Da ormai qualche settimana compare, nelle tribune – e fuori – degli stadi più “popolari” della nostra penisola, uno striscione piuttosto eloquente, il cui significato rimane però ancora oscuro ai più:
”Dalle tribune ai settori popolari, no agli esperimenti sociali”.
Pur essendo abituati alle più fantasiose e stringenti misure repressive nei confronti del tifo (non solo organizzato), ciò di cui vi parliamo oggi è senz’altro privo di ogni significato morale e legislativo. Da molti definita una vera e propria trappola, nessuno riesce ancora a spiegarne la vera utilità, neanche le forze dell’ordine che – dopo aver in un primo momento parlato di vero e proprio “esperimento sociale” – hanno fatto dietrofront parlando di fake news (i.e. come sparigliare le carte nel XXI secolo).
Conosciamo tutti i nuovi regolamenti, nonché l’introduzione del controverso codice etico, confuso e soggetto a diverse interpretazioni, che ha già palesato enormi lacune in numerosi settori. Basti pensare alle vicissitudini riguardanti i supporters napoletani, multati e daspati in casa loro per non aver rispettato il posto a sedere in un settore popolare, oppure le arbitrarie limitazioni attuate nelle curve romane qualche anno fa, divise e presidiate in pieno stile Berlino est/ovest. Tutto con il beneplacito delle società che, rincorrendo l’ottica finanziaria della crescita e dello sviluppo commerciale, hanno scoperto come tuttavia il tifo, specie quello più viscerale, rappresenti talvolta un ostacolo nel percorso di crescita societaria.
Il fine? Quello di eliminare gradualmente i settori popolari dagli stadi, ma non senza averli prima etichettati come violenti. In Inghilterra la strategia è antica e celebre; grazie all’alibi (concreto) degli hooligans, i tifosi si sono trasformati in turisti sportivi e occasionali. Le questure italiane, insieme agli uffici Digos, sanno bene come assecondare determinate pressioni. Chiedetelo ai Torino Hooligans o ai ragazzi della Curva Sud Brescia. Sono stati loro, pochi giorni fa, a subire i primi effetti dei cosiddetti esperimenti sociali.
In entrambi i casi è stato testato il comportamento dei tifosi, grazie all’inserimento dei supporters ospiti nei settori riservati a quelli casalinghi. Per gli organi predisposti alla sicurezza questo modus operandi un’ottima occasione per operare segretamente su alcune curve già precedentemente tenute sotto stretto controllo. Che razza di esperimento è? Se lo sono chiesti tutti in questi giorni, compresi i daspati di Torino, i quali legali hanno depositato più di 400 memorie difensive evidenziando varie ed ovvie perplessità riguardo la questione.
Le società si sbarazzerebbero della parte più scomoda, contestatrice ed esigente del tifo; gli organi di sicurezza assisterebbero ad incidenti serviti su un piatto d’argento, filmati, registrati ed archiviati.
Niente convenevoli ma, ovunque, disordini e tafferugli. Cosa ancora più grave è la messa a repentaglio della sicurezza di chi si trova in quel settore, bambini o famiglie, le stesse su cui si è appoggiato l’intero spot promozionale. La conclusione è praticamente identica in tutti i casi, con generose emissioni di DASPO, multe e arresti. A nostro avviso qui, più che di una misura di sicurezza, si tratta di un vero e proprio tranello che – avendo l’ipotetico intento di provocare disordini – faciliterebbe sia il riconoscimento che l’iter di emissione del DASPO, il che eviterebbe non poco lavoro alle forze dell’ordine.
Due piccioni con una fava insomma. Le società si sbarazzerebbero della parte più scomoda, contestatrice ed esigente del tifo; gli organi di sicurezza assisterebbero ad incidenti serviti su un piatto d’argento, filmati, registrati ed archiviati. I tifosi come cavie; gli esperimenti sociali come trappole per topi. Ma occhio al pericolo, per tutti. Qui non si tratta “solo” di Ultras. Si tratta di persone, anziani, piccoli tifosi, famiglie. Fino a che punto si spingerà la repressione?