Più che un modello per il calcio italiano, un flop.
Ancora un paio di mesi fa Gabriele Gravina, presidente della FIGC, parlava delle seconde squadre o squadre under 23 (che dir si voglia) in questi termini: «il progetto seconde squadre fa bene alla Nazionale e anche alla Juventus. Basti pensare che la società bianconera ha schierato nella seconda squadra 97 giocatori e il 28% ha già esordito in prima squadra. Il progetto è stato visionato in maniera frettolosa, non approfondita, mentre è sotto gli occhi di tutti che una società che ha creduto in quel progetto ha effetti positivi, importanti a livello di sistema del calcio italiano». Lo affermava in un evento organizzato dalla Juventus all’Allianz Stadium, e dal titolo “Le seconde squadre in Italia e in Europa, modello per il futuro?”. Praticamente, se la cantavano e se la suonavano da soli.
Sia chiaro, l’Italia del calcio ha un innegabile problema con i giovani – di cui abbiamo scritto fino allo sfinimento –, e per cui ognuno propone sua ricetta o almeno ne individua la causa, più o meno sistemica: il problema culturale, quello strutturale, quello formativo; il poco coraggio degli allenatori delle prime squadre, l’arrivismo di quelli delle giovanili; in generale anche la mutazione antropologica, e quindi calcistica, della nostra società e delle nuove generazioni. Una selva esegetica fitta e complicata. E però, tornando sul punto, in un pezzo-intervista uscito sul Guerin Sportivo Roberto Samaden (responsabile della sezione sviluppo del calcio giovanile in FIGC e direttore del settore giovanile dell’Inter) si interrogava così:
«mi viene da fare una domanda: se un club su 20 ha fatto la seconda squadra, che siano proprietà italiane o straniere, probabilmente dobbiamo chiederci se il modello costruito in Italia di seconda squadra è corretto».
Tralasciando il fatto che il settore giovanile dell’Inter è stato premiato dalla UEFA come miglior settore giovanile d’Europa mel 2019, e che è quello che ad oggi lancia più giocatori del vivaio nei migliori trentuno campionati europei (26), ciò che ci interessa è il quesito, la questione. Se pur in un Paese che calcisticamente ha bisogno di lanciare giovani, in cui diversi club come confermato dallo stesso Gravina erano “interessati” a sviluppare le seconde squadre, nessuno ha messo su l’under 23 a parte la Juventus, beh evidentemente c’è un problema. Che poi, anche qui, la Juventus ha lavorato in realtà molto bene sul settore giovanile negli ultimi anni, ed è difficile dire quanto poi sia merito della seconda squadra per il debutto di alcuni talenti.
Scrivevamo esattamente tre anni fa
Oggi, nell’epoca della semplificazione, si crede che se Fagioli, Miretti e altri hanno debuttato in prima squadra sia merito esclusivo della formazione nella squadra B. Eppure quello della ‘Juventus Next Gen’ non è un modello con solo luci, come confermato dallo stesso Maurizio Arrivabene che ne parlava con il direttore finanziario del club Stefano Cerrato, nell’ennesima intercettazione filtrata sui giornali (con tutti i limiti, etici e deontologici, di questo tipo di giornalismo): «L’idea che mi sono fatto io è che quello lì è un carrozzone – la seconda squadra, ndr – che abbiamo creato… te lo dico fuori dai denti, che abbiamo creato perché non sapevamo più dove mettere i giocatori». . . .
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