Il tifo di una città, le culture di un popolo.
Superare il confine tra Imoschi e Posuje significa abbandonare la Dalmazia ed entrare in Bosnia, ma lo scenario non cambia: a sventolare sotto il cielo blu è sempre la sahovnica, la scacchiera biancorossa della Croazia. Sono storie di confine, che raccontano di conti rimasti insoluti dall’ultima guerra; anche il forestiero più sprovveduto è spinto ad interrogarsi su passato e presente.
Continuando sulla provinciale M6.1 verso Oriente, si entra quindi nella zona degli Skripari, gli ultras del NK Siroki Brijeg, compagine dell’omonima cittadina. La geografia è tribale e si intuisce dai muri, dalle fermata degli autobus, dai colori che sventolano dai balconi. Quando si arriva a Mostar da Occidente, è facile capire di essere entrati nella zona a maggioranza croata.
Prima ancora di addentrarsi verso il centro storico della città, conviene allora seguire le indicazioni per “Stadion”, passando in rassegna i murales dedicati dagli Ultras allo Zrinjski, come l’aquila e la croce latina abbinati alla data 1452, anno della prima menzione di Mostar. Percorso un viale alberato, si svolta a sinistra ed ecco lo Stadio pod Bijelim Brijegom, accerchiato da palazzoni residenziali e con alle spalle una collina: per cinquant’anni casa del Velez, dal 1992 è tana dei Plemići, i Nobili, attuali campioni di Bosnia. A pochi metri, un’immagine di Modric […]