Sotto le bombe i Vigili del Fuoco diventavano Campioni d'Italia.
L’elogio alla meritata salvezza dello Spezia di Vincenzo Italiano avrà portato qualche fanatico degli almanacchi, specialmente se calciofilo di lunga data, a rispolverare la sbiadita vicenda dello Scudetto dei Vigili del Fuoco. Una storia quasi sepolta nelle macerie della Seconda Guerra Mondiale – correva la stagione sportiva 1943/1944 – immersa in un’Italia dilaniata e divisa, al centro di uno dei periodi più massacranti della sua breve vita. Una storia intrisa di sfaccettature e aneddoti che omaggiano un pallone d’altri tempi, ancestrale e genuino. Una storia dove i calciatori appartenevano ancora al mondo reale, prima che il denaro o la fama li alienassero per sopraelevarli ad esso. Una storia, in definitiva, che rende onore alla magia del futbol, e che esalta il suo voler essere l’arte dell’imprevisto, per citare Eduardo Galeano.
La Seconda Guerra Mondiale divampa in Europa, Benito Mussolini ha appena istituito il governo fantoccio della Repubblica Sociale Italiana. La stagione sportiva comincia il 16 gennaio 1944, giocoforza marchiata dagli avvenimenti bellici, sotto il nome di Divisione Nazionale. La FIGC repubblichina, perse le squadre del Sud dall’arrivo degli statunitensi, decide di organizzare comunque il torneo, partorito con una struttura arzigogolata composta da sette mini-campionati regionali, una fase finale per le vincenti ed un fine propagandistico atto a distrarre gli italiani dalle bombe e dalla miseria.
La tavola è apparecchiata per un campionato raffazzonato ma appassionante: tutte le big – dal Bologna al Torino campione in carica, dall’Ambrosiana Inter alla Juventus – sono presenti, anche se con appellativi differenti. Infatti, per evitare la chiamata al fronte dei calciatori della rosa, uno degli escamotage più utilizzati dai club era quello di cambiare nome legandosi ad aziende od altre realtà del territorio: così, la Juve diventa Juventus Cisitalia ed il Toro – sembrerà paradossale – Torino FIAT.
Tra le cenerentole del torneo c’è una squadra che va in trasferta su una sgangherata autobotte dei pompieri. Si tratta dello Spezia, o meglio del Gruppo Sportivo 42º Corpo Vigili del Fuoco, inseriti nel girone D Emilia per motivi logistici. Mentre la città, asfissiata dal conflitto, conta i morti quasi giornalmente, la squadra ligure, sesta in Serie B l’anno precedente, raggiunge incredibilmente la finale regionale contro il Bologna (complici vari risultati assegnati a tavolino). Con il presidente Perioli deportato in Germania l’anno precedente, il timone era finito all’unico dirigente rimasto, Giacomo Semorile.
La squadra si allena a Rapallo, considerando l’inagibilità dello stadio Picco devastato dai bombardamenti. Semorile, in una sorta di extrema ratio per evitare ai calciatori spezzini la chiamata alle armi, si era appellato al comandante dei Vigili del Fuoco Gandino, trovando in breve tempo l’accordo per iscrivere la nuova squadra dei pompieri. Oltre a loro, arrivano in prestito altri cinque giocatori, tra cui il bomber Angelini del Livorno, arrivato secondo l’anno precedente. In panchina siede Ottavio Barbieri, tecnico di lunga data che dall’esperienza al Genoa di Garbutt, di cui era stato il vice, aveva assimilato la tattica del mezzo sistema, con l’uso ricorrente del libero.
Il Bologna non sembra un avversario alla portata per lo Spezia. La partita di andata, giocata in casa dei felsinei, è però clamorosamente rocambolesca: il portiere spezzino Bani chiude la saracinesca per tutto la gara, poi a 10’ dalla fine in contropiede Rostagno punisce. Dirigenti e tifosi rossoblù, reclamando il fuorigioco, invadono il campo sancendo la sconfitta a tavolino per 2-0; il ritorno nemmeno si gioca perché il Bologna, falcidiato dalle squalifiche, dà forfait.
Nel frattempo, gli statunitensi entrano a Roma costringendo la Lazio, campione regionale, a rinunciare; stesso destino per le vincenti toscane, Montecatini e Lucchese, forzate dall’avanzare della Linea Gotica. Così i VV.FF di La Spezia strappano il pass per la fase finale, con Venezia e Torino: i granata si presentano come i grandi favoriti, avendo letteralmente maramaldeggiato su tutti gli avversari incontrati. Fresco dell’acquisto dell’implacabile Silvio Piola dalla Lazio, con Valentino Mazzola a dirigere in campo e Vittorio Pozzo in panchina, il Toro ha l’unanime favore dei pronostici.
La prima partita della fase finale, che si disputa tutta a Milano, è Venezia – VV.FF. La Spezia. L’esilarante testimonianza del mediano Tommaseo riporta che al loro arrivo in città, il Comandante dei VV.FF. di Milano avesse ospitato lo Spezia prima della gara, offrendo loro di lavare le divise. Peccato che poi alla riconsegna fossero quasi completamente bruciate (si, avete letto bene). «Ridevano tutti quando si entrava in campo tutti bruciati» continua Tommaseo. Ma nonostante il preludio poco confortante, la squadra di Barbieri regge bene il campo: il finale è un 1-1 che in fin dei conti galvanizza le sicurezze di vittoria del Grande Torino.
La seconda gara vede proprio il Torino FIAT sfidare i Vigili del Fuoco. I granata sono appena rientrati da una trasferta a Trieste (per giocare un’amichevole imposta dalla FIGC fascista) ma le fatiche del viaggio non appaiono sufficienti a mettere in discussione lo scontato trionfo. Vittorio Pozzo, prima dell’inizio, entra nello spogliatoio dei Vigili riempiendoli di complimenti, per poi concludere, secondo il racconto di Tommaseo, «Peròmi dispiace per voi, noi facciamo 3 o 4 gol per partita, oggi tocca a voi». Non poteva sapere che la leggenda dei calciatori-pompieri doveva essere scritta.
Il solito Silvio Piola non basta ed una doppietta di Angelini permette ai liguri di andare al riposo davanti 2-1. La partita si innervosisce, ma l’arrocco spezzino resiste agli assalti fino alla fine: quando Valentino Mazzola – tallonato per tutta la gara proprio da Tommaseo – centra la traversa al 90’, è chiaro a tutti che il miracolo è compiuto. Il Toro, virtualmente fuori dalla lotta per il titolo, travolge poi il Venezia 5-2 regalando matematicamente il titolo – lo verranno a sapere sulla strada di ritorno – ai Vigili di La Spezia, il 20 luglio del 1944.
Il seguito della vicenda non rispetta la straordinaria favola sportiva appena descritta. I vertici fascisti di FIGC e CONI, probabilmente sbalorditi dal successo spezzino, rinnegano l’ufficialità del torneo, assegnando ai VV.FF solo una Coppa federale: il Torino rimane Campione d’Italia. Ai calciatori-pompieri arrivano 25 mila lire ma senza il riconoscimento più importante: la vittoria mutilata proseguirà anche con la fine della Guerra, in quanto il ristabilito Regno D’Italia si rifiuta categoricamente di legittimare il Campionato.
La fallita fusione dei Vigili con il redivivo A.C.Spezia sembra segnare per sempre il destino di quella squadra epica, inghiottita da una damnatio memoriae terribilmente ingiusta. Solo nel 2002, quasi 60 anni dopo, la FIGC decide di riconoscere il titolo onorifico allo Spezia Calcio, grazie anche alla spinta di giornalisti ed autorità locali. Ma al di là degli artifizi burocratici, che per ogni soluzione hanno un problema, la memoria collettiva sportiva non può esimersi dall’elevare lo Scudetto dei Pompieri all’immortalità.