Ma ora è tra i centrocampisti più forti del pianeta.
In Uruguay il calcio è religione. La piccola cittadina di Nueva Helvecia non fa eccezione, e il più importante club della città è il Club Artesano. Qui Daniel Fernandez con il Professor Horacio Anselmi, uno dei più conosciuti e rispettati preparatori atletici del Boca Juniors, è riuscito ad organizzare una giornata di allenamento presso la sede del piccolo club uruguaiano condotta proprio dal “Profe” Anselmi.
Quel giorno, dopo la mattina passata tra i banchi di scuola, c’è un ragazzino tredicenne che prima di andare a casa decide di passare a salutare il padre. Quest’ultimo, nelle veci di Presidente del club, è impegnato ad assistere alla dimostrazione guidata da Anselmi. Per la serie di esercizi previsti dalla scaletta mancano però alcune unità. Al ragazzino viene chiesto di fermarsi per partecipare. Pare che non ne sia esattamente entusiasta. L’idea di passare le prossime due ore a fare salti, corse, flessioni ed esercizi fisici di varia natura non è esattamente ciò che il figlio del Presidente del Club Artesano ha in mente per quella tarda mattinata di novembre.
Il padre, non senza fatica, riesce a convincerlo. Quello che il Professor Anselmi vede nel ragazzo durante la serie di esercizi è più che sufficiente. “Questo pibe ha tutte le caratteristiche fisiche per diventare un grande calciatore”, dirà al termine di quella sessione. D’accordo con il padre prenota per il ragazzo una giornata nella sede del Boca, essenzialmente per aiutarlo a correggere alcune posture non esattamente perfette, come ad esempio l’appoggio del piede durante la corsa.
Bentancur con l’inconfondibile divisa del Boca Juniors (foto dal profilo Twitter del Boca Juniors)
È un lunedì di dicembre quando il tredicenne si presenta nella sede del Boca Juniors per questa giornata di “correzione” sotto la guida di Anselmi. Al suo arrivo trova però una sgradita sorpresa: il Prof. Anselmi è partito per un importante convegno in Giappone e sarà di ritorno solo il giovedì successivo. Il ragazzino non la prende bene. Tornato in hotel chiama il padre perché venga a riprenderlo. È in questo preciso momento che il fato decide di giocare le sue carte migliori, quelle che cambieranno per sempre il destino del filiforme ragazzino uruguaiano.
Nei corridoi dell’albergo, che è lo stesso che ospita molti ragazzi del club della Bombonera, il ragazzino incontra uno dei più famosi e competenti osservatori del Boca, Horacio Garcia, che gli propone di fermarsi fino al ritorno del Professor Anselmi e nel frattempo di allenarsi con la squadra giovanile del “1996”, visto che quelli della sua età, i “1997”, sono già in vacanza. Anche stavolta ci vuole una grande opera di convincimento del padre ma alla fine il promettente figliolo decide di fermarsi a Buenos Aires.
Si allena per tre giorni agli ordini di uno dei più apprezzati allenatori giovanili della storia del Boca, Luis Luque. Alla fine di quelle tre giornate le parole dei dirigenti “Xeneize” sono inequivocabili.
“Ok figliolo. Adesso tornatene in Uruguay ma inizia a preparare le valigie perché per l’inizio della nuova stagione ti vogliamo qua con noi, al Boca”.
Ancora una volta sarà il padre a convincere il ragazzino a cui tremano le gambe all’idea di lasciare casa e famiglia a neppure quattordici anni. “Rodrigo, tu prova. La prima volta che mi dirai che non te la senti più vengo e ti riporto a casa”. Non accadrà mai. Il ragazzino si fermerà nel Boca, farà la trafila nelle giovanili del club arrivando ad esordire in prima squadra a soli 17 anni. Quel ragazzino è ora uno tra i centrocampisti più forti del pianeta. Gioca da titolare inamovibile nella sua Nazionale e in uno dei più grandi club d’Europa. Il suo nome è Rodrigo Bentancur.
Rodrigo Bentancur applaudito da compagni e tifosi della Juventus al termine della stagione 2017/2018 (foto di Valerio Pennicino via Getty Images)
Capitolo I. Boca Juniors
Gli inizi non sono facili per il Lolo, questo il suo soprannome fin da bambino. È magrissimo e non ha probabilmente neppure la “fame” che hanno invece molti suoi coetanei, che con la perdurante crisi economica argentina sanno che il calcio può essere non “una” ma “la” strada per uscire dalla miseria dei barrios del paese. Ha però una grande dote, Bentancur: una maturità sorprendente unita alla capacità di ragionare con freddezza in ogni situazione della partita.
La svolta per Bentancur arriva in una della annate per lui più difficili. Nella stagione 2014 gioca nella “Sesta” del Club quando sulla panchina è da poco arrivato Rodolfo El Vasco Arruabarrena. La stagione è terminata da qualche settimana. Rodrigo Bentancur se n’è perso quasi la metà per colpa di un grave infortunio al ginocchio. Ha ripreso a giocare nelle ultime partite della stagione ma è il primo a riconoscere che queste prestazioni non gli hanno reso giustizia. È in vacanza a casa dei genitori nella sua Nueva Helvecia quando il padre gli comunica che
“è finito il cazzeggio Rodrigo. Ha chiamato Adrian Cristiani (dirigente del Boca). Fra quattro giorni ti aspettano a Tandil per fare la preparazione con la prima squadra”.
Nemmeno due mesi dopo Rodrigo Bentancur giocherà il suo primo Superclasico nel Torneo del Verano che è teoricamente un torneo estivo o poco più, anche se ai 40 mila presenti sulle tribune e ai 22 in campo pare che nessuno lo abbia spiegato. Si sa, Boca contro River non è mai una partita “normale”. Entrerà nella ripresa e metterà il sigillo alla schiacciante vittoria del Boca, con l’ultimo dei cinque gol a zero a favore di Gago e compagni, con un perentorio colpo di testa su cross di Jonathan Calleri.
È il primo febbraio del 2015. Poco più di due mesi dopo Rodrigo Bentancur farà il suo esordio ufficiale nelle file del Boca Juniors in un incontro di Copa Libertadores contro i suoi connazionali del Montevideo Wanderers. In breve diventerà un punto fisso nella formazione di Arruabarrena, pur giocando in diversi ruoli del centrocampo Xeneize, a volte addirittura come centrocampista di sinistra nel 4-4-2 utilizzato a volte dall’allenatore del Boca.
Il gol di Bentancur contro il Newell’s
Capitolo II. Padrone del Superclasico, a 18 anni
La sua consacrazione definitiva arriva però il 13 settembre di quello stesso anno. Per chi ama il calcio è uno di quei giorni da segnare in rosso sul calendario. È la notte (per chi vive in Italia) in cui, grazie al canale Futbol para todos istituito dal governo argentino per consentire a chiunque di guardare le partite del campionato in diretta dal proprio divano di casa – e senza sborsare un peso – si può assistere al Superclasico del calcio mondiale: River Plate v Boca Juniors.
Si gioca al Monumental, lo stadio dei “Millionarios”. Il Boca si presenta a questo incontro reduce dalla sconfitta interna con il San Lorenzo, che ha permesso al club caro a Papa Francesco di superare in classifica gli “Xeneizes” e installarsi al primo posto in classifica. È la ventiquattresima giornata del campionato. Dopo questa ne mancheranno solo sei al termine del Torneo. Il River Plate di Marcelo Gallardo è ormai tagliato fuori dalla lotta per il titolo, ma la possibilità di dare una concreta spallata alle ambizioni dei rivali del Boca è quanto mai suggestiva.
Ponzio e compagni hanno trionfato in Copa Libertadores poco più di un mese prima e l’onda lunga di quel risultato è ancora ben presente tra i tifosi della “Banda”. Nel Boca c’è un ritorno importante: Carlos Tevez giocherà il suo primo Superclasico a distanza di 11 anni dall’ultimo e anche questo è un motivo di grande curiosità. Quanto l’Apache ami il Boca e non sopporti il River è conclamato. Per Rodrigo Bentancur non basta la pressione di giocare, a 18 anni, forse la partita più difficile, intensa e vissuta di tutto il globo terrestre. C’è molto di più.
Un errore davvero imperdonabile
È stato proprio un suo errore nei minuti di recupero del precedente incontro con il San Lorenzo a regalare il gol vincente ai rivali nella lotta per il titolo. Un passaggio laterale nei pressi della propria area intercettato dal centravanti avversario Mauro Matos che non solo ha deciso l’incontro ma potrebbe rivelarsi cruciale ai fini della lotta al titolo. Un errore di gioventù, una disattenzione, purtroppo per El Lolo avvenuta nel momento sbagliato.
Sono in tanti i tifosi del Boca che si stupiscono di rivederlo in campo in una partita dell’importanza del Superclasico. L’unico a non avere dubbi è colui che conta di più, quello che prende le decisioni: per il Vasco Arruabarrena “El pibe Bentancur” è un giocatore fondamentale. Prima della partita dirà che quell’errore contro il San Lorenzo non può e non deve cancellare i “meravigliosi 90 minuti giocati fino a quel momento da Bentancur”. Sono esattamente le parole di cui un ragazzo di 18 anni ha bisogno in quel momento.
Il Boca si presenta in campo con un 4-4-2 che a centrocampo prevede Erbes a fianco di Gago, fulcro del gioco Xeneize, con Meli a destra e Bentancur in un’insolita posizione di centrocampista di sinistra. In attacco il giovane e velocissimo Palacios supportato da Carlitos Tevez, libero di muoversi su tutto il fronte offensivo. I piani di Rodolfo Arruabarrena di giocare una partita di contenimento puntando sulle ripartenze di Tevez e Palacios, sui lanci di Gago e gli inserimenti di Bentancur e Meli, diventano carta da macero dopo 24 secondi di gioco.
Il riassunto di quella partita
Fernando Gago cade a terra, da solo. Si tiene la gamba sinistra e il suo viso è una smorfia di dolore. Per lui c’è l’ennesimo infortunio, ancora una volta sarà una rottura del tendine di Achille. Il Boca si deve riorganizzare. Entra l’uruguaiano Lodeiro, che è una mezza-punta, un “diez” come dicono da quelle parti. A questo punto il Boca si dispone con un 4-3-1-2 con Lodeiro che si sistema tra la linea di centrocampo e i due attaccanti. Con questo modulo però Bentancur “entra” decisamente più nel campo e, pur restando quello più a sinistra dei tre centrocampisti centrali, è ora molto più vicino alla zona nevralgica.
Da quel momento il Boca Juniors prenderà possesso del gioco e il gol, segnato proprio da Lodeiro dopo 18 minuti, ne sarà la logica conseguenza. Per il resto della partita il Boca controllerà senza troppi patemi le sfuriate di un River che trova inaccettabile una sconfitta tra le mura amiche, e che potrebbe lanciare gli odiati rivali verso la conquista del titolo. Rodrigo Bentancur giocherà una partita sontuosa, muovendosi come un veterano di mille battaglie, giocando quasi sempre a due tocchi, inserendosi con e senza palla ad ogni opportunità e soprattutto “pretendendo” la sfera tra i piedi nei momenti più delicati del match, caratteristica che solo i grandi campioni hanno.
Il Boca non si fermerà più e con una giornata di anticipo vincerà il titolo di Campione d’Argentina, con Rodrigo Bentancur che a soli 18 anni solleverà il suo primo importante trofeo. Il resto è storia recente. L’esordio con la Nazionale del suo paese (“il mio più grande desiderio quando ho iniziato a giocare a pallone”) e il trasferimento milionario alla Juventus. La “gavetta” impostagli da Allegri, la rotazione in diversi ruoli del centrocampo, i periodi meno felici e la panchina prima di diventare già nella passata stagione uno dei giocatori di riferimento della Vecchia Signora.
Bentancur a duello con Diego Costa, durante l’ultimo Atletico Madrid-Juventus di Champions League (foto di Gonzalo Arroyo Moreno/Getty Images)
Con l’arrivo di Sarri sulla panchina juventina si sta aprendo ciò che per Rodrigo Bentancur in tanti, compreso chi scrive, prospettavano da tempo: un futuro radioso in un grande club. Bentancur è, già oggi, il compimento perfetto del 5 sudamericano. Quello che gioca davanti alla difesa e che ha questa duplice capacità di fare da frangiflutti difensivo e da primo costruttore della manovra, il tutto con una eleganza ed una visione di gioco fuori dal comune.
Nella tradizione dei grandi della storia di questo ruolo come i suoi connazionali Obdulio Varela e Leandro Andrade, come i brasiliani Clodoaldo, Zizinho e Falcao, o come l’italo-argentino Luis Monti, gli argentini Fernando Redondo, el Checho Batista, Javier Mascherano o lo stesso Fernando Gago. Come tutti questi, forse meglio di tutti questi. A nemmeno 23 anni c’è ancora tutto il tempo per dimostrarlo, anche perché per farlo a Rodrigo Bentancur non manca nessuna delle più importanti prerogative richieste nel ruolo, umiltà inclusa.
Capitolo III. Aneddoti e curiosità
Rodrigo Bentancur ha perso la madre quando aveva solo 4 anni. Fu cresciuto dal padre Roberto e dalla madre adottiva, Cecilia Agradi. Il numero 30 con cui ha sempre giocato, sia nel Boca che nella Juventus, è portato in ricordo del giorno di nascita della madre Mary. Ricordano i suoi compagni delle giovanili e i primi allenatori come Rodrigo fosse spesso “con la testa fra le nuvole”, non a caso si presentava più volte alla partita avendo dimenticato a casa le scarpe. Ciò nonostante egli spiazzava tutti per la sua umiltà e la sua maturità. Ricorda Jorge Coqui Raffo che
“tutti gli altri ragazzi non vedevano l’ora di andare a fare casino, a caccia di ragazze e a pensare a quale auto acquistare. Fu l’unico che io ricordi che diventò triste quando dovette lasciare la pensione del club mentre tutti gli altri erano felicissimi di non avere più controlli e di godersi la vita”.
Un importante ricordo relativo agli esordi di Bentancur è quello del terribile errore che costò la sconfitta nel famoso incontro con il San Lorenzo di cui sopra. Quando a fine partita i giocatori di Arruabarrena fecero ritorno negli spogliatoi, la delusione per quel risultato sfumato nel finale era cocente. C’era un silenzio di tomba. Silenzio rotto dalle parole del capitano, il celeberrimo Daniel “Cata” Diaz.
“Su la testa figliolo. Io di cazzate come la tua ne ho fatte a decine, e sono ancora qua a 36 anni suonati!”.
Al momento del suo passaggio alla Juventus erano tanti i grandi club europei interessati al suo cartellino. Uno di questi era il Real Madrid di Zinedine Zidane, che non ha mai nascosto la sua grande ammirazione per Bentancur. La Juventus riuscì però a battere sul tempo Zizou e il merito fu di Beppe Marotta, attuale ds dell’Inter.
Ancora oggi, quando ne ha la possibilità, non è difficile vedere Rodrigo Bentancur tornare a Nueva Helvecia, passare dalla scuola a prendere le due gemelline Cande e Mica di 10 anni, nate dalla relazione tra suo padre Roberto e la sua “madre de crianza” Cecilia, fermarsi a bere un mate con gli amici di infanzia e salutare i suoi vecchi insegnanti. L’umiltà dicevamo. Quella di un ragazzo che, con tanto lavoro e poche parole, di strada dal suo paesino di Nueva Helvecia ne ha fatta davvero tanta.