Papelitos
22 Aprile 2024

Questo è il ballo del Real

Carlo Ancelotti il dinosauro ha vinto un'altra Liga.

A poche ore dal Clasico, il solito calmissimo Carlo Ancelotti aveva detto che lui, se occorresse, di giocatori davanti alla porta ne metterebbe non cinque ma un intero «autobus». Ancelotti come altri geronti del nostro sport preferito ha smesso da tempo i panni del Quintiliano. Non deve più neanche fingere di tenere a certi dibattucoli su giochi, moduli e ipertatticismi. Il suo Real Madrid gioca su una nuvola, senza alcun tipo di pressione. Lo trovi lungo sul campo, a tratti persino lunghissimo. Poi è corto, cortissimo, e in 30 metri è tutto lì, dalla punta al portiere. Passano i minuti, trascorrono i secondi. Il Real può pure andare in svantaggio, ma alla fine vince sempre lui.



Ancelotti, che è come l’artigiano del Sommo Bene Blanco, quello che crea e lascia creare, senza dominare i propri talenti alla maniera di tanti odierni Mangiafuoco, rimane a bordocampo, composto. Vede la sua creatura giocare, andare sotto. Ma poi reagire. E il tutto senza troppa fatica, che è ciò che stupisce davvero. Su Il Napolista scrivono che “un giorno la storia potrà descrivere che cosa è stato quel signore emiliano che attraversa il calcio da quasi cinquant’anni con competenza, studio, sacrificio, signorilità. Un allenatore che ancora oggi sa di poter imparare da chiunque. Le cui squadre sanno fare tutto: palleggiare, andare in porta con due tocchi, fare catenaccio. È un uomo che sa campare e quindi le sue squadre sanno stare in campo”.

Il Barcellona di Xavi al contrario è una squadra nevrotica. Se solo uno degli ingranaggi va in tilt, tutto il sistema crolla. Una parvenza d’organizzazione tattica il Barcellona sembra averla sempre, infatti. Solo che l’organizzazione nel calcio non basta, serve molto altro e chi sa solo di calcio di calcio non sa nulla diceva qualcuno. Chi lo sente adesso Xavi, quel rosicone di Xavi? La palla di Yamal forse era entrata, l’arbitro comunque non ha ravvisato alcun segnale dal VAR. Meravigliosa, la Liga. L’unico campionato al mondo nel quale la visione in TV delle partite è invasa da percentuali, statistiche e grafiche varie in tempo reale su dati inutilissimi – tipo: dove calcerà il pallone De Jong su questa punizione? nell’area piccola al 55%, poco dopo la lunetta al 35%, in porta al 10% –, lo stesso campionato nel quale non è presente la goal-line technology: letteralmente l’unico elemento oggettivo e indiscutibile, forse anche più del fuorigioco, sul quale il sistema può avere un controllo.

Polemiche a parte, quanto è bello veder giocare Yamal. Un po’ Mahrez, per come accarezza la sfera col mancino, un po’ Dembelè con quest’andatura leggermente dinoccolata, questi piedoni che sembrano più grandi di quanto siano a causa delle gambette magre magre cui confluiscono. Yamal illumina davvero. Ma non è solo questo. Oltre alla classe c’è di più. Yamal è in grado di bruciare uno come Camavinga in velocità, di rimanere in piedi dopo un contrasto con Valverde, di prendersi sempre fino alla fine la responsabilità di incidere. In una squadra di mezze calzette, accusa che Gundogan – anche ieri tra i migliori – ha rivolto ai compagni dopo l’eliminazione col PSG, un giocatore così è quasi fuori contesto.

Su El Pais, che ha titolato non a caso “Il Barcellona è Yamal”, Ramon Besa ha scritto che la partita col Real “è stata in definitiva il compendio di un anno del Barcellona dominato da shock, emotività, illusionismo e infine disillusione, fatalismo e un vittimismo che ci porta a parlare degli arbitri e del Var per trovare alibi con il Real Madrid”.

Il Barcellona “chiuderà una stagione in bianco dopo una settimana così buia che sicuramente non ha precedenti per un club che si avvia fuori strada verso il suo 125° anniversario. In assenza di titoli, il Barça cerca di festeggiare le vittorie o di competere con la dignità mostrata al Bernabèu”. Ma è “appesantito dalla sua incoerenza”.

I blaugrana, che ieri potevano riaprire la Liga, sono andati due volte avanti. Il Barça ha segnato con Christensen, da corner, dopo pochi minuti. È andata sul 2-1 con Fermin Lopez al 70’, in un momento morto della partita. Lo stesso Lopez si è poi lasciato andare a un’esultanza alquanto provocatoria. Ha prodotto l’effetto opposto a quello sperato, questo sfoggio di stupidità. Il Real ha rimesso le cose a posto con Vazquez, hombre del Club. Aveva già pareggiato i conti, dopo il gol di Christensen, con un rigore di Vinicius (conquistato proprio da Vazquez). In entrambe le reti del Real, il co-protagonista è senza dubbio quel Joao Cancelo tanto amato dal nostro Lele, e tanto più scadente nella sostanza effettiva. Sarà Jude Bellingham, al termine di una corsa da cavallo purosangue, a chiudere sul secondo palo l’azione condotta da Brahim Diaz e rifinita sempre da Vazquez, al minuto 91. A proposito di talenti, calcio con la F, e categorie. Real a +11, e buonanotte a chi odia il Madrid.

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