La trasparenza della tecnica.
«Quis custodiet ipsos custodes?» si chiedeva il poeta latino Giovenale nella sua sesta Satira, ovvero: «chi sorveglierà i sorveglianti stessi?». Un problema ravvisato pure da Platone, che però in un passo de ‘La Repubblica’ più che porsi interrogativi condannava senza appello: «È certamente ridicolo che un custode abbia bisogno di un custode». Da Platone a Giovenale, passando per Alan Moore e il suo “Watchmen” (I custodi), il tema della sorveglianza è infine sbarcato anche nel calcio con l’introduzione del VAR, rivelando la sua inarrestabile logica.
Già l’arbitro, fino a prova contraria, è a tutti gli effetti un guardiano del regolamento, chiamato a ristabilire l’ordine fischiettando e cartellinando. Ebbene, qualche anno fa è stato deciso che un guardiano solo (che poi in realtà sarebbero 4/5 considerando tutta la terna e gli auricolari in costante comunicazione) non bastasse più, che ci volesse pure il guardiano del guardiano, anzi, un team di super-guardiani, dietro una serie di schermi a custodire la sacra oggettività della legge, pardòn, del regolamento.
Poco importa poi che le polemiche siano rimaste tali e quali, che le giustificazioni fa di Rocchi (ad esempio sugli errori di Roma-Milan) siano sembrata appunto delle giustificazioni, che il conteggio dei rigori assegnati sia esploso modificando radicalmente il gioco che si sarebbe voluto preservare, e soprattutto che non si possa più esultare per un gol se non in differita, mentre la catarsi che ha fatto le fortune di questo sport evapora.
Poco importa se sui manuali di psicologia, già dagli anni ’50, la percezione di gruppo è stata bollata come più fallace di quella del singolo, per la tendenza delle persone a conformarsi alle opinioni altrui (come dimostrato per primo da Asch). Poco importa se nessuno pare in grado di capire che l’arbitro era uno degli attori protagonisti del calcio e non un corpo estraneo ad esso, che l’epica del calcio derivava anche da arbitraggi pessimi se non palesemente corrotti che tutti ricordiamo, e che questo succede quando una cosa è viva, quando produce cultura.
Poco importa, si diceva, perché i genietti che amministrano il nostro giochino preferito hanno deciso di rilanciare pur di non perdere la faccia: mercoledì scorso nella sfida di Coppa Italia tra Verona ed Empoli, Lega Serie A e AIA hanno fornito ad un ristretto gruppo di giornalisti la possibilità di ascoltare tutti i dialoghi tra l’arbitro e il Var per sperimentare l’evenienza, in un prossimo futuro, di trasmetterli in diretta TV. Dunque i guardiani del guardiano infine verranno giudicati costantemente anche da una miriade di altri guardiani, ovvero giornalisti e spettatori, e ciò aprirà le porte a meravigliosi e progressivi confronti sempre più oggettivi tra i dialoghi dei sottoguardiani e le decisioni arbitrali prese in campo.
Perché noi pretendiamo trasparenza e giustizia: dobbiamo sapere tutto, conoscere ogni dettaglio, ascoltare qualsiasi conversazione. Solo così potremo controllare i controllori, svuotati nel frattempo di autorità e autonomia, finalmente giudicati non più solo per quello che fanno, ma anche per quello che dicono, dai tifosi di tutto lo Stivale. Onestà! In questo modo il sacro regolamento verrà applicato finalmente senza ombra alcuna e non ci sarà proprio più nulla da discutere dato che il pubblico, ovviamente, sentirà in diretta a ripetizione tutto il giorno discussioni su discussioni sulle decisioni arbitrali ma attenzione, lo farà astenendosi diligentemente dal polemizzare. È proprio così che andrà, giusto?