In Italia si gestisce l'ordine pubblico vietando le trasferte.
Nel silenzio più totale del movimento calcistico italiano, stiamo assistendo a qualcosa di unico in Europa. Grottesco e paradossale, se proprio dobbiamo trovare degli aggettivi qualificativi. Ad oggi infatti nelle leghe minori, in particolare in Lega Pro, assisitiamo ogni settimana almeno ad una partita senza tifosi. Un dato che più di tutti riguarda il girone C, quello meridionale per intenderci, noto per il ‘calore’ di tante sue piazze storiche, nel quale abbiamo avuto già 15 partite senza tifosi ospiti in 14 giornate; ma una tendenza comune anche agli altri tornei del terzo campionato professionistico e alle altre serie (A, B, D, pure Eccellenza).
La verità è che il calcio italiano, ad oggi, è ostaggio del CASMS (Comitato di Analisi per la Sicurezza delle Manifestazioni Sportive), dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive e del Ministero degli Interni.
Per non parlare dei prefetti che tendono a limitare ulteriormente le decisioni degli organi superiori. Ne sono ostaggio soprattutto i tifosi, che ogni giornata assistono a divieti sempre più stringenti nell’impossibilità di seguire la propria squadra in trasferta. Più semplice vietare che migliorarsi, più semplice bloccare che gestire. Tanto resterà sempre il tifoso da salotto, che dovrà abbonarsi alle pay tv e al massimo potrà rovesciare la guantiera di pasticcini della domenica.
Troppi i divieti, troppe le ripicche di questori che applicano punizioni indiscriminate per episodi di singoli violenti. E ormai abbiamo perso il conto dei più assurdi di quei divieti, spesso ai limiti del buon senso e della credibilità. È il caso di partite tra squadre con curve gemellate, in cui gli organi preposti hanno limitato o addirittura vietato l’affluenza dei tifosi ospiti. Chi scrive ad esempio lo fa da Avellino, laddove la tifoseria biancoverde, in occasione del derby contro la Casertana, aveva visto l’OMS garantire solo 500 biglietti in quanto ‘gara a rischio’.
Questo nonostante le due tifoserie fossero amiche da una vita, tanto da festeggiare insieme il legame prima del fischio d’inizio – alla fine a prevalere è stato il buon senso, con 800 tagliandi totali: meglio di niente. Per non parlare del divieto (dell’anno scorso) di ingresso imposto ai tifosi per la gara contro il Giugliano, che si giocava tra l’altro al Partenio (stadio di Avellino) vista l’indisponibilità dell’impianto casalingo dello stesso Giugliano. Le comiche ma non finali, purtroppo.
Parliamo comunque di una tendenza generalizzata che ha riguardato almeno una volta pressoché tutte le piazze, e diverse con continuità. Proprio in queste ore, ad esempio, è stata la Curva della Sampdoria ad esporsi con un comunicato sul tema, denunciando la “totale incompetenza” e la “arroganza” di CASMS e Osservatorio in vista della partita di venerdì contro lo Spezia. Perché gestire quando si può vietare, come scrivevamo anche noi qualche mese fa?
Così abbiamo assistito nell’ultimo anno a divieti, tessere obbligatorie e restrizioni aumentati a dismisura, con trasferte vietate dalla Serie A (ad alcune tifoserie addirittura per due mesi, il caso di Roma e Napoli) alle Serie B, C, D, fino addirittura all’eccellenza e alla Coppa Italia – qualche mese fa, dopo l’ennesimo divieto per i tifosi ospiti, in quel caso del Potenza, era stata la società della Juve Stabia a esprimere «il proprio rammarico per questi reiterati e continui divieti di trasferta che colpiscono le tifoserie». Che dire, saranno gli strascichi di lockdown e divieti di spostamento, laddove tutto funzionava alla perfezione per i nostri solerti gestori dell’ordine pubblico.
In tutto ciò, si ripropone ormai stanca la retorica sull’importanza dei tifosi e magari sugli stadi vuoti, ripetuta puntualmente dai presidenti di Serie A, Serie B o Lega Pro.
I primi a tacere davanti a simili iniziative di repressione, in quella che ormai è diventata un’abitudine e la più semplice delle strade per non dover prevenire e gestire l’ordine pubblico. Cosa che tra l’altro avviene in tutta Europa, tant’è che addirittura la UEFA più volte è stata chiara sul tema: chi non è in grado di garantire l’ordine pubblico non può organizzare manifestazioni sportive.
E allora su questo anche ci interroghiamo: come farà l’Italia, ormai totalmente adagiata sulle comode politiche di divieto, tanto da esercitarle puntualmente ogni singola settimana di calcio nazionale, a gestire un flusso di migliaia di tifosi provenienti da tutto il continente per gli Europei di casa? Come potremo controllare loro se non sappiamo gestire poche centinaia di tifosi che si muovono in trasferta ogni fine settimana? Attendiamo fiduciosi, se qualcuno vorrà risponderci.