Alla scoperta della storica seconda squadra di Firenze.
La Rondine è tornata a volare. E si è ripresa pure la gloriosa definizione di “seconda squadra di Firenze”, anche se adesso il titolo è a pari merito con il Porta Romana, col quale si profila un super derby nella prossima Eccellenza toscana. In quella categoria il club mancava da 15 anni e, nel mezzo, era ripartito pure dalla Terza Categoria, un decennio fa. Compie 76 anni questa estate, la vecchia Rondinella Marzocco, la gloria calcistica dell’Oltrarno con le maglie biancorosse come i colori dello stemma cittadino.
Nacque nel primo dopoguerra, il nome ispirato – si dice – da vecchie decorazioni presenti nel bar di San Frediano in cui fu fondata, residuo di festeggiamenti pasquali o carnevaleschi. Già nella denominazione sociale un’ombra di crepuscolarismo nel rione più verace di Firenze cantato da Pratolini coi suoi Metelli, i suoi Bob e le sue Tosche. La sede storica al Torrino di Santa Rosa, affacciato sull’Arno, ultimo bastione delle mura trecentesche, la Cupola di Brunelleschi laggiù all’orizzonte.
L’autofinanziamento, alle origini, passava anche per i concerti organizzati invitando Claudio Villa o la gloria locale Odoardo Spadaro (“La porti un bacione a Firenze / Io vivo sol per rivederla un dì”).
Un paio di domeniche fa la Rondinella ha battuto il Quarrata sul neutro di Santa Croce sull’Arno e si è guadagnata quello stesso salto di categoria che era arrivato per l’ultima volta nel 1969, primo passo vero della scalata alle serie nazionali. Oggi il centravanti della squadra è Andrea Cragno, fratello minore del portierone azzurro Alessio, come lui cresciuto nel vivaio della Cattolica Virtus che fu di Paolo Rossi. La fantasia la mette Gianluca Maresca, napoletano di Pompei, scuola Juve Stabia, ormai da anni in Toscana. È una squadra operaia, quella che ha vinto i play-off regionali dopo il secondo posto in regular season: gente vissuta quasi sempre tra la Prima Categoria e la Promozione. È stata anche quella la ricetta finalmente vincente della squadra allenata da Alessandro Francini.
In biancorosso, nella storia, sono passati fior di giocatori: da Luciano Chiarugi a fine carriera a Seba Rossi agli esordi (prima di Cesena e Milan), da Alfredo Aglietti ad Andrea Pazzagli, da Ciccio Tavano ad Andrea Barzagli. L’hanno allenata Marco Baroni e Natalino Fossati, Claudio Merlo e Amarildo. Hanno vissuto intorno ai suoi colori famiglie fiorentine calcisticamente nobili come i Valcareggi e i Magherini.
La sua storia non è stata fatta solo di gioie. Ma anche (o soprattutto) di tante salite e fatiche. Di peregrinazioni alla ricerca di uno stadio proprio quasi mai posseduto (problema atavico di Firenze, da che mondo è mondo). Di plurime denominazioni e fusioni: Marzocco si aggiunse negli anni ’60, negli ’80 era per tutti R.M. Firenze, poi venne la fusione con l’Impruneta agli albori dei Duemila, e il tricolore bianco-rosso-verde. Di spareggi per la C persi alla monetina (col Viareggio) e penalizzazioni per il calcio-scommesse.
Lo stadio già. La casa più conosciuta e romantica, da fine anni ’70, è quella delle “Due Strade”: impianto incastonato in mezzo alle case e alla biancheria stesa, ripida gradinata dietro una porta come una specie di Marassi gigliata. Le foto vintage rimandano quegli spalti pieni, gli striscioni degli Ultras Rondine, dei Boys, dei Wild Eagles, le sciarpe e le bandiere di un calcio che, comunque sia, non tornerà più così. Adesso i titolari ufficiali dell’impianto sono i cugini del Porta Romana, proprio quelli che ai biancorossi avevano strappato la definizione di “seconda squadra di Firenze” e che l’anno prossimo potranno sfidarli finalmente in campo per quella gloria effimera.
Non è stata mai una storia facile, né banale, quella della Rondine. Gli anni ’80 furono quelli delle copertine, con il presidente Brunetto Vannacci e a lungo Renzo Melani in panchina: traduzione, un quindicennio, pur non consecutivo, tra C1 e C2 (tra il 1979 e il 2002).
La giornata più gloriosa quella del 26 febbraio 1984, quando la Rondine espugnò il Dall’Ara di Bologna: 2-1 con gol di Domini e Calonaci (per i rossoblù, poi promossi in B, fece invece gol Gianluca “Gil” De Ponti, il “figlio delle stelle”, talento fiorentino cristallino e scapestrato). Alla fine fu quarto posto in graduatoria (ma solo settimo per classifica avulsa), lo zenith della sua storia sportiva. C’è stato bisogno, dopo un ventennio di deriva, della fusione col Ponte a Greve, realtà di parrocchia ai confini con Scandicci, per riprendere quota nel 2016, grazie alla presidenza passionale e oculata di Lorenzo Bosi.
Non è mai stata in competizione né in alternativa alla Fiorentina. Anzi, quel biancorosso era (è) un completamento al tifo viola, una aggiunta semmai nella sfumatura più popolare, quella vicina al calcio storico e alla parte dei Bianchi di Santo Spirito. Ugo Poggi fu una della figure che incarnava bene questo legame: presidente biancorosso, vicepresidente viola con Cecchi Gori, calciante e presidente bianco. La Rondine degli anni ’80 non tornerà più. Ma non solo perché, nel frattempo, è cambiata la Rondine: ma perché – prima ancora – è cambiato il senso del calcio di allora.