Tra i poeti maledetti del football, un posto di rilievo spetta all’inglese Robin Friday. Un genio, rovinato dalla sua vita totalmente sregolata. Un talento purissimo che si meritò l’appellativo di “George Best di quarta divisione”. Friday non ha mai giocato nel massimo campionato inglese né ha mai alzato una coppa, eppure rappresenta una leggenda del calcio anche se collocata nelle retrovie delle storie di cuoio, nascosta come il contrabbassista di terza fila o il grande attore che regala la sua arte negli scantinati. La sua carriera, iniziata nel 1964, si concluse nel ’77.
“Absolutely fabulous”: così lo definì Leslie Hamilton, medico del Cardiff. Un’ala che si adattava al ruolo di centravanti, grandissima abilità nei dribbling, stile Manè Garrincha, e con quella lucida pazzia tipica degli irregolari.
Era nato ad Acton, quartiere a rischio di Londra, nel luglio ’52. Il nonno materno era un ex giocatore del Brentford. A 12 anni, Robin entrò nel vivaio del Crystal Palace, incantando i componenti dello staff tecnico, strabiliati dal suo talento. Quattro anni dopo fu arrestato per furto. Uscito di prigione, sposò una ragazza di colore, Maxine, da cui ebbe un figlio, in anni in cui i matrimoni tra una donna e un uomo di colore diverso erano considerati un fastidio. Dedito al consumo di alcol e droghe, Friday approdò, grazie ad un amico, al Walthamstow Avenue, squadra che militava tra i semiprofessionisti della Isthmian League. Contratto da 10 sterline a settimana.
Lavorò come asfaltatore, autista di supermercato e lavavetri. Tornato in prigione, ebbe il tempo di diventare il giocatore più forte della squadra del carcere. Passato all’Hayes, prima di un match si scolò tre bottiglie di scotch, entrando in campo totalmente ubriaco. I difensori avversari, vedendolo sbronzo, lo ignorarono. Approfittando della libertà regalatagli, Friday scattò su un lancio in profondità, facendo partire un fendente, forte e preciso, che bucò le mani del portiere, tra l’incredulità generale.
Un’ottima prestazione in Fa Cup gli valse l’ingaggio con il Reading. Contratto da amatore. Mattatore incontrastato ed incontenibile nelle partitelle tra riserve, Robin venne ripescato dal tecnico irlandese Charlie Hurley che decise di inserirlo nell’undici titolare. La squadra, che navigava nelle acque perigliose della zona retrocessione, cominciò a volare grazie alle prodezze di Friday. La stampa locale parlò di miracolo. I suoi gol erano capolavori: serpentine, conclusioni dalla distanza, sforbiciate, azioni personali per poi irridere i portieri con dribbling secchi seguiti da comodi tocchi a porta vuota. Così, il genio di Acton salì alla ribalta per le prodezze in campo.
A fine stagione, il Reading chiuse al sesto posto della classifica di quarta divisione. L’annata seguente (1975/76) fu la migliore per Friday, impreziosita da 21 reti e dalla promozione della sua squadra in Third Division. Il capolavoro lo compì contro il Tranmere, rivale d’alta classifica del Reading, in una partita arbitrata dall’esperto Clive Thomas. Robin realizzò un gol indimenticabile, quasi dalla linea di fondo e con una parabola impossibile. Persino l’arbitro, uno dei migliori fischietti mondiali dell’epoca, si mise le mani in testa per lo stupore. «Non riesco a credere come un calciatore simile non giochi in first division», affermò il direttore di gara. I quasi 11 mila spettatori presenti sugli spalti andarono in visibilio: il sogno, grazie alla classe eccelsa di Friday, era diventato realtà.
Ma l’idillio durò pochi mesi. Il talentuoso fantasista non digerì il voltafaccia societario nella corresponsione dei premi per il salto di categoria e chiese di essere ceduto. Decise di sposarsi nuovamente, poco tempo dopo il divorzio dalla prima moglie. Si unì a Liza Deimel, una studentessa di Reading. La festa di nozze fu molto movimentata: gli invitati gozzovigliarono, consumando anche vari tipi di droghe, ubriacandosi e facendo a pugni. Tra i regali spiccò un consistente quantitativo di cannabis.
I festeggiamenti per la promozione, prolungati a dismisura, fecero lievitare il peso di Robin che alla ripresa della preparazione si presentò al cospetto di mister Hurley con una pancia da scaricatore di porto ultracinquantenne. Seguirono altri furti, ancora il carcere e la cessione al Cardiff, per 28 mila sterline, avallata da Hurley che fino all’ultimo aveva tentato di riportarlo sulla retta via. A fine dicembre ’76, l’Absolutely fabulous passò al Cardiff. Il viaggio in treno finì con una convocazione nella stazione di polizia per aver viaggiato senza biglietto.
L’esordio con la sua nuova squadra fu preceduto da una serata trascorsa a bere e fumare in un pub. Il giorno dopo, però, Friday in campo fu incontenibile.
Il Fulham di Bobby Moore, ex pilastro della nazionale inglese, venne ridicolizzato. Robin segnò due gol e per il leggendario ex nazionale, che aveva alzato la Coppa Rimet a Wembley nel ’66, fu una delle giornate più umilianti della sua lunga e prestigiosa carriera. A Cardiff, Friday fu visto poche volte allenarsi durante la settimana. Percorreva quotidianamente la tratta ferroviaria per Londra, quasi sempre senza biglietto ed affidandosi a vari espedienti per sfuggire ai controllori. Il manager del club gallese,Jimmy Andrews, le provò tutte per spingere il giocatore verso atteggiamenti “normali”. Un vocabolo che Robin sconosceva o ignorava.
L’ultima prodezza di Friday arrivò il 16 Aprile ’77 nella sfida contro il Luton Town. Dopo uno scontro di gioco, il portiere avversario, Milija Aleksic, estremo difensore di origini jugoslave, si rifiutò, in modo sprezzante, di stringergli la mano. Pochi minuti dopo, Robin gli si presentò in area, lo mise a sedere con una finta e depositò il pallone in rete, salutando il tutto con un gesto di irrisione verso l’estremo difensore avversario.
Attimo che i Super Furry Animals, band musicale gallese di rock alternativo, immortalò nella copertina del singolo The man don’t give a fuck, uscito nel 1996. La parentesi con il Cardiff si concluse dopo l’ennesima lite con Andrews che lo aveva sorpreso negli spogliatoi a defecare nella borsa di un giocatore del Brighton, Mark Lawrenson, con cui si era più volte scontrato in campo.
Friday scelse di chiudere con il calcio ad appena 25 anni. Rientrato a Londra, riprese il suo vecchio lavoro di asfaltatore e fece anche il decoratore per guadagnarsi da vivere dignitosamente. Non aveva più attorno manager, allenatori e giocatori sempre pronti a rimbrottarlo per il suo comportamento. Ma riprese a fare uso di droghe. I tifosi del Reading misero in piedi una petizione per riaverlo in squadra, raccogliendo oltre tremila firme. Robin rimase ad Acton, il suo borgo natio. Si sposò per la terza volta e finì nuovamente in galera. Di lui si perse ogni traccia. Il 22 dicembre 1990, fu trovato privo di vita nella sua casa popolare: arresto cardiaco per overdose di eroina. Aveva 38 anni. II Reading lo elesse “giocatore del millennio”. In una delle ultime interviste affermò:
“La gente pensa che io sia un matto, invece sono un vincente”.
L’epitaffio di un fuoriclasse che meritava di calcare i palcoscenici più prestigiosi ma che scelse di confinarsi nelle retrovie del football, lasciando un ricordo indelebile in chi ebbe la fortuna di ammirarlo in campo.