Dovremmo sognare e ci ritroviamo a contare.
Ieri sera sentivo che l’Inter dovrebbe pagare 6 milioni al Bayern Monaco per liberare il portiere Sommer ma, visti i “buoni rapporti” tra i due club, il Biscione potrebbe anche ottenere uno sconto. Che pena, amici. Qualche anno fa il buon Massimone avrebbe chiuso il discorso svuotando il portamonete, e rimarcando con accento bauscia che l’amico bavarese avrebbe potuto tenersi il resto. Al di là della nostalgia, l’amara e lapalissiana verità è che sono cambiati i tempi, ma soprattutto siamo cambiati noi tifosi.
Un tempo il calciomercato evocava speranze e sogni, evasioni da dormiveglia sotto l’ombrellone, con il giornale stretto tra le mani. Le nostre fantasie amorose andavano di pari passo con le trattative: l’entusiasmo per gli amori sbocciati a giugno, la delusione per i tradimenti di luglio, l’ansia per le conquiste di fine agosto, le promesse di rivedersi al prossimo solstizio estivo. Oggi abbiamo perso quella spensieratezza, la voglia di vivere e di rischiare fino a soffrire, di abbandonarci ad utopie infantili, costruendo castelli di sabbia destinati ad essere travolti dalla prima onda.
Siamo diventati freddi, calcolatori e volgari, come chi parla sempre di soldi perché non ne ha.
Con un lessico fintamente forbito, una trama di supercazzole per non confessare la crisi tecnica e gestionale, prima ancora che economica, del nostro calcio, ci hanno corrotto la lingua e quindi avvelenato la mente. Ci ritroviamo a straparlare della diversa convenienza tra obbligo e diritto di riscatto, di bonus, di percentuali sulla futura rivendita, sulla necessità “di vendere prima di comprare”. Abbiamo perso il senso dell’estate e del calciomercato. L’evasione dai nostri problemi quotidiani, dal caro benzina ed energia, dal mutuo e dall’affitto, dall’inflazione che ci mangia la busta paga. Non sappiamo più emozionarci per una giocata ed un sorriso; prima ancora di rincorrere un onirico aquilone di piacere, facciamo i conti su quanto costerebbe vestire il 10 con la nostra maglia e portare la bella fuori a cena.
Inutile vivere fuori dal mondo, rifugiarsi nella nostalgia e rimpiangere il Presidente principe rinascimentale, ma almeno rivendichiamo il diritto di fare gli splendidi con il portafoglio altrui! Proprio perché i tempi impongono risparmio, revisioni di spesa e la cinghia tirata, reagiamo in senso contrario. Al costo di passare per illusi ed insoddisfatti a settembre, esigiamo che il fondo straniero faccia follie e che il presidente (in primis se straniero) dilapidi il patrimonio di famiglia per la gioia egoistica di noi tifosi. La società non deve investire, deve spendere, in barba all’ipocrita fair play finanziario. Un invito alla frode finanziaria? Nemmeno per scherzo, anche se chi dovrebbe vigilare su condotte penali e finanziarie permette agli squali di continuare a nuotate nelle solite acque (chiedere di Ferrero, Tacopina, e co.). Dobbiamo ripudiare la pesantezza del revisore di conti, svestire i panni del contabile, riscoprire la beata leggerezza dell’essere tifosi. D’altronde si dice che sognare non costi nulla.