Interviste
23 Novembre 2020

Una nuova alba per la cultura Casual?

Due chiacchiere con Sergio Tagliabue, tra Joy Division, Casuals e amicizia.

Abbiamo scambiato due chiacchiere con Sergio Francesco Tagliabue, autore di Una nuova alba (2020, ed. Urbone Publishing). In questa intervista partiamo dal suo ultimo libro per approfondire alcuni aspetti della sottocultura Casuals, tra origini, storia e attualità.

 

 

casuals phil thornton
casuals

Caro Sergio, iniziamo con una domanda semplice ma cruciale. Al di là dell’ottimo Casuals di Phil Thornton, edito in Italia da Boogaloo Publishing (2004, trad. di G. Ravagni), la letteratura sull’argomento è quasi inesistente. Il tuo libro, in questo senso, riempie un vuoto?

 

 

Ciao, diciamo che non ho questa pretesa anche se inizialmente, quando ho cominciato a pensare di scrivere questo tipo di libro, ho certamente riflettuto sul fatto che su questo argomento a noi così caro c’è davvero poca informazione a parte il fantastico libro che hai citato, una guida fondamentale per chiunque voglia seguire e conoscere la sottocultura dei Casuals; ho quindi in qualche modo voluto omaggiare questa passione, questo stile di vita, senza però mai voler scrivere un’ulteriore sorta di guida o riportando fatti storici già descritti in quel libro o che si possono trovare su internet. Ho preferito parlarne attraverso una storia di fantasia, cercando di far conoscere meglio questo fenomeno e provando in qualche modo ad immedesimarmi nei ragazzi che lo hanno originato dai sottofondi della working class, in silenzio e senza annunci e titoloni su riviste patinate.

 

Questo libro vuole sicuramente approfondire la conoscenza della sottocultura dei Casuals e lo fa in modo molto dettagliato, ma principalmente questa, come il calcio e la musica, sono dei bellissimi contorni a quello che voglio realmente trasmettere attraverso le storie dei miei protagonisti e cioè sentimenti come l’amore e l’amicizia, oltre al loro rapporto con la violenza e la propria coscienza, il proprio cuore. Penso di poter dire che il mio romanzo non è soltanto un libro sul calcio o sui Casuals, ma va molto oltre, parla di ragazzi coi quali ognuno di noi può identificarsi, dei loro problemi, delle loro paure ed incertezze, dei loro primi amori, delle loro difficoltà.

 

 

Come ti spieghi l’esplosione del fenomeno Casuals in Italia? Semplice marchetta o riadattamento all’italiana?

 

 

Penso che abbiano influito tantissimo il cinema ed internet. Come spiegato anche nell’omonimo documentario, infatti, questo ritorno prepotente dei Casuals è coinciso con l’uscita di film come “The Football Factory” e soprattutto la nuova versione di “The Firm”, una pellicola che esalta capi di abbigliamento protagonisti nelle terraces degli stadi inglesi nei primi anni 80. Comprendendo quello che stava succedendo in Inghilterra, ma anche nel resto dell’Europa, e quindi anche in Italia, sono nati siti internet come “80s Casual” che permettono a chiunque di potersi assicurare proprio capi di quei brand così ambiti anche dall’estero.

 

Definirsi Casuals oggi è fin troppo semplice, ognuno di noi può comprare un tracktop o un paio di trainers, e mi ci metto pure io, non mi ritengo assolutamente diverso o migliore di nessuno, ma quello che dovrebbe essere lo spirito Casual forse è stato perso. Nel libro parlo proprio di come è nato questo fenomeno, quindi spiego i motivi per i quali i ragazzi che andavano allo stadio a fine anni 70 decisero di adottare quel tipo di abbigliamento che non si era mai visto nelle terraces fino a quegli anni. Oggi forse ci si atteggia troppo, ma forse dipende anche dall’era in cui viviamo.

 

 

joy division
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Il tuo libro rende ragione, molto opportunamente, dei fattori sociologici, musicali ed economici rispetto alla nascita e allo sviluppo della cultura Casuals. Si può dire che i Casuals col calcio, almeno inizialmente, hanno avuto poco a che fare?

 

 

Da quello che ho potuto apprendere nel corso di tanti anni leggendo libri o articoli e parlando con tifosi inglesi penso di poter dire che i Casuals hanno avuto origine nel Nord dell’Inghilterra tra i ragazzi appartenenti alla cosiddetta classe operaia. Si tratta di un fenomeno nato da quei giovani che cercavano un modo per distinguersi dalla massa, per apparire forse anche più benestanti di quello che in realtà erano vestendo brand a volte costosi e pregiati nei locali ed ai concerti. A differenza di altre sottoculture quella dei Casuals non si identifica in un particolare genere musicale o in un ideale politico e si è quindi presto legato agli stadi, dove quei ragazzi erano soliti andare ogni sabato pomeriggio.

 

 

Come mai, a tuo avviso, questo incredibile fenomeno sottoculturale è considerato dai sociologi come un errore o un vuoto nella storia delle sottoculture britanniche?

 

 

Penso che sia stato un fenomeno sottoculturale di nicchia (basti pensare che il termine Casuals venne adottato soltanto nel 1983 dalla rivista “Face” che per la prima volta parlò di quel movimento originatosi almeno 5 anni prima in silenzio e senza proclami) durato troppo poco, ma soprattutto, come dicevo prima, non identificabile con un particolare ideale o con un genere musicale.

 

Lo scopo dei Casuals era di andare allo stadio in trasferta passando inosservati per poi cogliere di sorpresa gli avversari e questo è funzionato bene all’inizio, ma ci è voluto poco perché il movimento si espandesse in tutto il Paese facendolo così diventare una moda e qualcosa di non più imprevedibile. Quando ormai tutti vestivano in quel modo non c’era più il fattore sorpresa e quando poi a Manchester cominciò a cambiare la musica con l’avvento di band come gli “Happy Mondays” e della famosa “Hacienda” scoppiò l’era “Madchester”, si iniziò a fare forte uso di nuove droghe che portavano i giovani a preferire lo “sballo” ed i concerti alle botte sugli spalti.

 

 

piccadilly
picca

 

Il tuo libro, mi sembra di capire, parla soprattutto di Manchester. Che ruolo ha avuto questa città nello sviluppo della cultura Casuals? Dove le metti Londra e Liverpool in questa speciale graduatoria?

 

Il romanzo è ambientato principalmente a Stockport, in periferia di Manchester, tra il 1975 ed il 1980 e quindi non parla della scena Madchester, ma più che altro dell’avvento nel nord dell’Inghilterra del Punk prima, con il famoso concerto dei “Sex Pistols” nel 1976, e del post-punk poi attraverso il racconto della breve, ma intensa, carriera dei “Joy Division”, ma anche di altre band importanti come ad esempio i “The Cure”.

 

Il concerto dei Sex Pistols, portati a Manchester dai Buzzcocks, cambiò totalmente la scena musicale di questa città e portò una ventata di aria fresca oltre ad un netto cambio di mentalità. Nacquero diverse nuove band e Tony Wilson iniziò il suo percorso organizzando le prime serate “Factory” al “Russell Club”. Per quanto riguarda le origini dei Casuals ci sono diverse opinioni, ma quelle che trovo più veritiere portano a pensare che tutto sia partito da Liverpool ed in particolare dalla tifoseria del Liverpool che in quegli anni giocava nelle Coppe Europee; nel libro racconto proprio come molti tifosi anche di altre squadre andavano in trasferta con i Reds per poter andare a fare acquisti in città europee alla ricerca soprattutto di Adidas esclusive impossibili da trovare in UK.

 

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Il maglione Pringle, icona della cultura Casuals

 

Nella mia classifica metto quindi proprio Liverpool al primo posto, inteso come tifosi dei Reds, ma anche di Everton e Tranmere Rovers (per chi non lo conoscesse consiglio vivamente il film/libro “Awaydays”) e Manchester al secondo posto vista la vicinanza tra le due città, ma anche la loro rivalità sotto ogni punto di vista; se a Liverpool i primi Casuals erano i cosiddetti “Scally”, a Manchester gli si contrapponevano i “Perry Boys” chiamati così per via dell’abitudine nel vestire capi della Fred Perry.

 

Proprio in queste città anche i commercianti capirono quello che stava accadendo e negozi come “Hurleys” a Manchester e “Wade Smith” a Liverpool cominciarono ad importare capi di abbigliamento delle marche più ricercate da questi ragazzi. A Londra, a quanto sembra, furono i tifosi del West Ham ad accorgersi per primi di quello che stava accadendo al Nord. Quando le tifoserie di Liverpool e Manchester scendevano al Sud era facile notare quel loro nuovo modo di vestire. A molti piacque subito ed il fenomeno si espanse presto anche da quelle parti.

 

 

I ragazzi di oggi sembrano creare una nuova sottocultura al giorno, perché in realtà non ne creano nessuna. Il problema oggi sembra essere proprio questo squilibrio tra offerta – creazione di roba sempre nuova di cui non frega niente a nessuno – e domanda – sempre più ridotta al lumicino. Se dovessi paragonare i Casuals alla generazione dei ragazzi inglesi oggi, quali sarebbero le differenze?

 

 

Penso che alla fine degli anni 70 c’erano abitudini diverse, tutto era più spontaneo e nasceva per esigenze reali, i Casuals ad esempio cercavano un modo per sentirsi diversi, unici, per essere sé stessi e non come tutti gli altri, speravano anche di apparire migliori di quello che sentivano di essere, spendevano gran parte dei loro stipendi in vestiti, si faceva a gara a chi trovava le cose più esclusive che passavano velocemente di moda tanto era continuo il flusso di nuovi arrivi.

 

Oggi non so, ormai sono adulto e non conosco bene i giovani e le loro passioni, le loro mode, so solo che non mi piacciono la musica che ascoltano ed i vestiti che indossano, ma forse gli obiettivi sono sempre gli stessi di anni fa: sentirsi migliori, identificarsi in qualcosa, in un movimento, in un gruppo per non sentirsi esclusi.

 

 

Perché dovremmo leggere Una nuova alba di Sergio Tagliabue?

 

 

Credo tantissimo in questo progetto e sono convinto che possa essere un romanzo interessante ed appassionante per tutti, soprattutto per i giovani che possono identificarsi nei personaggi. Sono ragazzi degli anni 70-80, ma con le stesse problematiche di quelli del giorno d’oggi. Penso comunque che possa piacere anche a persone più adulte. E’ un romanzo che parla di sentimenti veri quali l’amore e l’amicizia, ma anche di sentimenti forti come la violenza, l’odio, l’invidia.

 

Naturalmente poi è un libro che può interessare agli appassionati di argomenti quali il calcio inglese, la sottocultura dei casuals e la musica; come spiegato in precedenza tratto tutti questi aspetti attraverso le storie dei miei personaggi che vivono in prima persona lo stadio e le trasferte, le risse sugli spalti e per le strade di periferia, l’avvento dei Casuals e del loro modo di vestire oltre a concerti e serate nei locali più esclusivi di quei tempi.

 

Tutta la storia ruota intorno a fatti reali, ogni partita descritta ed ogni concerto sono realmente avvenuti nelle date indicate nel libro, spesso le vicissitudini dei protagonisti sono legati a questi fatti. Parlo molto della personalità di ogni personaggio, ma in particolar modo dello stato d’animo del protagonista, Damon, un ragazzo inquieto alla continua ricerca di sé stesso. Ad aiutarlo nelle sue riflessioni sono soprattutto le canzoni dei Joy Division, in particolare i testi scritti e cantati da Ian Curtis con il quale instaurerà un rapporto forte ed intenso, pur non conoscendolo mai di persona.

 

Questo libro lo sento davvero mio perché c’è molto di me stesso, le mie passioni, ma anche il mio modo di essere, il personaggio di Damon è praticamente ispirato al sottoscritto, spesso le sue riflessioni sono le mie, i suoi sentimenti sono gli stessi che provo o che ho provato in certi periodi della mia vita.

 


Ringraziamo Sergio per la disponibilità e la gentilezza. Leggete il libro, acquistabile qui


 

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