Compie 70 anni un uomo innamorato del calcio (e della vita).
Un tempo era il sor Claudio, oggi è Sir Claudio Ranieri. Anzi, per dirla tutta, è Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Quinto sportivo ad avere ottenuto un simile titolo dopo Sara Simeoni, Gino Bartali, il laziale Silvio Piola e Reinhold Messner. Merito di un’impresa eccezionale: aver vinto il campionato in Inghilterra con una squadra considerata di seconda fila, il Leicester City. Claudio Ranieri compie 70 anni e se si guarda indietro scopre di essere un duro, a suo modo. Uno che ha cavalcato ogni situazione, anche la più ruvida, gestito ogni contestazione con educazione e buone maniere. Ma con estrema fermezza.
IL PRINCIPE DI TESTACCIO
Claudio Ranieri nasce a Roma il 20 ottobre 1951. Passa alle cronache come “testaccino doc”, ma nella Capitale anche qualche centinaio di metri può fare la differenza. Vivere all’altezza della Piramide Cestia e dire che sei di Testaccio già diventa un involontario falso storico. Però la zona è ad alta vocazione giallorossa e Ranieri non sfugge. Qualcuno lo ha soprannominato “er principino” perché è un ragazzo dai modi cortesi e misurati. Ma alla fine è uno che tira sempre dritto per la propria strada. Nasce attaccante e al Campo delle Tre Fontane all’EUR, dove ai tempi si allenava la Roma, supera un provino importante. Ma è un attaccante che segna poco e se una punta non fa gol, meglio cambiare ruolo. A persuaderlo è Antonio Trebiciani, allora allenatore della Primavera.
«Gli dissi che in attacco – ricorda Trebiciani – non avrebbe mai sfondato. Gli consigliai di arretrare, di fare il difensore. Mi diede retta e l’anno dopo entrò nella Primavera. Claudio è sempre stato un ragazzo perbene. Un romanista all’inglese».
Figura sconosciuta al grande pubblico, quella di Antonio Trebiciani, al quale il calcio italiano deve il lancio di gente come Francesco Rocca e Agostino Di Bartolomei. A 22 anni Ranieri debutta quindi in serie A. È il 4 novembre 1973, Genoa-Roma 2-1. Sei partite con la Roma, poi il trasferimento a Catanzaro, città della quale oggi è cittadino onorario. In otto anni il difensore è il giocatore che avrà indossato più volte la maglia del Catanzaro: 225. Ci scappano anche 8 reti, che per un difensore è tutto valore aggiunto. Nel 1982 passa al Catania e contribuisce alla promozione in A degli etnei. La carriera si chiude a Palermo nel 1986. L’idea è quella di fare l’allenatore.
Claudio Ranieri inizia con la Vigor Lamezia nell’interregionale. Poi riesce a portare la Campania Puteolana in serie C1 e anche a Pozzuoli il tecnico diventa un mito. È pronto per allenare tra i professionisti e la prima squadra a dargli fiducia è il Cagliari. Fanno bene i dirigenti sardi, perché in tre stagioni la squadra passa dalla C1 alla massima divisione. Nel 1991 il Cagliari si salva, dopo essere stato anche in ultima posizione. Ranieri si sente pronto per una grande piazza e l’anno successivo il Napoli gli concede la chance.
Da calciatore non ha mai giocato a nord della Capitale e anche come allenatore ha lavorato sempre al sud. Ma c’è sud e sud e la panchina del Napoli è una di quelle impossibili da rifiutare. Piazza difficile, ma nonostante i modi signorili Claudio Ranieri è uno tosto e certe sfide non lo spaventano. Nel 1992 centra con un colpo solo il quarto posto e il ritorno dei partenopei in Europa. Ma nella stagione successiva va tutto male e lui viene sostituito da Ottavio Bianchi. C’è chi dice che forse la serie A è un premio eccessivo per Ranieri. Sta a lui zittire gli scettici con i fatti. Ed è ciò che il tecnico farà.
Arriva a questo punto la chiamata della Fiorentina.
I viola hanno in rosa Batistuta e altri ottimi giocatori ma sembra che il rapporto fra il presidente Cecchi Gori e il tecnico Radice abbia portato la situazione al tracollo. Si tratta di una sfida che ancora una volta Ranieri accetta. Nel 1993-94 la Fiorentina ottiene il primo posto nel campionato cadetto. La stagione del ritorno in A si chiude al decimo posto, le ricostruzioni sono graduali. Nel 1995-96, oltre al quarto posto in campionato, sempre con Ranieri in panchina, la Fiorentina vince la Coppa Italia. La stagione successiva si apre con la conquista della Supercoppa italiana ai danni del Milan e in Serie A arriva un nono posto. La squadra giunge addirittura in semifinale di Coppadelle Coppe, eliminato dal Barcellona di Ronaldo dopo aver pareggiato 1-1 in Spagna e aver perso 2-0 a Firenze. Si chiude qui l’avventura a Firenze: dopo quattro stagioni viene sostituito da Alberto Malesani.
Nel 1997 Claudio Ranieri allena in Spagna. A Valencia. Conclude la prima stagione garantendo la nona piazza in classifica, posizione che vale la partecipazione alla Coppa Intertoto 1998, che il Valencia vince battendo in finale l’Austria Salisburgo. Nella stagione 1998-1999 il Valencia arriva quarto nella Liga qualificandosi per la Champions League della stagione successiva. Il cammino si interrompe ai sedicesimi per mano del Liverpool. Però riesce a vincere il suo primo trofeo estero conquistando la Coppa del Re, battendo in finale l’Atletico Madrid per 3-0. Nel 1999-2000 passa proprio all’Atletico, dal quale si separa otto mesi dopo, in seguito alla sconfitta nei quarti di finale di Coppa UEFA con i francesi del Lens. L’esonero avviene mentre la squadra si trova al quintultimo posto in classifica.
TUTTE LE STRADE PORTANO A ROMA…
…ma anche a Parma, Torino, Milano, Principato di Monaco. Passando prima per Londra, però. E ripassando per Valencia. Nel settembre del 2000 Claudio Ranieri è il nuovo tecnico del Chelsea. Dirige la squadra londinese per quattro stagioni riportando 107 vittorie in 199 partite e raggiungendo anche una semifinale di Champions’ League. A Londra lo chiamano The Tinkerer, “lo stagnino”. Colui che risolve le emergenze con mezzi di fortuna. Ma in inglese “tinkerer” può essere anche “l’indeciso”, colui che tentenna nei momenti in cui non deve.
Dopo una breve parentesi a Valencia (con annessa vittoria della Supercoppa UEFA 2004), Claudio Ranieri torna in Italia. È bravo, ma sembra sempre che gli manchi qualcosa. Soprattutto dicono che con lui si navighi tranquilli ma che non si faccia mai il grande salto. Al Parma e alla Juventus post-Calciopoli sembra in effetti più un traghettatore che una prima scelta. Poi, arriva l’occasione della vita: Roma chiama, Ranieri risponde. Il 2 settembre 2009 subentra a Luciano Spalletti. Il 6 dicembre vince il suo primo derby capitolino da allenatore.
«La mia vita – racconterà un giorno – è tutta un derby. Il derby, sotto certi aspetti, è la partita più facile perché è talmente vissuto dalla città e dalle tifoserie che un allenatore deve semplicemente controllare le emozioni: calmare l’ambiente, se c’è troppa euforia, tirarlo su quando è depresso».
L’11 aprile 2010 porta la squadra a superare la capolista Inter. Il 16 maggio chiude il campionato 2009-2010 al secondo posto con 80 punti (con la più alta media punti del campionato, avendo preso la squadra dopo le prime due partite di campionato), dopo che per 37 minuti la Roma era stata campione virtuale. La stagione successiva però non va bene e il 20 febbraio 2011, dopo la sconfitta per 4-3 contro il Genoa, con la Roma che chiude il primo tempo in vantaggio per 0-3, rassegna le dimissioni. Strano episodio, davvero.
GET BACK
Seguono anni in cui Ranieri sembra davvero…lo stagnino, chiamato a risolvere situazioni gravi e nulla più. All’Inter è più che altro un tappabuchi. Nel Monaco, squadra del Principato, lavora bene ma poi gli preferiscono un altro. Nel 2014 apre anche una parentesi con la nazionale greca, ma dopo 4 partite (3 sconfitte e un pareggio) la parentesi è già chiusa. Servono stimoli, occasioni buone. A luglio 2015 lo chiama il Leicester City, missione salvezza.
The tinkerer è accolto con scetticismo. Quote alla mano, i bookmaker ritengono più probabile Elvis Presley vivo che i Foxes campioni d’Inghilterra. All’esordio vince per 4-2 con il Sunderland. Dopo una serie di risultati, che lo portano a sorpresa nella parte alta della classifica, alla 13a giornata la squadra delle Midlands si trova da sola al primo posto. Il 10 aprile 2016 ottiene la matematica qualificazione alla Champions League per l’anno successivo, la prima nella storia del club. Il 2 maggio, il Leicester è per la prima volta campione d’Inghilterra: chi ha puntato su Ranieri campione invece che su Elvis vivo, ora è ricco. Un miracolo che entra di diritto (e dovere) nella storia del calcio, al capitolo delle sue storie più belle.
È il terzo allenatore italiano a vincere la Premier League, dopo Ancelotti e Mancini. Riceve le lodi della stampa internazionale e da Tinkerman che era, ora è The Thinkerman, “il pensatore”. Poco conta l’essere stato poi esonerato l’anno dopo e le parentesi sfortunate a Nantes e nel Fulham. Lui non se ne dà per inteso. L’esperienza biennale alla Sampdoria (salvezza il primo anno, campionato da metà classifica il secondo) è molto positiva. Il 4 ottobre scorso Claudio Ranieri trova l’accordo con il Watford e torna per la quarta volta in Premier League. La sua vita è un film pronto a cambiare trama in ogni momento. Ma le ultime dichiarazioni ne riassumono l’esistenza:
«Senza calcio mi annoio, mi spengo. Amo il calcio e la vita, perché non continuare. Allenare fino a 80 anni? Perché no? Potrei diventare l’allenatore più vecchio d’Inghilterra, magari andrò in panchina col bastone. Ciò che conta è il cervello e il cervello è ancora giovane».