Miglior assist al clero giornalistico, Rocco Commisso from Marina di Gioiosa Ionica, non poteva farne. Una conferenza stampa sconclusionata, folcloristica, scomposta, volgare, a tratti minacciosa quella che ha regalato agli addetti ai lavori – e a tutto il pubblico italiano – ormai un paio di giorni fa, l’occasione ideale per fossilizzarsi sulla forma e non sul contenuto.
In un’ora e mezzo di delirio italo-americano, con quel suo simpatico accento stranamente familiare, Rocco Commisso (suo malgrado) ha incarnato la macchietta buffa dell’italoamericano di Little Italy, uno stereotipo contro cui ha “combattuto per 50 anni” ma che purtroppo ha in parte alimentato con le sue gesta. Sì perché diciamocelo, prima di passare alla difesa d’ufficio: Rocco nel suo monologo ha fatto un po’ la parte dello “zio d’America”, quello che magari torna per le feste, la spara grossa e si prende il centro della scena (e della tavola). Ma cerchiamo di andare oltre i tristi stereotipi e di spiegare brevemente la questione.
Quello di Commisso è stato uno sfogo trattenuto per un anno, rivolto innanzitutto ai giornalisti dopo una stagione deludente. Questi secondo il patròn della Fiorentina non si sarebbero limitati ad esercitare il diritto di critica, ma sarebbero andati molto oltre insultando e delegittimando lui, la sua famiglia, l’allenatore, la società etc.
“Voi avete parlato per un anno, ora parlo io. Sono state scritte cose indegne, sulla mia famiglia, sull’allenatore, sulla squadra (…) quando uno dice una bugia deve essere richiamato nei vostri giornali, non può uno dire bugie senza poi un riscontro. Questo è il più grande problema che ho io con i giornalisti, nessuno vuole offendere i suoi colleghi però è ok se offendono Rocco, è ok se Rocco è chiamato Rocco il terrone, lo zio d’America, Rocco Benito etc.”
Rocco Commisso
Il gazzettino che difende gli indifendibili
E qui Rocco, nel suo caos distruttivo, affronta la prima questione importante, quella prassi tutta giornalistica che consente ai suoi tesserati di poter scrivere molto e rettificare poco – per non dire nulla. Ma è più avanti che tocca un altro tasto dolente per la categoria, quello dei conflitti d’interesse.
“Io non rispondo al Corriere Fiorentino e alla Gazzetta dello Sport, perché sono controllati da uno che si chiama Urbano Cairo”.
Rocco Commisso
Ovviamente da parte dei diretti interessati è stata tutta una difesa dell’integrità e dell’indipendenza della categoria, e non abbiamo motivo di dubitarne, eppure il tema resta e Commisso non è il primo ad averlo tirato fuori. Fatto sta che la controffensiva dei giornalisti “indignati” è stata decisa, anche troppo: Federazione nazionale della Stampa italiana, Associazione Stampa Toscana, Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Toscana, Unione Stampa Sportiva Italiana e Ussi Toscana, tutti insieme per «denunciare le parole inaccettabili di Commisso» e per chiedere di «approfondire la questione» alla Procura Federale e addirittura al Prefetto di Firenze.
Per questo Commisso è diventato in realtà il miglior alleato dei giornalisti, perché ha consentito a questi ultimi di recitare la parte delle vittime, attaccate da un patròn con metodi “da regimi autoritari”. Sia chiaro, non stiamo qui a giustificare il presidente viola: la sua conferenza l’abbiamo trovata fuori luogo, nella migliore delle ipotesi tragicomica, con le sparate sui “fiorentini tutti ricchi” invitati a comprare il club o sulle cifre investite, snocciolate come se si fosse al mercato di San Lorenzo.
Eppure Commisso non è certamente Videla o Pinochet, né un attentatore della sacra libertà di stampa: è solo un (italo)americano assolutamente innocuo a cui manca il senso della misura – e che, invece, è abituato alle spettacolarizzazioni. Ecco perché abbiamo trovato tutta la vicenda di cattivo gusto, in particolare la reazione abnorme degli organi ufficiali che, approfittando dell’indice puntato dal presidente, hanno tirato in ballo addirittura toni squadristi e proto-dittatoriali per squalificare dei temi che restano sul tavolo.
Così i giornali si sono trovati tutti d’accordo ma Commisso, novello trumpiano, il giorno dopo è tornato alla carica: «Dopo la conferenza di ieri mi aspettavo questa risposta dalla casta dei giornalisti». E ancora: «Ci sono poi i tifosi, li ho sentiti e ieri il nome di Rocco Commisso è stato quello che è circolato di più su Twitter in Italia, e loro devono essere orgogliosi, come tutti gli Italiani che sono con noi dopo questo richiamo ai giornalisti che devono fare le cose giuste. Non ho mai detto che non possono criticare, ma cercare di non offendere le persone questo sì. Mi sono arrivati tanti messaggi, c’è stata una valanga di sostegno».
Ecco, non sappiamo esattamente quanto il “trending topic” su Twitter possa essere un metro di valutazione delle proprie ragioni o un orgoglio per i fiorentini e per gli italiani, fatto sta che Rocco è quello che è: pane al pane, vino al vino, e soprattutto spettacolo allo spettacolo. Fare di quest’uomo buffo di Marina di Gioiosa Ionica, dagli occhi piccoli e vispi, un critico della libertà di stampa ci sembra un tantino esagerato. O meglio, ci sembra l’alibi migliore per una “casta” che avrebbe molto da farsi perdonare.