Ricapitolando: durante i festeggiamenti del Milan per il 19esimo scudetto – a distanza di undici anni dall’ultima volta – è comparso sul pullmandei calciatori rossoneri uno stendardo (portato a turno da Krunic, Rebic, Giroud, Leao, un po’ da tutti insomma) con su scritto: “La Coppa Italia mettila nel culo”, un evidente richiamo allo striscione di Ambrosini di qualche anno fa (“Lo scudetto mettilo nel culo”, dopo la vittoria in Champions nel 2007).
Lo scriviamo senza asterisco – un tifoso del Milan ha suggerito ai cugini di mettersi in quel posto anche l’*, riferendosi al recupero trascinato per mesi e chissà a cos’altro – perché non sappiamo bene chi lo usa perché lofaccia: se per paura della tagliola social e quindi della censura (comprensibile, di questi tempi), se per paura di se stesso e di tutto ciò che lo circonda o se più banalmente per moralismo.
E pensare che noialtri eravamo anche contenti di leggere finalmente uno sfottò dopo tanti baci, abbracci e complimenti squallidamente inviati tra un club e l’altro via social. Lo diciamo senza riserve dialettiche e dialettali: evviva lo striscione dei calciatori del Milan, soprattutto alla luce dei trascorsi sportivi – e dei ricorsi storici: come l’urlo mitomane di Lukaku contro Ibra nel 3-0 del derby dello scorso anno, che ci aveva altrettanto esaltati – e della rivalità stracittadina che c’è tra queste due squadre.
La FIGC nel frattempo ha aperto un’inchiesta (sic!) per presunta violazione dell’articolo 4 del codice di giustizia sportiva (quello sul rispetto dei “principi di correttezza e lealtà”), ma la cosa più assurda non è questa. La cosa davvero incredibile è che in molti si stanno spremendo le meningi per denunciare l’episodio sotto il profilo giuridico: «se lo avessero fatto dei tifosi, d’accordo. Ma qui si tratta di tesserati!». Pure meglio!, rispondiamo noi. In un calcio che è diventato uno spettacolo, con i suoi interpreti costretti a seguire il copione di uno show per famiglie tra dichiarazioni e comportamenti preconfezionati, questa “caduta di stile” ci ricorda che anche i giocatori restano pur sempre uomini, con tutti i loro difetti.
Ormai però il moralismo giustizialista è arrivato ovunque, anche a colpire il solito Zlatan Ibrahimovic. Con tutto che tra il sottoscritto e lo svedese, o meglio il suo personaggio da divinità scesa in terra, non è mai sbocciato l’amore, qua il punto è un altro. Se Ibra ha vinto, ed è indubbio che il suo contributo (caratteriale, non tecnico) abbia inciso e parecchio su questa impresa, è giusto che festeggi come sta festeggiando. Anche sfottendo, perché no, Hakan Calhanoglu.
L’unico calciatore della storia (stando alle statistiche di Giuseppe Pastore) ad essersi laureato campione d’inverno per due stagioni di fila con due maglie diverse senza vincere lo scudetto a fine anno. Lui, come tutti i tifosi nerazzurri, dovrebbe aggrapparsi allo stendardo dell’inchiesta: l’ultima volta che venne issato, nel 2007, fruttò negli anni seguenti all’Inter 4 scudetti (2 Milan), 3 Coppe Italia (0 Milan), 3 Supercoppe (2 Milan), 1 Champions (0 Milan) e 1 Coppa del Mondo (0 Milan). A questo punto, pure per i tifosi dell’Inter, meglio affidarsi alla cabala che al moralismo.