I Della Valle, che rimproverano ad allenatore e giocatori la mancanza di professionalità, farebbero meglio a farsi un esame di coscienza.
Allenatore fa sempre più rima, anche se non letteralmente, con capro espiatorio. Spesso anche per responsabilità dei media, sempre pronti a criticare la guida tecnica ma ben più restii (chissà perché) ad analizzare l’operato di proprietà e dirigenti. E allora da fuori la situazione a Firenze sembra piuttosto semplice: una buona squadra che non è più competitiva, che ha perso voglia, tenuta, energie fisiche e nervose; a pagare allora è naturale che sia chi siede in panchina allora, ma il tutto è ben più complicato.
Lo diciamo chiaramente, noi condividiamo il sentimento di buona parte del tifo viola: Stefano Pioli, pur avendo magari mostrato qualche limite, è l’ultimo dei colpevoli. Negli ultimi anni a Firenze è mancata una direzione, un progetto di crescita che potesse riportare la squadra nei palcoscenici che contano; e forse, ancora peggio e ancora prima, è mancata la voglia. La Fiorentina da diverse stagioni a questa parte sta vivacchiando nelle zone medio-alte della classifica tra plusvalenze, prestiti, cessioni dolorose e acquisti azzardati; “costretta” di anno in anno a ricostruire la squadra da capo, senza mai trovare un’identità di gioco e ancor prima di spogliatoio.
Tutto ciò non si può certo imputare a Stefano Pioli, di cui riconosciamo l’estrema professionalità e il forte attaccamento – soprattutto in un periodo che è stato tanto difficile – ai colori viola. Non ci interessa discorrere di tattica, di nomi e di possibili errori: l’allenatore paga sempre mediaticamente per tutti, ma probabilmente sul banco degli imputati dovrebbero finire altri, a partire dai vertici societari e soprattutto dal presidente Della Valle.
Non a caso nel capoluogo toscano sembra ormai di sentire un unico coro, compatto nella critica alla proprietà, ed è proprio per questo che il comunicato ufficiale del club – in cui si chiedeva a tutti “grande rispetto per la maglia” – è stato preso come un vero e proprio affronto da gran parte del popolo viola. Proprio chi non si è voluto sporcare le mani e non ha dimostrato di avere un progetto per la piazza che adesso rimprovera la mancanza di professionalità, sostanzialmente, ad allenatori e giocatori.
Ecco perché le reazioni sono state immediate ed infuocate: prima le dimissioni di Pioli, un uomo estremamente professionale e ormai legato ai colori viola, invitato dalla società “a mostrare la competenza e la serietà che ha dimostrato nella prima parte del campionato” – come se poi se ne fosse fregato della squadra – e che con tutte le ragioni del caso si è sentito sfiduciato a livello professionale ma ancor prima a livello umano. Poi ci ha pensato la Curva Fiesole, che ha risposto alla proprietà con un contro-comunicato molto duro:
“Leggiamo increduli il comunicato della proprietà che ancora tiene in ostaggio la nostra piazza. Una società che di fronte alla responsabilità oggettiva sceglie di scaricare colpe su squadra e Mister per tentare di salvare la faccia. Il fatto veramente inaccettabile è che questi signori che da anni ormai utilizzano la Fiorentina come mero strumento per i propri affari, cancellando ogni sogno ed ambizione, adesso contestino alla squadra e a Stefano Pioli mancanza di convinzione ed orgoglio.
Senza voler fornire alibi ai ragazzi, che certamente stanno vivendo un momento critico e senza dubbio non sono esenti da responsabilità, se c’è qualcuno però, che prova a tenere in piedi il nome della Firenze calcistica, pur tra mille difficoltà e limiti tecnici, sono coloro che scendono in campo. E siamo noi sugli spalti. Chi sputa da anni sulla passione di una città intera, chi per primo non dimostra convinzione ed orgoglio, chi si ricorda dell’esistenza della Fiorentina solo dopo una brutta sconfitta, farebbe meglio a tacere. Siete la vergogna di Firenze, andatevene”. (CURVA FIESOLE)
In tutto ciò si era espresso anche lo spogliatoio, che nelle parole del capitano German Pezzella aveva criticato la querelle tra società e allenatore, ribadendo la fiducia in quest’ultimo. Un allenatore che, tra l’altro, si era guadagnato sul campo una semifinale di Coppa Italia, di cui ha “potuto” disputare solo la gara d’andata. Per tutti questi motivi noi stiamo dalla parte di Pioli, che umanamente non aveva altra scelta se non quella di dimettersi. Perché passi la mancanza di un progetto, passi il dover ricostruire ogni stagione una squadra da zero, ma nel momento in cui la proprietà ha voluto lavarsi la coscienza scaricando le responsabilità su chi invece ha dato tutto per i colori viola, con il cuore ancor prima che con la testa, beh, a quel punto si era superato ufficialmente il limite.