Ritratti
03 Gennaio 2022

Momo Salah è un'icona vivente

Di sicuro in Egitto, probabilmente anche nel mondo.

Il volto di Salah in Egitto è ovunque. È su magliette, tazze e pupazzi di qualsiasi forma. È su tutti i social network, spesso affiancato alla maschera di Tutankamon. È su lanterne penzolanti su strade anguste e ottenebrate della periferia del Cairo e persino sui tradizionali ninnoli del Ramadan. Un suo ritratto sulla parete di un bar del centro è oggi una delle principali attrazioni della capitale.

Salah è per tutto l’Egitto un orgoglio e a lui sono intitolate scuole, musei e persino una tipologia di datteri. Dilaniati dalla disoccupazione, dalla povertà e dalla censura e disillusi dal sogno infranto della rivoluzione del 2011, gli egiziani vedono in lui un’ancora di salvezza. Un barlume di speranza, una possibilità oltre l’orizzonte del disinganno.

“Gli egiziani hanno perso da tempo il riferimento di qualcuno che susciti rispetto e che non sia esiliato, in prigione o morto. […] Salah può cambiare il mondo orwelliano che è diventato l’Egitto, ma ha aiutato a restaurare il significato di valori che stavano vacillando: la dignità è tornata ad essere dignità, i princìpi sono tornati princìpi, la gentilezza gentilezza, e la felicità è tornata felicità”.

Amro Ali

Salah è un giovane come tanti, partito da un piccolo villaggio (Nagrig) sul delta del Nilo. È adorato perché è un eroe tangibile, vicino. Da piccolo ha vissuto in povertà e, diventato grande, non ha mai dimenticato le sue origini: l’Egitto per lui è una stella polare, un fuoco che non smette mai di ardere. Alla Fiorentina ha scelto il numero 74 per ricordare le 74 vittime della tragedia di Port Said e durante la prima ondata pandemica ha finanziato per la sua città di origine la costruzione di una scuola, di un ospedale e di un sistema di irrigazione per le campagne circostanti (soltanto quest’ultimo è costato circa 450 mila dollari).

salah liverpool chelsea
La parte finale dello straordinario gol di ieri sera contro il Chelsea di Mohamed Salah

La sua influenza in Egitto è enorme, quasi grottesca. Si dice che, alle elezioni del 2018, quasi un milione di egiziani abbia scritto il suo nome sulle schede elettorali e che la sua apparizione in un cortometraggio a sostegno di una campagna antidroga abbia fatto registrare un altissimo numero di chiamate da parte di tossicodipendenti. Salah non è semplicemente il calciatore egiziano più forte di sempre. La sua popolarità travalica il mondo del calcio. Come sostiene Marina Ottaway, “è l’ultima pagliuzza che indica che l’Egitto è ancora un grande paese”.

La sua carriera è un unicum. Arrivato in Europa a soli vent’anni, al primo anno con il Basilea vince il campionato e ottiene il “Swiss Golden Player of the Year”. Mourinho, impressionato dal suo talento, lo chiama al Chelsea. A Londra Salah, complice una concorrenza spietata, stenta a decollare. E così a 23 anni, età in cui i top player sono già affermati nelle squadre più forti d’Europa, viene ceduto in prestito alla Fiorentina. La parentesi italiana, lungi dall’abbatterlo, lo rinvigorisce. A Firenze sbalordisce tutti per la sua facilità di corsa e a Roma con Spalletti, nei due anni successivi, completa la propria maturazione calcistica. Salah, arrivato in Italia come giovane promessa, torna in Inghilterra da giocatore completo.

“Nella mia testa c’era l’obiettivo di tornare in Inghilterra e dimostrare a tutti che avevano torto. Alcuni dicevano che non era un calcio per me e che tornare non avrebbe avuto senso. Io volevo di nuovo giocare nel campionato più bello del mondo. Dentro di me penso di essere il migliore, questo mi aiuta molto”.

Sceglie il Liverpool e difficilmente si potrebbe immaginare un connubio migliore. Quelle maniche lunghissime, la capigliatura anni 80 e la maglia rossa numero undici fanno di lui un’icona immediatamente riconoscibile. Vederlo segnare sotto la Kop è un’esperienza estetica appagante. E poi dimostra di avere in sé le caratteristiche identitarie del calcio che piace a Klopp.

Si esalta in una squadra ipercinetica, rabbiosa, magari anche frenetica. Che ha la verticalità nel sangue e che non si accontenta di gestire il ritmo della gara. Salah eccelle in partite con repentini cambi di fronte, dove i tatticismi sono accantonati in nome di un calcio offensivo e primitivo. Vive e si alimenta di battaglie condotte tra boati e contrasti al limite della velocità massima. Più semplicemente, Salah ama il calcio che si gioca ad Anfield, teatro dell’assurdo in cui niente è davvero irrealizzabile.

Salah e Mané, egoismo tecnico al potere

Oggi Salah è uno dei cinque attaccanti più forti al mondo. Per due anni è stato il capocannoniere della Premier League (2018 e 2019), nel 2021 ha vinto il Golden Foot e di recente è diventato il calciatore africano che ha segnato di più in Inghilterra. A stupire sono la sua capacità di controllare il pallone in velocità e la sua sempre più sconcertante freddezza negli ultimi metri. Ne è un esempio il suo ultimo gol contro il Chelsea, deflagrazione nevrastenica che ha irretito Marcos Alonso e crivellato una difesa abbacinata da una bellezza così accecante.

Negli anni ha lavorato sul suo fisico, migliorando sensibilmente il gioco spalle alla porta. A farci innamorare di lui, più dei numeri sbalorditivi, è però il suo egoismo puerile. Salah non dribbla per il piacere di farlo: non è un enganche che irride chi gli sta davanti. Non è nemmeno Hagi che, citando Valdano, “giocava in groppa a un cavallo bianco”. Salah è un solista che brama per sé il centro del palco e che divide malvolentieri la gloria. Ha capito negli anni che non c’è gioia più bella del gol e che il suo destino è di farne a centinaia.

Se giocasse a calcetto con gli amici, ne siamo certi, non passerebbe il pallone nemmeno a loro.

Salah è unico perché è un’oasi di imprevedibilità in un deserto asettico di omologazione tattica e tecnica. In alcuni momenti la realtà si piega alla sua volontà. Il copione spesso sembra già scritto: lui che parte da destra per scartare gli avversari inermi, la palla sfiorata con la suola del suo sinistro, Anfield che trattiene il respiro e poi esplode in un boato assordante. In quei momenti, Salah riaccende i nostri sogni ad occhi aperti, quando da piccoli, guardando il soffitto opaco della nostra cameretta, immaginavamo di realizzare gol impossibili in stadi gremiti pronti a urlare il nostro nome. Salah gioca a pallone, segna e vince. Noi lo ammiriamo e, senza accorgercene, liberiamo il fanciullino che c’è in noi.


immagine di copertina © Rivista Contrasti


SUPPORTA !

Ormai da anni rappresentiamo un’alternativa nella narrazione sportiva italiana: qualcosa che prima non c’era, e dopo di noi forse non ci sarà. In questo periodo abbiamo offerto contenuti accessibili a tutti non chiedendo nulla a nessuno, tantomeno ai lettori. Adesso però il nostro è diventato un lavoro quotidiano, dalla prima rassegna stampa della mattina all’ultima notizia della sera. Tutto ciò ha un costo. Perché la libertà, prima di tutto, ha un costo.

Se ritenete che Contrasti sia un modello virtuoso, un punto di riferimento o semplicemente un coro necessario nell'arena sportiva (anche quando non siete d’accordo), sosteneteci: una piccola donazione per noi significa molto, innanzitutto il riconoscimento del lavoro di una redazione che di compromessi, nella vita, ne vuole fare il meno possibile. Ora e sempre, il cuore resterà il nostro tamburo.

Sostieni

Gruppo MAGOG

Marco Armocida

28 articoli
Victor Osimhen, calciatore selvaggio
Ritratti
Marco Armocida
16 Gennaio 2023

Victor Osimhen, calciatore selvaggio

Caccia rituale, istinto. Liberazione e depensamento.
Il Napoli di Spalletti è totalizzante
Calcio
Marco Armocida
06 Novembre 2022

Il Napoli di Spalletti è totalizzante

Una nuova bellezza: razionale, efficace, consapevole.
Barak, l’artista silenzioso
Ritratti
Marco Armocida
24 Agosto 2022

Barak, l’artista silenzioso

Il ceco è un giocatore d'altri tempi.

Promozioni

Con almeno due libri acquistati, un manifesto in omaggio

Spedizione gratuita per ordini superiori a 50€

Ti potrebbe interessare

Il Manchester City è quello dei Gallagher
Cultura
Vito Alberto Amendolara
28 Aprile 2021

Il Manchester City è quello dei Gallagher

Noel e Liam: fratelli divisi da tutto, ma uniti dal City.
Enrico Montesano, mille maschere una fede: la Lazio
Cultura
Alessandro Imperiali
02 Settembre 2020

Enrico Montesano, mille maschere una fede: la Lazio

C'era una volta Roma, c'era una volta la Lazio.
Bere Eddie Howe e ubriacarsi del Bournemouth
Calcio
Remo Gandolfi
04 Aprile 2020

Bere Eddie Howe e ubriacarsi del Bournemouth

Il figlio più amato di Bournemouth sta scrivendo un romanzo calcistico.
Febbre a 90°
Recensioni
Gezim Qadraku
22 Aprile 2017

Febbre a 90°

Il film che spiega cosa significa essere un tifoso di calcio.
Il fine settimana di calcio
Calcio
La Redazione
26 Novembre 2016

Il fine settimana di calcio

Dopo cinque giorni di ricatti, il fine settimana diventa una terra selvaggia in cui il singolo può finalmente rifugiarsi. Insomma per Junger era il bosco, per noi il calcio del sabato e della domenica