L'inchiesta sul calcioscommesse si è allargata fino ad arrivare a Malta, e all'omicidio di Daphne Caruana Galizia.
Nuova fermata per i “Treni del goal”, inchiesta della Procura di Catania che si focalizza su undici partite, di serie A e serie B, che sarebbero state truccate. Un giro da centinaia di migliaia di euro che coinvolgeva presidenti di club, dirigenti sportivi, calciatori e imprenditori. Nella chiusura delle indagini, notificata a undici persone, spunta anche il nome di Yorgen Fenech, coinvolto nell’omicidio della reporter Maltese Daphne Catuana Galizia, uccisa con una bomba che ha distrutto la sua auto il 16 ottobre del 2017 a Bidnija.
Questo è (per ora) l’epilogo drammatico di delicate inchieste che hanno scavato fra le intricate maglie di società offshore, uno strutturato giro di corruzione, imprenditori disinibiti negli affari (alcuni compaiono negli esplosivi Panama Papers, documenti riservati sui paradisi fiscali) e una politica forse compiacente, se è vero che il primo ministro maltese, il leader dei laburisti Joseph Muscat, ha annunciato che si dimetterà dal suo ruolo a gennaio. E lo ha fatto proprio in seguito agli sviluppi dell’indagine sulla morte della giornalista investigativa.
Yorgen Fenech, che ha negato le accuse per omicidio e ha provato a puntare il dito contro il braccio destro di Muscat, Keith Schembri, avrebbe scommesso su più partite sospette incassando ingenti somme di denaro. Una passione per i soldi che non stupisce. Fenech infatti, che fino a pochi mesi fa era conosciuto solo da pochi addetti ai lavori e da esperti di finanza internazionale, è un imprenditore che guida un vero impero finanziario di nome Tumas Group: una variegata galassia in cui rientrano casinò, condomini esclusivi, alberghi di lusso.
Partite e camorra
Nelle carte dell’indagine di Catania, focalizzata sul calcioscommesse, si parla di alcune partite di Serie A giocate fra il 17 e il 18 maggio 2014: Catania-Atalanta (2-1, la squadra ospite aveva attivato la procedura di auto-tutela), Sampdoria-Chievo (2-1), Udinese-Sampdoria (3-3), Napoli-Hellas Verona (5-1) e Parma-Livorno (2-0).
Oltre a sei match della serie cadetta, disputati fra il 2014 e il 2015: Crotone-Trapani (2-1), Brescia-Juve Stabia (4-1), Catania-Perugia (2-0) e Cittadella-Trapani (1-0) del 31 gennaio 2015 e Avellino-Reggina (3-0). Proprio quest’ultima partita era finita in un’altra indagine che si intreccia con gli affari della camorra napoletana, sempre interessata a un settore redditizio come le scommesse calcistiche: un settore permeabile, a patto di sapere a chi rivolgersi.
A parlare di Avellino-Reggina, in un lungo verbale rilasciato agli inquirenti dell’Antimafia di Napoli Giovanni Colangelo e Giuseppe Borrelli, era stato Antonio Accurso, ex affiliato del clan camorristico Vanella Grassi, una delle associazioni a delinquere più feroci degli ultimi anni, decapitata da una sentenza di Cassazione del 2019 che ha inflitto diversi secoli di carcere agli “Girati”, protagonisti di una sanguinaria faida di camorra a Scampia.
Le parole di Accurso, ritenute attendibili dai giudici, hanno contribuito alla condanna in primo grado degli ex calciatori dell’Avellino Luca Pini e Francesco Millesi (per lui pena sospesa e assoluzione per il concorso in associazione mafiosa). Il nome di Millesi vale la pena sottolinearlo con il pennarello rosso, ritorna proprio nell’indagine della Procura etnea.
Le deposizioni di Accurso menzionano anche Armando Izzo, ex calciatore biancoverde oggi nel giro della nazionale italiana, rinviato a giudizio: il ragazzino di Scampia, nipote di un nome di spicco della “Vanella Grassi”, nonostante il successo nel calcio – da lui stesso definito “un miracolo” in più interviste – per la Procura di Napoli non aveva infatti mai reciso del tutto il legame con l’ambiente d’origine. Una considerazione che emerge anche dalle squalifiche comminate dalla FIGC. Per Izzo, si legge,
“le risultanze investigative fanno emergere una posizione alquanto ambigua, a metà fra colui che non è in grado di divincolarsi dai legami e dalle frequentazioni legate al luogo di nascita ed ai vincoli di parentela/ amicizia, ma che, nello stesso tempo non è pronto ad assecondare pedissequamente le richieste del clan Vanella Grassi”.
Accurso sostanzialmente ha parlato del calciatore, oggi al Torino, come di un tramite per mettersi in contatto con altri giocatori (anche se Izzo ha sempre negato con forza queste accuse). L’ex affiliato del clan Vanella Grassi, nella sua deposizione, raccontava infatti di una cena avvenuta in una trattoria di Casoria nel casertano: a tavola c’erano Pini, Millesi e Izzo. Millesi, che è stato capitano della squadra irpina, si sarebbe offerto in cambio di 50mila euro di garantire la vittoria dell’Avellino.
Accurso racconta che i soldi, spediti attraverso Luca Pini, sono stati detratti dai 110mila euro incassati proprio per aver scommesso sulla vittoria della squadra biancoverde. Alle “tre polpette”, da rifilare alla Reggina, si fa riferimento in una delle tante intercettazioni finite nelle centottantotto pagine della sentenza che Contrasti ha potuto visionare.
Treni del goal: gli indagati
Nelle carte della Procura Catania, oltre Fennech, spunta qualche nome molto conosciuto nel mondo del calcio. Fra gli indagati c’è infatti Pietro Lo Monaco, oggi amministratore delegato del Catania Calcio e consigliere federale della Lega Pro, che avrebbe offerto “denaro o utilità” proprio a Francesco Millesi (che allora giocava nella squadra ischitana). Fra le gare sospette c’è infatti una partita fra Messina v Ischia di serie C, finita 1-1, del 2015, quando Lo Monaco era alla guida della squadra siciliana.
Malta infine diventa centrale nel teorema che sorregge l’inchiesta della Procura etnea. E proprio a Malta risiede un altro degli indagati, Antonio Ricci, imprenditore di origine barese, già finito in una maxi-inchiesta della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Reggio Calabria, ribattezzata operazione “Galassia”.
Si tratta di una delle più importanti indagini legate alle organizzazioni mafiose e al gioco d’azzardo internazionale, per un giro di affari di oltre 4 miliardi di euro.
I pm Sara Amerio e Stefano Musolino a settembre hanno notificato la chiusura delle indagini a 51 persone accusate, a vario titolo, di riciclaggio e autoriciclaggio, associazione mafiosa, illecita raccolta di scommesse online e fraudolenta sottrazione di prelievi fiscali legati ai guadagni incassati. Si tratta di una delle più importanti indagini legate alle organizzazioni mafiose e al gioco d’azzardo internazionale, per un giro di affari di oltre 4 miliardi di euro, con società di base a Curacao (isola caraibica olandese) e proprio Malta, che si intrecciavano con l’attività di Cosa Nostra, Sacra Corona Unita e ‘Ndrangheta.
Gli inquirenti di Catania, in questa nuova indagine sul calcioscommesse, parlano di una associazione a delinquere finalizzata alla raccolta, anche per via telematica (quindi in rete), di scommesse senza avere le autorizzazioni necessarie. Le indagini si sono focalizzate su piattaforme di gioco come BetClu, che non avrebbero le concessioni previste in Italia, e hanno preso spunto dalla prima costola dell’inchiesta Treni del Gol (nata dopo accertamenti sui messaggi raccolti nei telefoni degli indagati).
Lo scandalo Treni del Gol travolse infatti il calcio italiano nell’estate del 2015, quando la polizia aveva eseguito sette ordinanza di custodia cautelare nei confronti di alcuni dirigenti del Catania, accusati di frode sportiva. Agli arresti domiciliari era finito il presidente del club etneo, Antonio Pulvirenti, che in seguito a quella inchiesta fu destinatario di una sospensione di cinque anni.
Alcune partite dei rossazzurri sarebbero state truccate tramite accordi, presi al telefono, con l’utilizzo di parole in codice. Proprio l’espressione “treni in arrivo” veniva adoperata per indicare i calciatori da avvicinare, gli “orari” dei convogli erano i numeri di maglia, il “contentino” ammontava, di solito, a diecimila euro per giocatore.
L’indagine è citata anche in una relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, e sul loro rapporto con il mondo del calcio. In quei documenti si cita Giovanni Luca Impellizzeri, socio maggioritario della Bet Pro Sicilia (vedi anche Betrebels) che, per l’accusa, non solo finanziava con consistenti risorse il gruppo criminale, ma
“si avvaleva anche di una vasta rete di soggetti appartenenti al settore della gestione delle scommesse online (…) sia per puntare, sia per raccogliere i proventi delle scommesse e del gioco d’azzardo delle agenzie del territorio. La Bet Pro, tra l’altro, a quell’epoca, era uno degli sponsor del Calcio Catania Spa”.
La nuova indagine aggiunge altri tasselli, ma lascia anche dei punti interrogativi. Quanto radicato era ed è il fenomeno del calcioscommesse? Sono sufficienti la digitalizzazione e l’intensificazione di controlli per fermare il matchfixing? E, soprattutto, restando concentrati sulle carte dell’inchiesta, quanti degli imprenditori maltesi hanno giocato un ruolo decisivo nell’indagine della Procura etnea? Delle risposte potrebbero arrivare nei prossimi mesi. L’inchiesta infatti, nonostante la chiusura delle indagini, non sembra destinata ad arrestarsi. E l’elenco delle persone coinvolte potrebbe crescere ancora.
In copertina i resti dell’auto della giornalista Daphne Caruana Galizia, fatta esplodere a Malta.