Verstappen, Leclerc e il loro spirito barricadero: unica speranza di questo circus in piena crisi mistico-sportiva.
La famosa eccezione che conferma la regola è arrivata nella domenica austriaca della Formula 1. Una gara, quella di ieri, resa incandescente nel finale dagli yuppies della griglia, calda come la temperatura della pista, protagonisti di uno spettacolo tornato ad avere quelle dosi di adrenalina che dovrebbero contraddistinguere questa manifestazione. Una festa che stava per essere freddata dai soliti federali che hanno annotato e giudicato dopo ben 3 ore il contatto tra Verstappen e Leclerc. E alla fine, a spese del partito ferrarista, giustizia è stata fatta: “no further action”. Good news.
Si è quindi concluso quello che senza ombra di dubbio è stato il weekend più appagante per tutto il popolo del motorsport ancora legato a questa F1 mainstream, ferraristi e anti-ferraristi compresi, una bibita ghiacciata in un afoso deserto di emozioni che stava diventando la stagione 2019. Gli appassionati hanno potuto godere dei diamanti grezzi più splendenti, Max Verstappen e Charles Leclerc, che in una pista alla vecchia maniera (leggi non-Tilke-design) hanno combattuto con virilità e rispetto, fermando un inesorabile e se possibile inatteso dominio della grigia Mercedes. Una lotta colpo su colpo, condita da sorpassi veri, finalmente, che vede vincitore “in casa” la Red Bull. Il giovane olandese dimostra che è in condizioni di vincere senza se e ma (bentornato motore Honda): è veloce e impeccabile, fa il lavoro dei suoi colleghi più esperti con una scioltezza sorprendente. Allo stesso modo il principino ferrarista, arrabbiato ed elegante nelle reazioni post-gara, meritava una prima vittoria, che ancora non arriva. Sarebbe stato bello vedere nel “ring” anche l’azzoppato Hamilton. Grandi emozioni sono state vissute anche nelle retrovie: abbiamo visto Lando Norris battagliare con Kimi all’inizio, e Vettel che ha chiuso la porta a Lewis nelle ultime curve. Senza alcun dubbio, la gara più bella dell’anno.
Insomma, quando funziona, questa Formula 1 di contenuti ne offre. L’altra faccia del giustificato entusiasmo per lo spettacolo che potenzialmente potrebbe andare in scena ad ogni Gran Premio, è la realtà del campionato in atto su cui bisogna riflettere. L’episodio di Ricciardo in Francia e l’affaire Vettel-Hamilton, ad esempio, fanno sospirare sulla salute della Formula 1. Una crisi mistica che somiglia molto alle conseguenze di una spersonalizzazione. L’essenza della F1 è quella di un animale selvaggio, carico di violenza e passione primordiale, sanguigno e potente. Un’entità in equilibrio tra il primitivismo e il futurismo. Certo, il tempo, l’esperienza e la razionalità hanno portato ad una evoluzione sacrosanta soprattutto in termini di sicurezza, ma quanto siamo distanti dalla sua vera natura? Il ministero della Sanità che sembra essere stato istituito dalla safety commission, non sta aiutando, anzi, ne sta annullando le prerogative in pieno sadismo autolesionista.
Nel bel mezzo di un inesorabile declino per un regolamento tecnico (gomme, power-unit, aerodinamica) che non aiuta lo spettacolo, l’animale della F1 si trova dentro una gabbia – rappresentata delle sempre nuove (?) pensate commerciali by Liberty Media – e sedato da commissari FIA che prima nei regolamenti e poi nei collegi post-gara, non ne combinano una giusta (almeno fino al GP appena concluso). E così, lentamente, non muore ma la sua carica vitale si annulla. Poco rimane di questo esemplare in via di estinzione. Liberty, affannata nel decidere quale logica commerciale seguire, ha perso di vista l’anima sportiva della F1. Sta tirando dritto senza fare i conti con gli umori degli spettatori, già ben avviati sulla strada della rassegnazione e dell’indifferenza.
Fortuna vuole che il talento goda di luce propria e abbia una bellezza tutta sua, del tutto diversa dalla bruttezza delle decisioni federali. Lunga vita a questi giovani arrembanti e ambiziosi e alla loro volontà di vincere.