Papelitos
12 Febbraio 2023

La grande menzogna sulle seconde squadre

Più che un modello per il calcio italiano, un flop.

Ancora un paio di mesi fa Gabriele Gravina, presidente della FIGC, parlava delle seconde squadre o squadre under 23 (che dir si voglia) in questi termini: «il progetto seconde squadre fa bene alla Nazionale e anche alla Juventus. Basti pensare che la società bianconera ha schierato nella seconda squadra 97 giocatori e il 28% ha già esordito in prima squadra. Il progetto è stato visionato in maniera frettolosa, non approfondita, mentre è sotto gli occhi di tutti che una società che ha creduto in quel progetto ha effetti positivi, importanti a livello di sistema del calcio italiano». Lo affermava in un evento organizzato dalla Juventus all’Allianz Stadium, e dal titolo “Le seconde squadre in Italia e in Europa, modello per il futuro?”. Praticamente, se la cantavano e se la suonavano da soli.

Sia chiaro, l’Italia del calcio ha un innegabile problema con i giovani – di cui abbiamo scritto fino allo sfinimento –, e per cui ognuno propone sua ricetta o almeno ne individua la causa, più o meno sistemica: il problema culturale, quello strutturale, quello formativo; il poco coraggio degli allenatori delle prime squadre, l’arrivismo di quelli delle giovanili; in generale anche la mutazione antropologica, e quindi calcistica, della nostra società e delle nuove generazioni. Una selva esegetica fitta e complicata. E però, tornando sul punto, in un pezzo-intervista uscito sul Guerin Sportivo Roberto Samaden (responsabile della sezione sviluppo del calcio giovanile in FIGC e direttore del settore giovanile dell’Inter) si interrogava così: 

«mi viene da fare una domanda: se un club su 20 ha fatto la seconda squadra, che siano proprietà italiane o straniere, probabilmente dobbiamo chiederci se il modello costruito in Italia di seconda squadra è corretto».

Tralasciando il fatto che il settore giovanile dell’Inter è stato premiato dalla UEFA come miglior settore giovanile d’Europa mel 2019, e che è quello che ad oggi lancia più giocatori del vivaio nei migliori trentuno campionati europei (26), ciò che ci interessa è il quesito, la questione. Se pur in un Paese che calcisticamente ha bisogno di lanciare giovani, in cui diversi club come confermato dallo stesso Gravina erano “interessati” a sviluppare le seconde squadre, nessuno ha messo su l’under 23 a parte la Juventus, beh evidentemente c’è un problema. Che poi, anche qui, la Juventus ha lavorato in realtà molto bene sul settore giovanile negli ultimi anni, ed è difficile dire quanto poi sia merito della seconda squadra per il debutto di alcuni talenti.


Scrivevamo esattamente tre anni fa


Oggi, nell’epoca della semplificazione, si crede che se Fagioli, Miretti e altri hanno debuttato in prima squadra sia merito esclusivo della formazione nella squadra B. Eppure quello della ‘Juventus Next Gen’ non è un modello con solo luci, come confermato dallo stesso Maurizio Arrivabene che ne parlava con il direttore finanziario del club Stefano Cerrato, nell’ennesima intercettazione filtrata sui giornali (con tutti i limiti, etici e deontologici, di questo tipo di giornalismo): «L’idea che mi sono fatto io è che quello lì è un carrozzone – la seconda squadra, ndr – che abbiamo creato… te lo dico fuori dai denti, che abbiamo creato perché non sapevamo più dove mettere i giocatori». . . .


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