Il tifo lionese, tra cielo e inferno, nelle contraddizioni della Francia.
Se la grazia si uniforma all’empietà, se il confine tra bene e male si assottiglia fino ad infoscarsi, alla società non resta che inabissarsi nel cortocircuito psicosociale. È quanto sta accadendo in Francia, dove un isterico revanchisme fratricida sta lacerando il tessuto sociale di quella nazione capace nei secoli di plasmare l’Europa secondo una trama che lega Meroveo a Napoleone fino a noi, e che ora si trova ridotta a cuore claudicante d’un Continente ingrigito, invecchiato e intristito, giunto forse alla fine della storia. All’ombra delle guglie e nelle banlieue, nel chiaroscuro tra la civiltà e la décadence, sorgono e insorgono i mostri francesi che spingono la società verso un declino vertiginoso.
Il problema, tuttavia, non è la caduta ma l’atterraggio, con manifestazioni sempre più gravi e frequenti, nelle piazze che deflagrano e negli stadi che s’infervorano: “Bleu, blanc, rouge, la France aux Français!”, recriminano per le strade gruppi sempre più corposi di manifestanti, nazionalisti e ultras, quasi a riprendere il celebre Le mond est à nous. Così, gli scontri dello scorso ottobre alla vigilia di Marsiglia-Lione sono la cartina tornasole della Francia post novecentesca, figlia illegittima, o meglio, delegittimata, dell’Esagono politicamente monolitico del secolo scorso.
Nel volto tumefatto di Fabio Grosso, suturato da 12 punti, c’è il fedelissimo ritratto di una nazione in cui i tafferugli negli stadi sono conseguenza e non causa del disordine, il mezzo e non il fine della haine francese. Un rovesciamento del meccanismo causa-effetto che i media non comprendono e anzi alimentano: «la Francia ha un problema serio con i tifosi, con la loro arrogante invasività», sostiene Emanuele Gamba su Repubblica con una dose di ragione, misconoscendo tuttavia i profondi moventi delle questioni, determinate da fattori storico politici persino banali da rammentare.
Si tratta evidentemente, infatti, di questioni stratificate: basti ricordare che già nel 2018, sempre alla vigilia di Lione-Marsiglia, i Bad Gones avevano diffuso una serie di volantini con la scritta “Marseille est une ville où règne le sida” (“Marsiglia è una città dove regna l’AIDS”): scene analoghe agli striscioni con la scritta “Refugees not welcome” del 2015 o, ancora, alle rivendicazioni razziali del 2012, quando le curve lionesi rivendicavano “white power, une seule couleure”, ornando le città di svastiche e simboli affini: così, Patrick Kahn denunciava «un vero problema con l’estrema destra allo stadio Gerland. […] Con il pretesto del tifo, si reclutano ragazzini di 16-17 anni affascinati da tutto questo folklore» . . . .