La loro storia lo testimonia, il loro presente lo conferma.
È da poco scoccato il minuto 60 di Eintracht Francoforte vs West Ham United, semifinale di ritorno di Europa League. Il punteggio è di 1-0 per i padroni di casa, che grazie al risultato dell’andata si trovano così su un comodo 3-1. Il West Ham ha perso Cresswell per espulsione al 19’, e tutto fa pensare che il finale di questa partita sia scritto nelle stelle. Come spesso capita quando gioca l’Eintracht, però, la vera partita si gioca sugli spalti. La tifoseria più calda di Germania – e tra le più calde d’Europa – ha regalato agli amanti del gioco una coreografia da brividi all’ingresso in campo delle due squadre (è la foto di copertina del nostro articolo); ha cantato senza fermarsi mai, e ora ha deciso pure di dedicare un pensiero alla Regina d’Inghilterra.
Su un telo rimediato alla bisogna – come vedremo, il tratto “artigianale” connota la tifoseria dell’Eintracht, genuina e passionale – compare il volto della Regina Elisabetta. Non solo il volto, a dire il vero: ha le gambe allargate, e sopra di esse sta un giocatore dell’Eintracht (maglia numero 14, per la precisione). God Shave the Queen, il testo. Il Daily Star, il giorno dopo, lo definirà come «disgusting banner». Lo stesso David Moyes, vero e proprio gentleman, si scuserà con un raccattapalle dello stadio per avergli scagliato addosso un pallone per la frustrazione, quasi a fine gara: “The ball boy left it short nicely on the volley for me. I apologise for it. It didn’t hit him, I think I bent it past him”. È difficile non perdere la testa quando si gioca al Deutsche Bank Park di Francoforte. Curiosamente, quest’anno, è capitato quasi ogni settimana.
IN GERMANIA, IN EUROPA, NEL MONDO
Un episodio simile a quello di Moyes, ma all’interno delle proprie mura, era già capitato a Xavi Hernandez – nuovo profeta del Barcellona messianico. « Quello che è accaduto oggi (14 aprile 2022, ndr) è deludente. Speravamo che i tifosi fossero lì con noi. La partita sembrava una finale, metà dei biglietti per loro e metà per noi. Avevamo bisogno dell’ambiente Barça », aveva affermato Xavi al termine di Barcellona-Eintracht 2-3 (quarto di finale di ritorno dell’Europa League; 1-1 all’andata). Il Camp Nou conta quasi 100.000 posti, ma per quel match erano stati venduti 79.468 biglietti. Più di 35.000 – nonostante i 5000 originariamente riservati al settore ospiti – erano finiti nelle mani dei tifosi dell’Eintracht. Un dato impressionante, irripetibile. Ma che non rappresenta una novità per chi conosce anche solo rudimentalmente la tifoseria di Francoforte.
Il Nostra Ensenya, principale gruppo ultras catalano, aveva disertato il primo tempo per protestare sulla gestione della vendita dei biglietti, definendo « umiliante » quanto accaduto con un comunicato stilato a poche ore dall’inizio della partita. Per chi l’ha vista, è parso evidente fin da subito come quello stadio, la cui storia parla da sé, fosse diventato feudo della tifoseria dell’Eintracht.
C’erano più magliette bianche che blaugrana, e in generale l’impatto sonoro dei 35.000 tifosi dell’Eintracht ha pesato e non poco sul risultato finale – storico per il club di Francoforte. Il presidente del Barellona Laporta si era detto « preoccupato per [quanto] accaduto. È stato un peccato, non dovrà mai più ripetersi, perché è oltraggioso e vergognoso. Non possiamo permettere questo tipo di situazioni. Quando avremo elaborato tutte le informazioni raccolte, adotteremo le necessarie misure ». Era troppo tardi, evidentemente. Ma il 21 aprile, quindi a distanza di una settimana da quella partita, il Barcellona emanava sul proprio sito un comunicato ufficiale affermante l’introduzione del divieto di trasferimento del tagliando nominativo.
« È stato un momento storico », ha invece affermato il capo-esecutivo dell’Eintracht Axel Hellmann a The Athletic: « Per la partita in sé, per aver vinto a Barcellona. Ma soprattutto per l’atmosfera ». Anziché soffermarsi sulla straordinaria prova di Kostic e compagni, Hellmann ha sottolineato l’importanza dei tifosi dell’Eintracht in quell’occasione: « Credo fermamente che abbiano inciso sul risultato. Quando i nostri giocatori sono andati a riscaldarsi, ho intravisto nel loro linguaggio del corpo una consapevolezza diversa. I giocatori del Barcellona, al contrario, sono stati accolti dai fischi all’ingresso in campo: parliamo di una cosa mai verificatasi in precedenza, non se lo aspettavano ».
Infine, per chiudere l’elogio dei tifosi dell’Eintracht, la frase decisiva: « Crediamo che il calcio sia più del binomio sport e business. È una comunità vivente. Chiaramente vogliamo vincere anche noi, ma questo non è l’obiettivo primario. Prima viene la comunità, e il cammino per arrivare a vincere passa da quella ».
STORIA DEI TIFOSI DELL’EINTRACHT
Le origini della comunità Eintracht affondano le proprie radici nel 1997. La sua storia, come quella di tutto il tifo tedesco – che oggi sta vivendo un’epoca d’oro, paragonabile a quella delle tifoserie italiane a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso –, è recente. Un sondaggio fatto dal Bild nel 2007 ha stabilito che per numero (10 milioni), passione e rumore allo stadio, i tifosi dell’Eintracht sono senza alcun dubbio i migliori di Germania. Si sa, questi sondaggi sono fatti per creare chiacchiera e polemiche, ma forse per una volta è bene farci affidamento.
Chiedetelo ai tifosi dell’Atalanta, che con quelli dell’Eintracht hanno un gemellaggio storico. Per motivi politici (l’effige del Che campeggia su ambedue le curve) e coreografici. Non a caso, quando i tifosi dell’Eintracht vennero a Roma per incontrare la Lazio in Europa League, la città fu messa sottosopra. Il gemellaggio con gli atalantini nasce nei primi anni duemila col gruppo Nomadi, e si è sviluppato nel corso degli anni con tutta la Curva Nord bergamasca – anche se il gemellaggio storico i tifosi dell’Eintracht lo hanno stipulato negli anni Ottanta col Duisburg.
Proprio come la curva atalantina, quella dell’Eintracht si contraddistingue per la grande unione nel marasma di gruppi presenti nel suo settore più caldo. I fan club dell’Eintracht ammontano a più di 750. Fondati a partire dalla fine degli anni Sessanta, oggi contano più di 50.000 membri. Il gruppo più importante è senz’altro l’Ultras Frankfurt (UF97), il Fan and Support Department (FuFA) fondato nel 2000 e il Northwest Curve Frankfurt.
L’affluenza allo stadio dei tifosi dell’Eintracht è tra le più alte al mondo (91% la percentuale esatta), e il club si vanta di essere tra le 30 squadre di calcio con più spettatori medi in Europa – qui parlare di media è d’obbligo, ma guardando i numeri in trasferta dei tifosi dell’Eintracht, forse il termine sta pure stretto ai francofortesi. L’identità dei tifosi dell’Eintracht col proprio club ha origini antiche, ravvisabili a meno a partire dal nome tradizionalmente dato alla squadra: Sportgemeinde Eintracht – dove gemeinde, in tedesco, sta per “comunità locale”. Molte delle leggende del club vengono ricordate inoltre con l’appellativo di Schlappe, un termine dialettale che traduce l’italiano pantofole, secondo l’usanza dell’Eintracht delle origini, per il quale giocavano prevalentemente calciatori non-professionisti operai nella locale e storica fabbrica di pantofole di Francoforte. Il club è altrimenti conosciuto con l’appellativo Die Adler, dall’aquila suo simbolo.
Per via dell’alternanza di risultati nel corso della sua storia, l’Eintracht è conosciuto anche come la lunatica diva del Meno. La dicitura, a dir poco poetica ed evocativa, è stata mantenuta dal club stesso fino ad oggi; così la chiamano, in un eccesso di romanticismo senza eguali, i tifosi più attempati dell’Eintracht. A Riederwald, luogo storico del tifo francofortese, sorge un ristorante con questo nome, e la rivista ufficiale del club si chiama proprio “Diva vom Main”.
Il rapporto quasi religioso dei tifosi con la Diva è testimoniato infine da alcuni cori della Curva, a quella dedicati. La simbologia dell’Eintracht trova in effetti nella voce della sua gente una tradizione in continua evoluzione: si pensi al celebre coro, oggi quasi scomparso, dal titolo “Im Wald da Jungs Eintracht”, dalla foresta (arrivano) i ragazzi dell’Eintracht. Nel 2003, invece, il duo Mundstuhl ha pubblicato una canzone dedicata all’Eintracht dal titolo “Adler auf der Brust”, l’Aquila sul petto. “Forza-SGE” (dal vecchio nome del club Sportgemeinde Eintracht) è invece il canto-metal che la band tedesca Tankard ha inciso per l’Eintracht, e che il club di Francoforte mette all’intervallo delle gare casalinghe. L’inno del club, dall’inizio del millennio, è la canzone “Im Herzen von Europa”, nel cuore dell’Europa. Un titolo che, letto alla luce dei recenti avvenimenti, suona come una profezia.
Secondo alcune stime, la popolazione di Siviglia accrescerà di un terzo in vista della finale. Non solo per i tifosi dell’Eintracht, ma anche per quelli dei Rangers. Centinaia di migliaia di tifosi scozzesi (80.000) e tedeschi (40.000) sono pronti ad invadere Siviglia, anche se il Sanchez Pizjuan può ospitare al più 43.000 persone. Uno stadio minuscolo per due tifoserie straordinarie. Quella dell’Eintracht, è come riassunta nell’ultimo comunicato della curva: « Finale di Europa League. È incredibile. Siamo ad un passo dal titolo! Quanto peso avrà, il nostro supporto, sulla vittoria dei nostri calciatori? Sfortunatamente non tutti i tifosi dell’Eintracht presenti a Siviglia potranno andare allo stadio – ecco perché mostriamo in anticipo alla nostra squadra che l’intera regione è dietro di loro!
Appendi la bandiera dell’Eintracht sul balcone, issala nel tuo giardino, segnala i tuoi pub e negozi. In breve: decora la città di nero, bianco e rosso! ».