La settimana in cui si assegna lo Scudetto è un momento molto favorevole per la petalosa cronaca calcistica. Uno dei fulcri della narrazione sportiva è la distinzione tra vincitori e vinti, e lo resta anche nell’epoca in cui gli atleti di élite provano a convincerci che il fallimento non esiste. Quando poi ci sono in ballo storie come quella del Napoli di quest’anno, il gioco è ancora più facile. Traiettorie come quelle di Spalletti, Osimhen, Kvaratskhelia, Zielinski e così via sembrano uscite da un film di cui Napoli è stato un set eccezionale. E tuttavia, persino in questo contesto, il giornalismo italiano riesce a produrre una retorica talmente lontana dalla realtà da mettersi le mani nei capelli (quando questi ancora ci sono).
Il riferimento è a questo articolo firmato Roberto Saviano, pubblicato ieri sul Corriere della Sera. Da un lato, lo slancio emotivo di queste parole è comprensibile: il coinvolgimento con cui Saviano scrive è quello che proverebbe qualsiasi tifoso al suo posto – anche lui sembra esserne piuttosto consapevole. Alcune delle argomentazioni però sono stucchevoli. Tutto il commento gira intorno all’idea che il terzo Scudetto sia una sorta di riscatto del Napoli e dei napoletani contro i “gruppi imprenditoriali più potenti della penisola”, e adesso “ce ripigliamm’ tutt’ chell che è o’ nuost’” (parole sue).
La vittoria del Napoli restituisce qualcosa – cosa? – al Sud per le ingiustizie subite nei secoli dal cattivissimo Nord. Perché gli azzurri hanno vinto contro “le tre squadre che egemonizzano giornali e pubblicità, commentatori e spazi pubblici”.
In un momento di incomprensibile lucidità, intorno alla metà del pezzo Saviano sembra ricordarsi che “in mezzo a un campo da calcio, dove le chiacchiere stanno a zero, conta soltanto chi sa giocare meglio a pallone”. Ci sentiamo di essere ancora più specifici: per certi aspetti conta solo chi vince. Ed è per questo che le uniche “chiacchiere” sono tutte queste storie sul Napoli penalizzato dai media, piccolo e povero, indifeso di fronte al soft power delle big. Tutto questo è semplicemente falso, senza nemmeno entrare nel merito delle (sottintese, ma comunque evidenti) semplificazioni sulla questione meridionale.
Saviano infatti si dimentica di specificare che il Napoli è arrivato sul podio in sette delle precedenti dieci stagioni di Serie A. Nel 2018 ha battuto il suo record storico di punti totalizzati in una sola stagione. Il Napoli è una squadra di élite del campionato, da anni, tanto quanto lo sono le infami Inter, Juve e Milan. L’intera argomentazione si basa su una certa supremazia economica di queste squadre. Sembra di essere tornati indietro di sessant’anni. Il database di Transfermarkt ci può aiutare a guardare il presente, attraverso le cifre spese per l’acquisto (meno le cessioni) di cartellini di calciatori nelle ultime tre stagioni. E se effettivamente il saldo di Juventus e Milan è molto negativo (rispettivamente -108 e -105 milioni di euro), il Napoli ha comunque un valore “peggiore” di quello dell’Inter (+30 contro +87 milioni). Il mistero s’infittisce venendo a scoprire che il club più spendaccione del periodo è stato il Parma, oggi in Serie B.
Un suggerimento: magari anche con un occhio a quello che succede dalle parti di Stamford Bridge, forse il punto non è quanti soldi vengono spesi. Il lavoro della direzione sportiva è molto più complicato di così e a Napoli lo sanno benissimo – questo Scudetto è anche di Giuntoli. Ed è in questo momento che l’articolo ci fa arrabbiare: quando non parla dei meriti del Napoli, ma rinfaccia non si capisce bene che cosa e a chi. Saviano ha torto perché questo Scudetto non vale più degli altri: vale esattamente quanto gli altri, tantissimo. Qualsiasi altro punto di partenza è un insulto ai meriti, per esempio, dell’Inter di Conte, campione d’Italia nonostante il caos societario causato dalle riforme del governo cinese. O al Milan dell’anno scorso, che si è costruito perdendo un parametro zero alla volta, grazie ad un lavoro di scouting semplicemente eccezionale.
Paradossalmente i discorsi à la Saviano non fanno altro che togliere meriti al Napoli: perché accettano quella stessa supremazia del Nord di cui si lamentano.
Una supremazia che non esiste, dato che le strisciate nel frattempo passano in mezzo a ogni genere di guaio, tra plusvalenze, Superleghe e chi più ne ha più ne metta. La supremazia che esiste, invece, è quella sul campo del Napoli di Spalletti. A questo punto, forse il loro merito principale è stato proprio questo: sapersi distaccare da ogni forma di vittimismo, ricordandosi che per fortuna nulla può profanare la sacralità del gioco. Neanche le chiacchiere di Saviano.