Storia, filosofia e (nuove) battaglie del Rayo Vallecano.
Football without fans is nothing. Questa frase iconica di Jock Stein, che vi sarà certamente capitato di leggere su qualche striscione in giro per il mondo, riassume alla perfezione il senso di rivendicazione del tifoso nei confronti del calcio moderno. Mentre il mantra della logica del profitto imperversa tra i club e cerca di marginalizzarne il ruolo, il tifoso resiste arroccandosi nei suoi valori e nella sua storia. Assediato da un sistema che lo vorrebbe consumatore, prova a difendersi nel posto che conosce meglio, gli spalti. Li può ancora proteggere la sua identità.
Ma cosa succede quando chi gestisce il potere decide di attaccare frontalmente questa identità tramite umiliazioni ripetute, gioco sporco e provocazioni sistematiche? Quanto lo scontro diventa caustico, l’offesa talmente spudorata da non doversi nemmeno più giustificare? È quello che sta succedendo dalle parti di Vallecas, a casa del Rayo, in quella che è una storia emblematica di faida tra tifo e potere. Una vicenda malata, nata più di dieci anni fa.