Quando la nostalgia è contro l'evidenza.
Dobbiamo essere onesti: ciò che abbiamo letto nelle ultime ore da parte di diversi tifosi milanisti sulla (quasi ufficiale) cessione di Tonali, tra critiche alla società e addirittura rimproveri allo stesso giocatore, ci ha lasciato a dir poco perplessi. Perché è sempre più netta l’impressione che molti vivano in un altro mondo, tanto idealizzato quanto inesistente.
70-80 milioni per Sandro Tonali è un’offerta fuori mercato, assolutamente sballata per il calciatore in questione. Anche il più milanista dei presidenti, in questo momento storico, non potrebbe rifiutarla. Una valutazione probabilmente doppia rispetto al “reale” valore del giocatore, se si considera anche che un plus nelle prestazioni di Tonali al Milan era garantito proprio dal suo attaccamento ai colori rossoneri.
Qua non si tratta di Moneyball, di americani, di bandiere ma di un’offerta irrinunciabile.
Che, nel caso, Tonali accetterà non solo per se stesso ma anche per il bene del Milan, in grado con quei soldi di ricostruire almeno un paio di reparti. Non c’è logica tecnica, tattica e benché meno economica che tenga. C’è giusto una logica sentimentale. Però consentiteci: noi siamo in prima linea a difendere gli ultimi brandelli di identità in un calcio sempre più globalizzato e liquido, dominato dalla sola impostazione economico-finanziaria e quindi votato all’ideologia mortifera dello ‘show’ – calcio spettacolo è già di per sé un ossimoro, ma è difficile spiegarlo a chi è cresciuto in questi tempi rumorosi e vuoti.
Ma se non si riesce a capire che il Milan DEVE cedere Tonali per 70-80 milioni, allora significa non avere consapevolezza del mondo e del calcio in cui viviamo. Se sono i sentimenti ad avere l’ultima parola, bisogna accantonare l’idea di un club competitivo ai massimi livelli, accettare quantomeno un ridimensionamento in un’ottica più identitaria ma meno vincente. E se è il cuore a comandare si dovrebbe avere addirittura il coraggio di uscire da questa industria, di fondare lo United of Manchester e ripartire dal calcio (ma ancor prima dai valori) di base.
Non si può volere un Milan vincente e nel frattempo biasimare la proprietà o il giocatore stesso per avere accettato un’offerta del genere, è una contraddizione in termini. Le bandiere non esistono più, ci si lamenta, ma ce ne siamo accorti ora? E ci siamo mai chiesti perché non esistano più? Troppo facile dare la colpa ai calciatori viziati e ossessionati dal denaro, alla crisi di valori.
È il sistema generale, nel grande calcio contemporaneo, che non consente più l’esistenza di bandiere.
A questo punto, anziché riesumare vecchi giuramenti di fedeltà del calciatore in questione – in questo caso le parole, ripescate da alcuni tifosi, con cui Tonali dichiarava di volere solo e unicamente il Milan – o attaccare le proprietà per accettare offerte fuori mercato, possiamo solamente guardare senza pregiudizi la realtà delle cose. E, ancora prima, guardarci noi allo specchio. Con tutte le nostre ipocrisie e contraddizioni.