nove giorni dopo il Bayern ufficializzava il passaggio dell’enfant prodige delle panchine, Julian Nagelsmann, dal Lipsia per la modica cifra di 25 milioni di euro, rendendolo così l’allenatore più caro della storia del calcio. Ancora più smielata invece è stata la dichiarazione del presidente qatariota Nasser Al-Khelaifi, il quale ha affermato che
“il PSG è stato fin da sempre fermamente coerente nel garantire che il calcio sia un gioco per tutti”.
Nel momento in cui scriviamo, il PSG ha sborsato rispettivamente 16 e 60 milioni di € per assicurarsi le prestazioni di Danilo Pereira dal Porto e Achraf Hakimi dall’Inter. Inoltre, attualmente il mercato del PSG è caratterizzato da una serie di “colpi a zero” multimilionari. Dopo l’arrivo di Sergio Ramos dal Real Madrid e quello di Georgino Wijnaldum dal Liverpool, è in dirittura d’arrivo anche quello del nostro Gigio Donnarumma dal Milan, che dopo aver vinto da protagonista l’Europeo (come miglior giocatore del torneo) è pronto a sbarcare a Parigi.
Il veterano 35enne sevillano ha firmato un biennio da € 21 milioni netti. Una cifra simile, ma con un contratto triennale, verrà invece garantita al centrocampista olandese, per il quale il PSG ha raddoppiato l’offerta recapitatagli in precedenza dal Barcellona. Infine, per il portiere azzurro il PSG sborserà circa € 60 milioni netti per un quinquennale più altri € 20 milioni come “ringraziamento / tangente” al suo procuratore Mino Raiola.
Ma non è finita qui. Il PSG è infatti pronto a blindare il proprio gioiellino Kilian Mbappé, che già infiamma il mercato con il contratto in scadenza nel giugno del 2022. Il giocatore non sembra ancora intenzionato a firmare il rinnovo, e la cifra che il club potrebbe offrirgli per farlo vacillare supererebbe anche quella di quasi € 37 milioni annui percepiti dall’altra stella della fascia Neymar.
Per adesso, il Dio del calcio, la sorte, il fato o chicchessia ha fatto sì che il PSG contribuisse davvero a rendere “il calcio un gioco per tutti” (nota del patron del PSG). Come? Non vincendo mai una Champions League e superandosi in Ligue 1, dove uno sto(r)ico Lille (la cui rosa non raggiunge neanche un terzo del valore di quella parigina) gli ha strappato il titolo a suon di difesa e contropiede. Nessuno frenerà gli esborsi faraonici del PSG, né ilfair play finanziario (che come scrivevamo tempo fa ha fatto acqua da tutte le parti), né l’etica del calcio solidale post-Superlega. Alla fine, c’è chi chiacchiera, chi soffre e chi spende. Ma c’è anche chi fa tutte e tre le cose assieme.