L’atletica leggera di oggi ha subìto un duro ridimensionamento mediatico e televisivo. I campioni ci sono, le imprese epocali molto meno. Soprattutto mancano i grandi dualismi, quelli che fanno impazzire e da sempre dividono il grande pubblico. Liti, scommesse fra amici, tifo quasi fosse il calcio. In fondo, cosa sarebbe stato Mennea senza Borzov o senza Wells? O Sara Simeoni senza la Ackermann o la Meyfarth?
Nel mese di luglio di tanti anni fa un saltatore con l’asta raggiunge l’impossibile e lo fa battendo un altro fuoriclasse. Un grande salto per un uomo, un volo immenso per l’umanità. Sei metri, misura mai superata prima. È la storia di Sergej Bubka e, in tono minore, del francese Thierry Vigneron. Uno degli ultimi grandi duelli dell’atletica, uno di quelli che oggi farebbero risalire – e non di poco – audience e share televisivi.
IL VOLO
È il 13 luglio 1985, il sovietico (oggi ucraino) Sergej Bubka ci prova. Siamo a Parigi, un luogo che sembra casuale ma che forse non lo è. A volte il fato dà appuntamenti in luoghi precisi. Parigi è la Capitale ed è francese proprio Thierry Vigneron, il principale competitore di colui che sta tentando l’impresa impossibile. Bubka non ha ancora compiuto 22 anni ed è già una stella nel firmamento dell’atletica leggera. Nonostante la giovanissima età del rivale, Vigneron deve rassegnarsi all’idea di dover convivere con uno anche più forte di lui.
Brucia ancora quel Golden Gala dell’anno prima (31 agosto 1984) quando il francese stabilisce il nuovo record assoluto con la misura di 5,91. Che storia!
È felice l’atleta transalpino, l’altezza sembra inattaccabile e lui sprizza gioia da tutti i pori. Una felicità che dura pochi minuti. Un ragazzo con la faccia di un uomo, aria imperscrutabile eppure concentratissima sta per fare la sua prova. Il risultato è clamoroso: 5,94 e nuovo record mondiale a distanza di pochi giri di lancetta. Vigneron è beffato e all’inizio non riesce a crederci. Eppure Thierry non è un mediocre né un astista qualsiasi, perché in quattro anni l’atleta di Gennervilliers ha stabilito e migliorato cinque volte la miglior prestazione assoluta. La verità è dura e forse inaccettabile: ha fatto irruzione sulla scena del salto con l’asta un fuoriclasse inarrivabile. Uno di quelli che nessuno vorrebbe nella propria generazione di atleti.
UNO STILE PARTICOLARE
Ha un’estetica tutta sua. Invece di tenere l’asta parallela al terreno, il ragazzo che gareggia per l’URSS è solito prendere velocità puntandola verso l’alto. Può sembrare un dispendio di energie perché il gesto implica sforzo maggiore rispetto alla tecnica tradizionale, ma quando si ha la forza fisica di Sergej Bubka, una volta in volo è poi più facile produrre lo slancio finale. Eppure a guardarlo bene non avrebbe caratteristiche morfologiche sovrumane. Forte, certamente robusto ma come altri. È alto 1,83 e pesa 80 kg, può essere contemporaneamente una libellula e il fratello ideale di Ivan Drago.
Il neoprimatista mondiale nasce nel 1963 a Lugansk, in Ucraina, allora parte integrante dell’Unione Sovietica. Una terra a cui è profondamente legato, fino al punto di affermare: «Il mio obiettivo? Era solo quello di aiutare lo sport nella mia regione».
Lugansk, città situata al confine orientale con la Russia, dà i natali anche a un altro campione dello sport di quegli anni, il centrocampista Alexandr Zavarov (che alla fine degli anni ’80 giocherà, senza grandi risultati, anche nella Juventus). A Lugansk vive gli anni della formazione sportiva anche il siberiano Valerj Brumel, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Roma nel 1960 e oro a Tokyo quattro anni più tardi. Anche Brumel ritoccherà molte volte il primato assoluto (migliore prestazione, 2,28 metri stabilita a Mosca nel 1963), ma a conti fatti non sarà mai Sergej Bubka, anche a causa di un misterioso incidente di moto che pone di fatto fine alla sua carriera all’età di 23 anni.
COMPAGNO SERGEJ
La famiglia di Bubka è di estrazione operaia e il padre, appartenente all’Armata Rossa, non vuole che il ragazzo perda tempo con lo sport. Il desiderio di Bubka senior è che i figli Sergej e Vasilj seguano la carriera militare. Lo ritiene il modo migliore di onorare la patria socialista, tuttavia il primogenito non ha nessuna intenzione di abbandonare l’atletica, sente di avere buone potenzialità e continua a perseverare nell’allenamento quotidiano. L’allenatore Vitalj Petrov punta molto su quel ragazzo di quindici anni: possiede un talento ancora grezzo ma ha voglia di migliorarsi e, se supportato in modo adeguato, può fare molta strada.
«Non è sufficiente preparare i giovani intellettualmente e mentalmente alla vita. Anche il fisico gioca un ruolo. Con un buon equilibrio tra educazione mentale e fisica, una personalità si sviluppa in modo più armonioso».
L’allenatore Vitalj Petrov punta molto su quel ragazzo di quindici anni: possiede un talento ancora grezzo ma ha voglia di migliorarsi e, se supportato in modo adeguato, può fare molta strada. E ci vuole l’occhio veramente lungo per vedere quello che un occhio qualsiasi neppure scorge, perché a diciassette anni il ragazzo ha come miglior prestazione personale un normalissimo 5,10 m. La prima uscita internazionale avviene nel 1981 agli Europei Junior dove si classifica settimo. Rimandato a data da stabilire.
Il nome di Bubka inizia a fare capolino nelle graduatorie internazionali ma nessuno si aspetta di essere di fronte a colui che rivoluzionerà per sempre la specialità. In due anni di duro lavoro i risultati arrivano. È il 1983 e vince a sorpresa i Campionati del Mondo a Helsinki, Finlandia, con la misura di 5,70. Aritmetica spicciola alla mano, l’atleta sovietico èmigliorato di sessanta centimetri in meno di tre anni. Ma il salto con l’asta è come se contenesse in sé due discipline: l’indoor e l’outdoor e chi eccelle nell’una non è detto che sia automaticamente il migliore anche nell’altra.
Con il tempo, in presenza di Sergej Bubka le differenze saranno oltremodo assottigliate. Indoor o outdoor che sia, con lui l’URSS si garantisce sempre la medaglia d’oro. Come avviene nel gennaio 1985 a Parigi, quando l’atleta sovietico trionfa nei Mondiali indoor. Ma la vera impresa risale a sette mesi prima. Il 26 maggio 1984 stabilisce per la prima volta nella sua carriera il record mondiale con una misura che lascia di stucco, in primis, proprio l’avversario più accreditato, Thierry Vigneron: 5,85.
RECORD SU RECORD
Quello è il primo dei trentacinque record fissati da Bubka in vent’anni di carriera: diciassette outdoor e diciotto indoor. C’è un solo neo (abbastanza grosso, a dire la verità) nella carriera di un fenomeno come lui: a parte l’Olimpiade di Seul nel 1988 (nella quale vince ma non stabilisce il record), durante le competizioni a cinque cerchi sarà sempre sfortunato: per infortunio, per essere incappato nella classica giornata storta, o per il boicottaggio sovietico all’edizione di Los Angeles 1984. L’oro del 1988 rappresenta l’unica affermazione nell’evento che conta di più.
Una sfortuna perdonabile: Bubka ha superato i 6 metri per quarantaquattro volte.
Il segreto del successo sta nell’utilizzo di aste più rigide e più lunghe che costringono l’atleta a correre ancora più veloce per poterle flettere. Bubka è l’unico della sua generazione che se lo può permettere. La sua corsa con asta in mano raggiunge i 35km/h di media, velocità toccata dai velocisti professionisti nei 100 metri piani. Nel 1991 supera la fatidica soglia dei 6.10 metri, ovvero 20 piedi, a Malmö in Svezia. Tre anni dopo al Sestriere, in Italia, stupisce pubblico e commentatori, che lo considerano già un atleta in declino, superando l’asticella a 6.14 e stabilendo il record del mondo outdoor, mentre quello indoor era già suo a 6,15, superato soltanto vent’anni più tardi dal francese Renaud Lavillenie con la misura di 6,16.
Il primato del Sestrieres durerà 28 anni. Bubka viene superato nel luglio 2022 dallo svedese Armand Duplantis: la nuova misura record è un 6,21 che non ammette repliche e che entra di fatto nella storia dello sport. È lo stesso svedese che, il 25 febbraio di quest’anno, porterà per la prima volta un uomo a saltare 6,22 indoor. Anche Duplantis è un mostro nella sua specialità ma con una differenza rispetto a Bubka: l’ucraino un antagonista lo aveva, purtroppo per il grande pubblico Duplantis ha fatto – e fa tuttora – gara a sé.
PER ARRIVARE A QUELLA MISURA…
…bisogna avere prima infranto il muro dei sei metri. Sabato 13 luglio 1985, Parigi. Sembra follia solo a pensarci ma l’astista sovietico Sergej Bubka ci prova. Sente che può farcela. Superare quella misura equivarrebbe ad andare oltre due piani di un palazzo tramite l’ausilio di un’asta. Il record sta a 5,85 ed è sempre suo, quindici centimetri di differenza sono tantissimi. L’occhio di ghiaccio di Bubka guarda oltre l’ostacolo. L’atleta parte a lunghe falcate, con un inconfondibile stile in progressione e con l’asta puntata verso l’alto. La massa muscolare fende l’aria e anche il solo guardare in tv quel tentativo non lascia indifferente lo spettatore.
«Amo il salto con l’asta perché è uno sport da professori. Non si deve solo correre e saltare, ma anche pensare. Che asta usare, che altezza saltare, che strategia impostare. Mi piace perché i risultati sono immediati e il più forte è il vincitore. Tutti lo sanno. Cosa che nella vita di tutti i giorni è difficile da dimostrare».
Sergej Bubka
Nel punto prefissato Bubka “stacca”, sia pure con un infinitesimale ritardo con la mano destra, e comincia il volo a corpo libero. Sembra volteggiare in aria e tutta l’Unione Sovietica rimane con il fiato sospeso. L’asticella viene superata senza che il corpo dell’atleta la sfiori, poi, in ricaduta, c’è un lieve cedimento. Il petto sposta leggermente l’asse orizzontale e sembra che il tentativo sia fallito. Ma se così fosse, a terra dovrebbero ricadere un uomo e un oggetto. Sul materasso ricade lui e basta.
Non sono soltanto l’URSS e la nomenklatura di allora a esultare, l’impresa rimane nella storia dello sport ed è patrimonio dell’umanità. Quel giorno si infrange un tabù e ogni impresa, sportiva e non, sembra un po’ più alla portata. Thierry Vigneron deve sopportare anche questa.