Bensì gli insulti razziali rivolti a Koulibaly, Anguissa e Osimhen.
Intanto i fatti. Ieri sera, al termine della partita del Franchi tra Fiorentina e Napoli, Anguissa e Osimhen e Koulibaly sono stati presi di mira da alcuni sostenitori viola con insulti e ululati razzisti. Il difensore senegalese si è subito rivolto ai responsabili sfidandoli, secondo la ricostruzione di DAZN, senza mezzi termini: «Mi hai chiamato scimmia? Vieni qui a dirmelo se hai il coraggio!».
Insomma, un clima molto teso che ha portato poi alle scuse di Barone a nome della Fiorentina: prima di persona allo stesso Koulibaly poi, secondo “Il Mattino”, anche con un messaggio ad Aurelio De Laurentiis. Oggi tutti i giornali si occupano giustamente del caso, e in particolar modo sta girando il pensiero di Maurizio de Giovanni, noto scrittore e tifoso azzurro, il cui sfogo sui social è stato ripreso anche da Repubblica e dalla Gazzetta:
«Scimmia. Lo hanno chiamato scimmia. Questo superuomo. Questo ragazzo intelligente e gentile, sorridente e profondo, solidale e amorevole. Scimmia. Questo campione assoluto. E poi di nuovo il Vesuvio che ci deve lavare col fuoco, il sapone e il colera. Di nuovo. scimmia. Certe volte vincere sul campo dà veramente più gusto. Però non basta. Che altro vi serve, uomini da niente che gestite il calcio, per chiudere uno stadio, per dare una penalizzazione? Scimmia. Venite a dircelo in faccia, vigliacchi infami. Noi scimmie siamo pronti. Per favore: nessuno dica più che è meglio ignorarli. Non è più tempo per questo».
Con tutto il rispetto per de Giovanni, di cui abbiamo stima umana e professionale, siamo d’accordo con la tesi ma non con le conclusioni. Chiaramente gli autori degli ululati e degli insulti razzisti andrebbero individuati ed allontanati dallo stadio. Siamo nell’epoca della sorveglianza? Allora che si prendano quei pochissimi “spettatori”, che li si multi e li si cacci senza appello dal Franchi. Perché però chiudere uno stadio, e punire tutta una tifoseria per 3-5-10-20(?) cretini? Perché valutare una penalizzazione per la Fiorentina, e punire tutta una società?
Nel 2021 i tempi sono cambiati: sugli insulti razzisti non si può più passare sopra, nemmeno allo stadio e nemmeno per “goliardia”. Ricordo ad esempio dieci quindici anni fa, in curva di una grande squadra di Serie A, quando un gruppo di ragazzi accanto a me – un paio dei Giovani Democratici, tra l’altro – ululavano ai giocatori di colore “per distrarli”. Una cosa che a ricordarla oggi sembra inconcepibile, ma che appena un decennio fa non provocava scandalo e prese di posizione così decise. Oggi fortunatamente è cambiata la sensibilità, e anche la “tolleranza” per certi comportamenti.
La nostra intervista a Maurizio de Giovanni di quattro anni fa
Koulibaly stesso ha scritto sui propri profili social: «Scimmia di merda, così mi hanno chiamato. Questi soggetti non c’entrano niente con lo sport, andrebbero identificati e tenuti fuori da ogni manifestazione», e ha tutte le ragioni del mondo. A lui ha fatto eco Victor Osimhen: «Parlate con i vostri figli e fate capire quanto sia disgustoso odiare un individuo per il colore della sua pelle». Chi potrebbe essere in disaccordo con queste parole? Ma è proprio per questo che non ci sembra giusto mettere sullo stesso piano gli insulti razzisti e i cori contro Napoli.
Si tratta di due cose con un peso specifico molto diverso, per quanto molti napoletani sicuramente non saranno d’accordo con noi – oggi, non a caso, De Laurentiis si è mosso con Gravina per pretendere provvedimenti dalla Lega. Quelli contro il capoluogo campano sono tuttavia nella stragrande maggioranza dei casi cori da sagra, da bar, che si cantavano anche negli spogliatoi delle scuole calcio. Non è nemmeno una questione di Nord contro Sud: a Roma e Firenze non c’è sicuramente un “razzismo” nei confronti dei partenopei, eppure si sprecano i cori che invocano il Vesuvio e via discorrendo.
Insomma, per quanto ci riguarda non si possono paragonare la discriminazione razziale e quella territoriale.
Si tratta di due cose estremamente diverse, fatte con spirito diverso e con un grado di tolleranza in società diverso. D’altronde sono molti gli stessi napoletani a non prendersela per i cori negli stadi di tutta la penisola, comprendendo le dinamiche di una discriminazione senza dubbio più vicina allo sfottò che non al razzismo. E in chiusura dobbiamo essere onesti: riteniamo a dir poco esagerato chiudere uno stadio o anche solo una curva per discriminazione territoriale, così come riteniamo ingiusto colpevolizzare un tifoso per un coro contro Napoli. Lo sfottò anche estremo in Italia, patria di un radicale campanilismo per storia e tradizione, fa parte del patrimonio nazionale. Altro discorso per il razzismo, ma per quanto ci riguarda la risposta migliore ad un “lavali col fuoco” sarà sempre un “Giulietta zoccola”.